MUNICIPI

160 milioni per i piccoli Comuni

Dopo tre anni di stallo, sbloccata la legge che stanzia risorse per gli enti locali sotto i 5mila abitanti. Il Piemonte è la regione che ne conta di più. Borghi (Pd): "Norma tenuta in un cassetto dal Governo Lega-M5s". L'incognita della crisi politica

Ci sono voluti tre anni per sbloccare la legge sui piccoli Comuni. E non è ancora del tutto finita: per incominciare ad assegnare i finanziamenti agli enti locali con meno di 5mila abitanti servirà ancora un decreto del presidente del Consiglio che aprirà la strada alla redazione del piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli centri, ulteriore passaggio al fine di distribuire le risorse.

“Con il Governo Lega-Cinquestelle questa legge era stata messa in un cassetto, privilegiando il ritorno alle vecchie logiche dell’elemosina a pioggia”, ricorda il deputato del Pd Enrico Borghi, relatore del testo nella precedente legislatura. Ieri la Conferenza Unificata ha approvato l’elenco dei Comuni che, non superando la soglia dei 5mila abitanti, rientrano nelle provvidenze della legge e potranno ricevere i finanziamenti che in totale e spalmati dal 2017 al 2023 sommano a 160 milioni. Dei 5.518 municipi italiani compresi in questi parametri di popolazione, quelli piemontesi sono ben 1.046, cifra più alta in assoluto a livello nazionale, seguita da quella relativa alla Lombardia che ne conta una decina in meno. Un dato che porta a prevedere come circa un quinto del plafond stabilito dalla norma dovrebbe arrivare proprio in Piemonte

I soldi previsti dalla legge dovranno servire per investimenti nel campo della tutela ambientale, dei beni culturali, della mitigazione del rischio idrogeologico, della salvaguardia e riqualificazione urbana dei centri storici, della messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici nonché alla promozione dello sviluppo economico e sociale e all'insediamento delle nuove attività produttive. Ma prima di vedere quel denaro bisognerà definire criteri e modalità della presentazione dei progetti da parte degli stessi Comuni e la successiva selezione. Insomma, la strada è ancora lunga anche se un passo in avanti lo si è fatto. 

“Finalmente siamo riusciti a togliere dalle secche l'attuazione di questa legge, che è sistemica, e costituisce al di là di una significativa opportunità finanziaria che viene messa a disposizione dei territori una naturale intelaiatura giuridica per l'attuazione delle politiche del Recovery Plan, che necessitano inevitabilmente di reti istituzionali larghe ed efficienti”. Per il parlamentare piemontese “Il processo di riforma dl governo locale è indispensabile e può nascere dalle politiche attive e concrete che la legge sui piccoli comuni innesca”. Poi l’auspicio di poter superare un ulteriore ostacolo: “Speriamo che la crisi di governo si chiuda in fretta, in modo da assicurare il completamento dell'impianto giuridico ed economico nel quale il tema della ricucitura dell'Italia è un perno essenziale e per il quale questa legge è la naturale base giuridica da utilizzare per l'attuazione sui territori il programma Next Generation Ue”.

Partita con una dotazione iniziale di 100 milioni, la norma l’aveva vista aumentare di 60 milioni nella legge di bilancio del 2018, cifra sempre da spalmare per sette anni, ovvero dal 2017 al 2023. Purtroppo mai erano stati emanati i decreti attuativi che avrebbero permesso ai sindaci di avviare i lavori per le opere di manutenzione dei territori. Ritardi che avevano indotto gli stessi primi cittadini dei piccoli Comuni a chiedere ripetutamente al Governo di accelerare i tempi. Protesta che aveva portato lo scorso 10 agosto a vedere il primo dei decreti attuativi. Dopo tre anni dal varo della legge. La cui strada, superato un altro ostacolo, non è ancora finita.                                                                                                    

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