LANGHESHIRE

Alba, traballa il feudo di Cirio

Centrodestra in crisi. Il sindaco Bo minaccia le dimissioni, tre consiglieri mollano la lista "personale" del governatore. Ex grillini, berlusconiani e orfani di Monti passano con la Carfagna. Insomma, un brutto segnale in vista delle elezioni di Novara e Torino

Traballa la roccaforte del governatore Alberto Cirio. Il sindaco di Alba Carlo Bo, a un anno e mezzo dalla sua elezione, già vacilla. Accusato di conflitto d’interessi per una variante urbanistica che coinvolge anche il suo studio, incalzato da opposizione e alleati con una maggioranza sempre più sfilacciata in una città in cui sono tornate a farsi vedere vecchie lenze della politica locale, talvolta in tandem con qualche ambizioso neofita. Così è nato in Consiglio il gruppo “Alba liberale” e si è consumata la prima crisi, determinando una scossa tellurica nella città del tartufo, avvertita fino in piazza Castello dove il presidente della Regione osserva con preoccupazione quel che succede nel suo feudo.

Sin dai mesi immediatamente successivi alle urne del 2019 l’atmosfera nella capitale langarola (tra le città più ricche del Piemonte) è stata subito frizzante. Nel maggio scorso, una mina sulla maggioranza si è manifestata sotto le insegne di Alba Liberale, un gruppo formatosi in Consiglio che metteva insieme fuoriusciti di vari partiti e liste della coalizione di centrodestra. Ci sono Nadia Gomba della lista Carlotta Boffa, dal nome dell’assessore della giunta Bo, un tempo grillino poi approdato al centrodestra, che dopo questa ennesima capriola diventerà vicesindaco, Olinto Magara (Fratelli d’Italia), ma soprattutto il presidente dell’assemblea cittadina Domenico Boeri e Sebastiano Cavalli che erano stati eletti nella civica che riportava il nome del governatore (Per Alba Cirio). Passa un mese e a farne le spese è il vicesindaco Emanuele Bolla, declassato a semplice assessore dopo la scomparsa del suo partito, FdI, dal Consiglio, giacché Cavalli era l’unico componente del gruppo. A sostituirlo ecco la Boffa sostenuta proprio da Alba Liberale.

L’opposizione inizia a rumoreggiare, Bo cerca aiuto in Cirio che tuttavia ha già le sue gatte da pelare e i rapporti pare inizino a raffreddarsi. Arriva l’autunno e c’è da approvare una variante urbanistica che coinvolge un complesso in cui trova spazio anche l’ufficio del sindaco. Le minoranze insieme gridano al “conflitto d’interesse”, Alba Liberale si astiene e rischia di fare andare sotto il primo cittadino, il cui voto sarà decisivo per evitare la Caporetto. La crisi è a un passo. Ma anche all’interno del bizzoso gruppo consiliare c’è aria di tempesta: il capogruppo Cavalli, assente durante la seduta “incriminata”, non gradisce lo sgambetto fatto al sindaco e alza i tacchi sbattendo la porta. Se ne va da Carlo Calenda (auspice il parlamentare Enrico Costa) e fonda Azione Alba. Il quadro è fluido: dietro le mosse Boffa e compagni si staglia la figura di una vecchia conoscenza della politica piemontese, quel Mariano Rabino un tempo Pd, poi montiano e ora gran burattinaio? Il dubbio c’è, sui social girano sue foto con la vicesindaca, un tempo grillina, che intanto aderisce all’associazione di Mara Carfagna, Voce Libera. Insomma, da Liberale a Libera, come il suo gruppo anche il nome perde pezzi. E a benedire l’operazione si reca ad Alba la deputata azzurra, referente piemontese della parlamentare campana, Daniela Ruffino.

Intanto la Boffa finisce nel mirino dei suoi ex compagni di ventura: il consigliere regionale pentastellato Ivano Martinetti l’attacca per non essere riuscita a portare in giunta le delibere per i bandi già finanziati a bilancio per il rilancio post-covid sulle materie del lavoro (50mila euro) e per i contributi agli operatori sanitari (altri 50mila euro) riesce invece in poche settimane ad accaparrarsi i contributi per sé e per la sua azione da agricola. Tutto formalmente corretto, per carità, “ma non opportuno” sbotta Martinetti che ora chiede a gran voce “un rimpasto” al sindaco.   

Brucia la capitale dell’impero politico di Cirio, dove tutto iniziò quando il futuro governatore venne eletto tra quegli stessi banchi del Consiglio comunale sotto le insegne della Lega. Il sindaco Bo viene incalzato da più parti e nei giorni scorsi è arrivato addirittura a minacciare le dimissioni. Da una decina di giorni sono in campo i pontieri per evitare il peggio, ma la vicenda non è di certo il miglior viatico per i piani di espansione territoriale di Cirio che, come noto, avrebbe intenzione di dar vita a liste personali con il suo nome ben visibile sul simbolo, per le competizioni elettorale di Novara e Torino.

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