COVID & POLITICA

Spese irregolari, ricevute mancanti. Verifiche sul bonus della Regione

Accertamenti a campione di Finpiemonte. Molti beneficiari sono privi di pezze giustificative e spunta pure qualche furbetto. Sacco (M5s): "Avevamo messo in guardia sui rischi di una eccessiva semplificazione e scarsa informazione". Faro acceso della Corte dei Conti

“Basta un clic”, s’era detto quasi con uno slogan sottolineando la facilità della procedura per ottenere il bonus erogato dalla Regione a una vasta platea di categorie economiche quale aiuto per il lungo lockdown della scorsa primavera e uno dei pilastri del piano Riparti Piemonte. Una semplificazione indiscutibilmente apprezzabile visto il momento di estrema difficoltà per imprese, artigiani, commercianti e molte altre categorie, che però oggi per una parte dei beneficiari presenta il conto. O meglio, chiede lo scontrino. E, per varie ragioni talvolta in perfetta buona fede talaltra per l’affacciarsi sulla scena dei soliti furbetti, non sempre la ricevuta di come quei soldi siano stati spesi c’è. E quando viene presentata non sempre risponde ai criteri con i quali il bonus è stato concesso.

È quanto emerge dalle prime verifiche a campione che, in osservanza di precise indicazioni della Corte dei Conti, sono state avviate da Finpiemonte, la finanziaria regionale che ha materialmente erogato gli aiuti, in media 1.500 euro con qualche differenza tra i vari codici Ateco per un plafond complessivo di oltre 100 milioni di euro. Soldi dirottati dalla Regione al tessuto imprenditoriale piemontese ma sempre preservandone la finalità, ovvero l’investimento, sia pure legato alle nuove esigenze legate alla pandemia, e non per qualsiasi spesa. Da qui il richiamo della magistratura contabile a “effettuare puntuali controlli circa l’utilizzo dei bonus accordati ai vari soggetti, riservandosi le opportune verifiche in fase di parificazione del rendiconto dell’esercizio 2020”, ribadendo “la necessità che la Regione si renda garante della dimostrazione del corretto utilizzo degli importi erogati”.

Ma quanti tra coloro che “con un clic” hanno mandato la mail per chiedere il bonus erano a perfetta conoscenza dei limiti previsti su come spendere i soldi ricevuti? Si potevano, per esempio pagare le rate del mutuo per l’acquisto di capannoni e negozi, ma non l’affitto, si poteva spendere la cifra per comprare sanificatori e dispositivi di protezione individuale, ma non quelli usa e getta e dunque non le classiche mascherine per intenderci.

“Noi avevamo messo in guardia sul rischio di una eccessiva semplificazione e scarsa informazione già al momento del varo del provvedimento”, ricorda Sean Sacco, capogruppo dei Cinquestelle a Palazzo Lascaris che proprio durante la discussione del provvedimento avvertì del pericolo. “Guardate che stiamo rischiando di creare un problema alle persone a cui stiamo erogando i soldi. Perché non tutti hanno esattamente la contezza di come devono essere spesi i beni durevoli, i beni non durevoli, eccetera. Rischiamo di dover richiedere indietro le somme non spese nella maniera corretta”.

Neppure un anno dopo è il rischio che corrono in molti. Finpiemonte ha svolto e sta svolgendo controlli a campione, chiedendo i giustificativi di spesa e, come detto, quel che ne esce contempla eccome il verificarsi di quel che paventava l’esponente grillino. Molti non sapevano di dover conservare ricevute, tantomeno erano a completa conoscenza delle categorie di beni acquistabili o meno con i soldi del bonus. Per loro, l’alternativa alla restituzione della somma è l’acquisto entro la fine dell’anno di beni compresi nell’elenco a coprire la somma ricevuta e impiegata nella maniera non corretta, pur se in perfetta buonafede. Ma c’è pure chi, a quanto appurato finora da Finpiemonte, ha riattivato in fretta e furia attività non più funzionanti, preso il bonus e poi subito dopo richiuso tutto. C’è chi ha abbassato la serranda per sempre dopo aver ricevuto i soldi che non erano indennizzi, ma un aiuto per investimenti. E ci sarebbe pure, ma il condizionale è d’obbligo in attesa di indagini, qualche professionista che avrebbe fatto finire sui suoi conti bancari i bonus di alcuni clienti, ignari o meno è tutto da vedersi. 

E se chi ha usufruito del bonus non avendone diritto o utilizzando consapevolmente quel denaro in maniera irregolare e lo ha fatto consapevolmente va iscritto alla schiera mai troppo esigua dei furbetti (per non usare altri termini), tutti coloro che invece hanno agito in perfetta buona fede hanno davanti il bivio: o restituire i soldi, oppure spenderne altrettanti attenendosi alle regole. Regole che, seppur richiamate ancora nel maggio scorso sul sito della Regione, probabilmente non sono risultate sufficientemente chiare a tutti. Per quella importante e diffusa boccata d’ossigeno al tessuto economico piemontese s’era detto sarebbe bastato un clic. Un messaggio, in alcuni casi, preso un po’ troppo alla lettera.

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