Inps in profondo rosso

Una notizia passata un po’ in secondo piano, stante l’emergenza sanitaria, è quella del profondo rosso dell’Inps, l’istituto di previdenza nazionale che quest’anno chiuderà con un rosso di ben 26 miliardi. Ovviamente in periodo di emergenza sono stati erogati trattamenti di sostegno al reddito come la cassa integrazione oltre ogni previsione e perciò non bisogna stupirsi che quest’anno ci sia un bilancio negativo. Il problema vero è che il bilancio dell’Inps è in rosso anche quando non ci sono emergenze e i debiti si accumulano anno su anno. Il primo problema e non dirò niente di nuovo è che l’Inps è un immesso calderone dove non solo vengono gestite le pensioni, ma tutte una serie di erogazioni di welfare, dalla cassa integrazione all’assegno per il nucleo familiare e così via. Per lo stato è facile scaricare sull’ente previdenziale le tante promesse di elargizioni che fa, tanto nel calderone, miliardo in più o meno di debito non si nota. Sicuramente come tanti altri enti pubblici l’Inps potrebbe recuperare efficienza e ridurre i costi come evidenziato dallo stesso rapporto dell’ente, ma come detto da molti sarebbe necessario una divisione fra gestione pensionistica e quella del welfare state. Addirittura sarebbe auspicabile una scissione dell’ente in due entità separate. Normalmente due entità separate hanno dei costi di gestione maggiori di un’unica, ma nel caso dello stato un unico calderone in cui tutto si confonde potrebbe essere più costoso di due enti più piccoli in cui le magagne possono venire fuori più facilmente, oltre a rappresentare una maggiore chiarezza nei conti dello stato.

Un ente dedicato solo alle pensioni dovrebbe essere sempre in equilibrio finanziario. Anzi sarebbe meglio che fosse in positivo in modo tale che si possa formare un capitale di riserva per quelle situazioni future in cui ci si possa trovare in difficoltà. Con il calo demografico in corso potrebbe succedere che le pensioni erogate possano superare i contributi dei lavoratori e in tal caso sarebbe utile avere delle riserve da cui attingere. Non dimentichiamo che il sistema pensionistico italiano è a ripartizione, ovvero i versamenti contributivi dei lavoratori e delle aziende vanno direttamente a pagare le pensioni e non vengono accantonate come succede in un fondo pensionistico privato. Molti pensano che da qualche parte esistano accantonati i propri contributi previdenziali, ma in realtà i soldi presi da lavoratori e aziende passano dall’Inps per pagare le pensioni. Il versamento dei contributi previdenziali non fornisce nessuna garanzia per la propria pensione futura che con l’attuale sistema dipende dai contributi dei lavoratori futuri. Il lavoratore attuale deve sperare che quando andrà in pensione ci siano sufficienti lavoratori in attività che gli possano garantire con i loro versamenti la sua pensione. Ben diverso il caso di un sistema a capitalizzazione come quello dei fondi pensioni privati o delle polizze in cui i soldi raccolti annualmente vengono investiti. In tal caso esiste un capitale tangibile da cui attingere per la pensione e non la speranza che qualcuno continui a lavorare e versare contributi. Effetto collaterale, le somme accantonare e investite fanno crescere l’economia.

L’altro ente si occuperebbe di welfare state erogando cassaintegrazione, indennità di disoccupazione, assegno per il nucleo familiare, ecc. Questo ente sarebbe finanziato dai contributi di aziende e lavoratori e dalla fiscalità generale. In questo modo ogni erogazione elargita dal governo che non trovasse alimento dai contributi già versati da aziende e lavoratori corrisponderebbe un debito dell’ente che andrebbe ripianato dallo stato con le risorse prelevate dall’imposte. In questo modo sarebbe chiaro quanto costa ogni provvedimento di aiuto o bonus, come si usa dire oggi e ciò non andrebbe ad intaccare le risorse pensionistiche. È facile dire all’Inps di erogare questa o quella cifra senza preoccuparsi del reperimento dei fondi necessari. In una separazione fra erogazione di welfare e quelle pensionistiche sarebbe chiaro quanto costano alla fiscalità generale i vari bonus e aiuti promessi. Si avrà mai il coraggio di dividere welfare e pensioni?

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