Fase nuova, nuovi "eroi"

Improvvisamente dai teleschermi sono scomparsi medici, infermieri, operatori. Coloro che in piena emergenza epidemica erano stati battezzati dai media con il termine “eroi”, etichetta peraltro mai apprezzata dai lavoratori della Sanità, hanno lasciato il posto al conteggio dei guariti e al timido tentativo televisivo di ricreare un clima di normalità.

D’incanto, siamo stati risparmiati dai resoconti agghiaccianti di quanto avveniva quotidianamente negli ospedali, non siamo più stati vittime di reportage giornalistici in cui cinicamente (spesso con eccessiva eloquenza di immagini) veniva evidenziato come nei reparti era oramai giunto il momento di scegliere i pazienti sacrificabili, quelli da accompagnare verso la morte. Lentamente il terrore è stato cancellato dalle prime pagine.

Sono trascorsi mesi dalla comparsa del Covid19, eppure chi a marzo lottava a mani nude, per salvare il maggior numero possibile di vite (mettendo a rischio la propria salute), rimarca ancora oggi le carenze di un sistema sanitario andato in pezzi, nel corso di tante amministrazioni regionali attratte dal modello lombardo.

A blocco sociale sospeso i cittadini hanno già dimenticato tutto. Coloro un tempo dediti a quotidiani flash mob solidali (partecipati dai balconi delle proprie case prigione) pensano alle prossime vacanze tentando, in attesa, di prenotare una seduta urgente dal proprio parrucchiere di fiducia. Adesso null’altro importa se non recuperare il tempo depennato dal virus.

In epoca di “Fase 2” muta la retorica e, con essa, pure i soggetti su cui dirigere i riflettori della ribalta. Dopo un periodo vissuto in secondo piano, causa rivalutazione del settore Pubblico, torna adesso in auge il Privato. Le grandi imprese e i loro capitani sono oramai pronti per rivestire il ruolo di benefattori, nonché munifici salvatori, degli interessi patri. Manager pronti ad immolarsi, pur nella sofferta evenienza di portare a casa qualche profitto, ma sempre nel nome dell’altruismo e della solidarietà.

Il primo a correre, lancia in resta, in soccorso dell’umanità è Bill Gates. Il miliardario statunitense finanzia generosamente da tempo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, contribuendo così a sancire quella che oramai è una privatizzazione di fatto dell’ente internazionale. Gates, staccando assegni “filantropici”,promette anche vaccini anti-Covid gratuiti per tutti. Il magnate dell’industria informatica ha investito centinaia di milioni di dollari in società farmaceutiche, e ora attende da quel settore il giusto tornaconto economico e finanziario. Di solito chi paga decide priorità e scelte dell’importante organizzazione sanitaria mondiale.

Una privatizzazione dell’Oms non decisa ufficialmente, bensì dovuta agli Stati che contribuiscono con basse quote percentuali al suo mantenimento, lasciando così sempre maggior spazio agli imprenditori privati (Trump ha deliberatamente scelto di non versare più alcuna quota all’Oms, aggrappandosi a giustificazioni inverosimili).

Il settore sanitario privato sta guadagnando con l’occasione terreno nel Nord Italia, soprattutto in Piemonte e Lombardia, grazie alla scelta di alcune giunte regionali di affidare a laboratori non pubblici l’effettuazione di analisi sierologiche e dei cosiddetti tamponi. Prestazioni a pagamento e dai costi non indifferenti (variano da regione a regione, dai 16 euro ai 53 euro): di certo un buon business per un settore imprenditoriale sovente “coccolato” dalla Politica.

Il virus, o meglio le misure ideate per contenerlo, ha strangolato letteralmente tantissime imprese familiari. Esso ha invece rappresentato un’inattesa fonte di incremento dei guadagni per le industrie di alcuni fortunati settori, mentre per altri potrebbe presto diventare addirittura un’occasione molto ghiotta. Tra questi ultimi, i gestori degli stabilimenti balneari, altra categoria di intoccabili, i quali in cambio di pochi spiccioli versati allo Stato possono permettersi di fare propria una spiaggia e, quel che più conta, obbligare a sostanziosi pagamenti chiunque vi voglia accedere.

I bagni dei nostri litorali sono famosi per i prezzi elevati, ad agosto pari a una lussuosa camera di albergo, e per l’indiscussa capacità di stipare in spazi ristretti un gran numero di turisti (non è raro sentir diredai fruitori “io dalla mia sdraio non ho neppure potuto vedere il mare”).

La prospettiva di dover rispettare distanze di sicurezza sanitaria tra un ombrellone e l’altro ha gettato gli imprenditori delle spiagge nel panico, ma solo il tempo necessario perché maturasse in loro un’idea geniale: chiedere in assegnazione pure quel poco rimasto di litorale in libero accesso. Una pretesa pare fermata sul nascere, grazie all’intervento di associazioni naturalistiche, ma che siamo pronti a scommettere qualche regione sarà pronta ad assecondare nel nome del Pil (e buona pace dei portafogli di tutti).

La sintesi di quanto si sta verificando in questa fase dell’emergenza epidemica è ben raffigurata dalla pubblicità televisiva di una nota marca di acqua in bottiglia. In essa la proprietaria dell’azienda ringrazia i dipendenti che non hanno mai smesso di lavorare, permettendo quindi di rifornire di acqua in bottiglia gli italiani (bere effettivamente è atto essenziale per l’esistenza in vita). Infine la titolare elenca le generose donazioni sottoscritte dalla ditta, aventi per destinatari ospedali e protezione civile. Tutto encomiabile, ma vale la pena sottolineare un piccolo particolare: la fonte sfruttata dal produttore è bene comune, quindi di noi tutti. Una generosità dai contorni purtroppo sfumati.

Nel dramma di quanto accaduto, e purtroppo tutt’ora in corso, molti speravano venisse almeno colta la lezione impartita dal Covid: l’importanza che ricoprono nelle scelte politiche i temi della Sanità pubblica e della tutela dell’ambiente (ambiti soggetti a sfruttamenti insensati quanto dannosi per la salute collettiva). Il ritorno delle libere uscite da casa ha già rimosso ogni memoria dalle italiche teste: la conferma che siamo un popolo refrattario a ogni insegnamento che la Storia impartisce, se pur con eccesso di enfasi.

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