LOTTA AL COVID

Ospedali sotto stress, ma i 450 letti del Valentino restano vuoti

Mentre i malati vengono trasferiti in altre province rimane inutilizzata la struttura da campo costata un milione e mezzo. Accantonata l'ipotesi di un uso come centro vaccinale. La Città della Salute avrebbe problemi di personale per gestirlo

“Con 455 posti, riuscirà a decongestionare gli altri ospedali, che così avranno anche la possibilità di ricoverare pazienti con altri tipi di patologia”. Era il 21 novembre scorso quando Luigi Icardi annunciava per il giorno successivo l’inaugurazione dell’ospedale da campo allestito in tempi record nel quinto padiglione dell’ex area esposizioni del Valentino. L’assessore alla Sanità, sempre in quell’occasione, aveva spiegato che la struttura “resterà a disposizione non solo in caso di una terza ondata, ma anche quando si passerà alla vaccinazione".

Di lì a pochi mesi la terza ondata sarebbe puntualmente arrivata e si sarebbe incominciata la campagna di immunizzazione. Ma l’ospedale non viene utilizzato né per ricoverarvi i pazienti Covid, né come grande centro vaccinale. Intanto negli ospedali di Torino si continuano a riconvertire reparti per accogliere malati colpiti dal Coronavirus, altri pazienti vengono trasferiti a decine in nosocomi e cliniche di altre province. Quanto al suo uso per somministrare i vaccini, l’11 dicembre dal capo dell’Unità di Crisi Vincenzo Coccolo arrivava un altro annuncio: “Sarà utilizzato l’ospedale del Valentino che verrà rimodulato con una zona di accesso, l’accettazione, l’area di attesa, cinque aree di somministrazione con 60 postazioni ognuna, e una sala post somministrazione per eventuali monitoraggi specifici. Avremo una capacità di 10mila dosi al giorno”. Non se ne farà nulla. 

L’ospedale costruito in soli nove giorni sotto la regia del responsabile della Maxiemergenza Sanitaria Mario Raviolo, una spesa di un milione e mezzo concesso dal fondo beneficienza di Intesa Sanpaolo, continua a restare chiuso dalla metà di dicembre quando il numero di ricoverati nella coda della seconda ondata si ridusse a circa un paio di decine. Destino, quello di arrivare quando l’ondata si sta ritirando, condiviso da questa struttura con quella che venne allestita un anno fa nelle ex Ogr, poi presto dismessa proprio in virtù della realizzazione dell’ospedale da campo del Valentino.

Precedenti che, però, non sembrano essere serviti quando arriva la terza ondata e negli ospedali si rivivono le stesse situazioni. “Siamo in grado di riaprirlo nel giro di 48 ore”, il refrain che arriva dal Dirmei e dall’assessorato in risposta alle domande sul perché non si metta in funzione quella struttura che può contare anche su sei posti di rianimazioni in caso di aggravamento e nell’attesa di un trasferimento nelle terapie intensive.

La “riapertura urgente dell’ospedale da campo” viene chiesta lo scorso 7 marzo dal sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed, a fronte “della sofferenza degli ospedali, che andrà inevitabilmente a peggiorare nei prossimi giorni”, previsione purtroppo confermata dai numeri: ieri il bollettino indicava 3.776 ricoveri Covid con un incremento di 9 rispetto a sabato e 369 posti occupati da pazienti colpiti da Coronavirus in terapia intensiva con un aumento anche in questo caso di 9 posti. L’appello di Annao-Assomed resta senza risposta.

Perché l’ospedale del Valentino continua a rimanere chiuso, con all’interno tutte le dotazioni comprese le 38 tende della maxiemergenza regionale? Quel fiore messo orgogliosamente all’occhiello dalla Città della Salute diventa in maniera almeno all’apparenza inspiegabile, si direbbe una cattedrale nel deserto, se si fosse nel deserto anziché in una città e in una regione in piena emergenza sanitaria. E probabilmente va ricercata proprio nelle valutazioni fatte dall’azienda nelle mani del commissario Giovanni La Valle una delle ragioni della scelta di non riaprire la struttura in grado di alleggerire, almeno in parte, la pressione sugli ospedali.

Se, come pare, il problema è quello del personale necessario, perché non è stata valutata questa problematica all’atto dell’affidamento alla Città della Salute dell’ospedale da campo? A fronte di circa 400 specializzandi, la più grande azienda ospedaliera universitaria non è nelle condizioni di poter rendere operativa la struttura capace di 455 posti, senza doverne ridurre l’effettiva capacità a poche decine di pazienti come pare si sia ipotizzato nelle scorse settimane? Ovvio che far funzionare, rifornire, vigilare, sanificare una struttura con quella capacità per pochi pazienti risulterebbe davvero poco comprensibile. Tanto più considerati i trasferimenti da un ospedale all’altro e tra province che attestano come di malati purtroppo ce ne siano molti e continuino ad aumentare.

Se anziché ricoverare negli ospedali i meno gravi e, come osserva la segretaria regionale dell’Anaoo-Assomed Chiara Rivetti, “tenere nei reparti ospedalieri coloro i quali presentano difficoltà ad essere dimessi pur non avendo quadri clinici complessi” si sfruttasse il grande potenziale del Valentino, certamente si ridurrebbe la pressione nei nosocomi e si ridurrebbero i trasferimenti nelle varie province. Ma qualcosa non torna se in questa situazione, con costanti richieste di riconversione in Covid di molti reparti, 455 letti restano vuoti. Tanto più che sotto le tende neppure si vaccina.

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