Recovery fund, chi pagherà?

Spulciando Twitter si può trovare il tweet dell’onorevole Rizzo, a capo di uno dei tanti partiti comunisti ancora esistenti in Italia che evidenziava come alla sanità fossero dedicati 9 miliardi del Recovery Fund, mentre per la parità di genere ben 17 miliardi, quasi il doppio. In questo caso non possiamo che essere d’accordo con il comunista Rizzo. Non si capisce a cosa possano servire i 17 miliardi della parità di genere. È inutile nascondere che il dramma della seconda ondata del Covid sia stata dovuta alla totale impreparazione del sistema sanitario nazionale, la cui colpa principale ricade sulle spalle del governo che si è baloccato per tutta l’estate con monopattini e banchi a rotelle trascurando il rafforzamento della sanità. Vista la situazione sembrerebbe auspicabile anche agli stolti investire nella sanità, non nascondendo di ricordare che anche in situazione normale non brilla in efficienza.

Delle altre voci bisognerà aspettare come verranno concretizzate, temendo sin d’ora un gigantesco sperpero di denaro pubblico, ed è già evidente la guerra politica su chi dovrà gestire questa gigantesca massa di denaro. Diciamo subito che il Covid ha garantito la tenuta di questo governo e le risorse del Recovery Fund cementeranno l’alleanza di governo per gli anni a venire. Un patto sulle spalle degli italiani garantito da meri interessi materiali.

Oltre ai timori su come verranno utilizzate queste risorse e sui sicuri sperperi che ci saranno ci preoccupa il fatto più importante che molti dimenticano: a parte una piccola parte a fondo perduto, la gran parte delle risorse del Recovery Fund sono prestiti, che per quanto a condizioni vantaggiose prima o poi bisogna restituirli. Tutti si preoccupano di come spendere, ed è il motivo per cui il governo vive, e non certo per gestire l’emergenza sanitaria, ma nessuno si preoccupa di come questi soldi verranno restituiti. Per i soldi a fondo perduto, come si suol dire, a caval donato non si guarda in bocca, ma per i prestiti? Non bisognerebbe forse anche chiedersi se servono davvero? Il Recovery Fund non va a sostituire le risorse che lo stato raggranella sul mercato con i titoli, ma sono prestiti aggiuntivi per il cui ottenimento è necessario presentare dei progetti, come quelli sulla parità di genere. Questo governo spenderà i soldi che il governo successivo dovrà preoccuparsi di restituire. Dei progetti seri prevedono che le risorse ottenute in prestito vengano usate per fare crescere l’economia e che contestualmente si pianifichi anche la restituzione. È facile chiedere un prestito che poi sarà qualcun altro a preoccuparsi di ripagare.

Sulle politiche di genere si rischia di creare dei meccanismi che tendono a favorire nelle assunzioni o nelle promozioni il genere a scapito delle competenze e ciò andrebbe a detrimento della produttività sia delle amministrazioni pubbliche che delle aziende private.

Con il Recovery Fund temiamo un gigantesco sperpero di denaro pubblico che farà aumentare la corruzione e le ricchezze di qualche privilegiato e un gigantesco aumento del debito pubblico che dovremo pagare con le nostre tasse future.

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