VERSO IL 2021

Primarie da ex rettore per Saracco

Più che temere l'esito della conta interna alla coalizione, il Magnifico del Politecnico vede molto incerta la battaglia elettorale. Appuntamento a cui potrà presentarsi solo dopo aver lasciato la guida dell'Ateneo. Il caso del collega Resta di Milano

C’è un bivio lungo la strada verso la candidatura a sindaco di Guido Saracco, un percorso che forse lo stesso interessato immaginava diritto e senza troppi ostacoli. Uno snodo cruciale non certo rappresentato dalle primarie che il rettore del Politecnico sa, a ragione, di poter affrontare con un solidissimo supporto da parte di quell’ampio fronte che nel centrosinistra vede in lui la figura idonea a occupare il piano nobile di Palazzo civico. Se non proprio “addomesticate”, come sospettano alcuni potenziali concorrenti, le consultazioni di coalizione non saranno di certo una corrida in cui il professore viene madato allo sbaraglio. Dopo averlo convinto sull’utilità di passare per le forche caudine delle primarie, il suo principale sponsor, Sergio Chiamparino, sta già provvedendo a costruire quella rete di protezione (e di consensi) in grado di fargli tagliare trionfalmente il traguardo dell’incoronazione coram populo.

Piuttosto, la decisione che quasi certamente si imporrà al Magnifico non è se mettersi in gioco affrontando altri sfidanti per la corsa verso le urne di primavera. Sarà, invece, scegliere se lasciare la guida del Politecnico o rinunciare all’ambizione, ormai per nulla nascosta, di diventare sindaco. Detto che non c’è nessuna norma che vieti al vertice dell’Ateneo di candidarsi rinviando a dopo l’eventuale elezione la risoluzione di una palese incompatibilità, vedere il rettore impegnato nella disfida per le comunali, anche soltanto (si fa per dire) nelle primarie, è scenario che fa storcere il naso a molti, incominciando proprio dall’ambito accademico. Pur nei rituali ampollosi e con i modi paludati che ancora segnano l’ambiente universitario, è proprio da lì che arrivano segnali inequivocabili e sempre più forti tesi a rappresentare come inevitabile il passaggio che Saracco dovrebbe fare. Per dirla come si va dicendo tra non pochi professori, se vuole candidarsi deve dimettersi dalla guida del Politecnico. Un attimo prima di annunciare la sua partecipazione alle primarie. Insomma, o rettore o candidato sindaco, tertium non datur. E questo è il vero, unico, cruccio di Saracco, il motivo per il quale la sua strada già affollata di plaudenti supporter e maturi suiveur potrebbe, chissà, addirittura interrompersi ai nastri di partenza.

Lasciare un prestigioso incarico che lo vedrà al vertice del Politecnico, dove è arrivato due anni fa, fino al 2024 per un azzardo, puntando a un ruolo che certo lo potrà essere solo quando si conteranno le schede elettorali? Un dilemma che Saracco dovrà, più prima che poi, sciogliere. Esporre un’istituzione, come quella di cui è a capo, in una battaglia politica è cosa che un’area accademica in crescita a mano a mano che si avvicina l’appuntamento elettorale non gradisce affatto e, anzi, è pronta a osteggiare. La discesa in campo del Magnifico non è vista di buon occhio da chi osserva come rimandare al voto l’Ateneo sarebbe un’eventualità da evitare. Insomma, nel caso il rettore, confortato e spinto da chi ormai da mesi lavora sia sul fronte piddino sia su quello grillino per la sua candidatura, decidesse di tentare l’avventura non potrebbe che farlo da ex rettore.

“Io faccio il rettore del Politecnico. Sono molto soddisfatto e continuerò a fare il rettore”. La frase non è di Saracco, ma del suo collega milanese Ferruccio Resta. Anche a lui è stato proposto di candidarsi a sindaco, per la coalizione di centrodestra a trazione leghista alla ricerca di una figura moderata e pragmatica. E la scadenza del suo mandato è decisamente più ravvicinata (2022). Difficile dire se ascolteremo le stesse parole da Saracco, dopo quelle pronunciate nel suo discorso di gennaio da cui si è compresa quella che appare più di una disponibilità a scendere nell’agone politico, sia pure da civico. Se sciogliendo la ormai debole riserva deciderà di candidarsi, in corso Duca degli Abruzzi gli verrà chiesto di pronunciare due parole: “Mi dimetto”.

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