LOTTA AL COVID

Contagi ormai fuori controllo

L'ammissione dei responsabili del Sisp: con un'altra ondata impossibile tracciare la diffusione. Asl in tilt nella "presa in carico" dei positivi. Dopo un anno di pandemia il sistema sanitario del Piemonte presenta le stesse carenze. E la medicina territoriale è ancora al palo

Se ci sarà un’altra ondata di contagi come quella di ottobre il sistema di tracciamento salterà. A dirlo, senza giri di parole, sono alcuni dei responsabili dei Sisp. Proprio quei servizi di igiene pubblica e sanità delle Asl piemontesi, diventati tristemente famosi nel lessico della pandemia fin dalle prime settimane dell’emergenza per una serie di inefficienze – centinaia di mail di prenotazione dei tamponi andate perdute, ritardi nelle risposte a chi si era sottoposto ai test, pratiche di cui si sono perse le tracce per giorni e giorni e altro ancora – e che adesso a un anno dai primi casi e di fronte alla probabile terza ondata complicata dalle varianti sono pronti ad alzare bandiera bianca. 

Una resa inammissibile, una prospettiva – quella prefigurata in audizione di fronte alla commissione Sanità del Consiglio regionale – che non può avere che una motivazione (non giustificazione): in mesi e mesi durante i quali si è predicato da ogni pulpito regionale che, senza limiti di spesa, si sarebbe rafforzato a dovere la medicina del territorio e tutti i servizi annessi e connessi, non si è fatto nulla. E se si è fatto qualcosa, non è per nulla sufficiente. Come è possibile un anno, non un mese, dopo quei fragorosi inciampi, quei colpevoli intoppi trovarsi di fronte a dirigenti e funzionari che prevedono una nuova Caporetto nel caso si debba tornare a combattere una battaglia già combattuta? Per quale ragione si deve scoprire che i Sisp non sono in grado di reggere il tracciamento dei casi positivi e si producano ritardi nella presa in carico di malati Covid, da un’audizione in commissione? Non lo sapevano i direttori generali delle aziende? E se – si spera – erano a conoscenza di questi limiti perché non lo hanno comunicato, lanciando un allarme invece di curare l’immagine dell’azienda e la propria (anche in vista del rinnovo dei mandati in primavera) spesso con magnificanti comunicati di dubbio interesse? Oppure lo hanno fatto, allertando assessore e governatore? 

Di fronte al continuo aumento dei casi e ai rischi ormai concreti delle varianti, mentre si stanno attrezzando laboratori per sequenziare il virus alla ricerca di mutazioni note o ancora ignote, adesso si scopre che all’Asl Città di Torino se si supereranno i 600 casi al giorno non si sarà in grado di fare il contact tracing e quindi circoscrivere il contagio. Un’ammissione di una gravità estrema, ma della quale nessuno ovviamente dubita, quella fatta dalla dottoressa Rossella Cristaudo, audita in commissione dove era atteso il responsabile Roberto Testi. Non meno allarmante la prospettiva indicata da un’altra azienda torinese: l’Asl To5, come riferisce il consigliere regionale del Pd Daniele Valle, ha ammesso di essere in grado di prendere in carico non più di 100 casi di positivi al giorno, dopo di che si va in una lista di attesa che sul fronte del Covid non dovrebbe essere contemplata.

Come è possibile che dopo l’allargamento “senza limiti” dei cordoni della borsa, come hanno ripetuto più volte l’assessore alla Sanità Luigi Icardi e il direttore regionale Fabio Aimar, non si sia provveduto a rafforzare servizi così importanti? Sembra incredibile, ma lo stesso sistema informatico usato dalle varie Asl e Aso non è unico e quindi le aziende spesso non riescono a parlare lo stesso linguaggio telematico. Non è demagogia da un tanto al chilo, ma la realtà: capitasse tra una rete di aziende private il problema si risolverebbe in poche settimane. Qui, invece, si va incontro alla terza ondata con modi e tempi già criticabili in un periodo di normalità e ingiustificabili in piena emergenza.

Serve davvero poco, o nulla, aggrapparsi a flebili speranze legate a un decimale per evitare il passaggio dalla zona gialla a quella arancione se poi in mesi e mesi l’annunciato rafforzamento della medicina territoriale s’infrange contro il quadro disegnato dai responsabili dei Sisp, attestando che dalle parole non si è passati ai fatti. E lo stesso rimarcare che i servizi devono occuparsi anche delle vaccinazioni comprese quelle tradizionali, così come ricordato di fronte alla commissione, non è un’altra conferma di una mancata programmazione?

Delle vaccinazioni non si è certo incominciato a parlare ieri. Anzi forse si è parlato troppo e fatto poco. L’auspicio, ovviamente, è che questa situazione venga smentita. Con i fatti, però. E il rimedio a carenze note ormai da un anno, la cura per una malattia colpevolmente trascurata non può certo essere il chiudere tutto o quasi. Le misure di restrizione per il contenimento del virus probabilmente saranno necessarie, inevitabili. Ma ancora più difficili da accettare sapendo che ingranaggi fondamentali del sistema sanitario piemontese non sono in grado di funzionare come dovrebbero, pur avendo avuto tempo e soldi per evitare il ripetersi di quanto accaduto all’inizio della pandemia. Adesso alibi e giustificazioni non ce ne sono più.

print_icon