EMERGENZA ECONOMICA

Fase 2, la rabbia contro Conte: "Così fate morire il commercio"

Sconcerto, incredulità, amarezza. Il prolungamento del lockdown per negozi, ristoranti e bar è una mazzata su migliaia di imprese. Coppa (Ascom): "Ci si chiede un sacrifico troppo pesante senza misure compensative attraverso un annuncio televisivo"

“Incredulità, sconcerto ed amarezza. Queste a caldo le mie prime sensazioni. Mentre tutti gli imprenditori si aspettavano di poter finalmente aprire il 4 maggio, abbiamo appreso dal Governo, senza alcuna giustificazione che la riapertura per noi sarà spostata al 18, che i pubblici esercizi non riapriranno prima del 1 giugno. Si chiede al commercio un sacrifico troppo pesante senza misure compensative e con un annuncio senza commenti”. Più che arrabbiata è sconfortata, Maria Luisa Coppa, presidente dell’Ascom Torino e di Confcommercio Piemonte, nel commentare le misure annunciate dal premier Giuseppe Conte per l’avvio della cosiddetta Fase 2. Era stata ipotizzata una progressive riapertura a partire già dal 4 maggio e invece si è rinviato non all’11, altra data che era circolata negli ultimi giorni, ma al 18 per le attività di vendite e addirittura al 1° giugno per quelle della somministrazione

Molte le incongruenze e le misure illogiche quelle contenute nel nuovo dcpm illustrato ieri sera dal presidente del Consiglio. Decisioni che rischiano di mandare sul lastrico migliaia di attività, in particolari i negozi di prossimità, gli esercizi a conduzione famigliare, la ristorazione e le caffetterie. “Nulla si dice in merito al turismo – osserva Coppa – che patirà i danni più gravi di questa emergenza ed anche il commercio ambulante rimane sospeso alle decisioni delle singole amministrazioni locali. I commercianti e i loro collaboratori con le famiglie non possono condividere. Non siamo d’accordo nel modo e nel merito. Davvero aprire un negozio o un bar, dove entrerebbero una o due persona alla volta con guanti e mascherina, viene considerato più pericoloso che aprire una fabbrica con centinaia di lavoratori? Con queste scelte si condannano le imprese del commercio e della ristorazione al fallimento”.

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