VERSO IL VOTO

Fratelli d'Italia e Lega ai ferri corti,
slitta l'incoronazione di Damilano

Rapporti ai minimi storici tra Meloni e Salvini. Il tavolo di coalizione sulle amministrative rinviato sine die. In Piemonte si aggiungono gli attriti interni alla maggioranza regionale. Comba replica a Molinari: "Sono i loro attacchi ad essere pretestuosi"

Non sempre le cose sono come sembrano. Certo, Paolo Damilano “non è solo il miglior candidato, ma sarà anche il miglior sindaco”, ripete spesso un fedele colonnello di Giorgia Meloni qual è il coordinatore regionale del suo partito Fabrizio Comba. Vero che ormai quasi tutti, a partire dai leghisti cui si deve la “scoperta” dell’imprenditore quale “civico”, danno per scontato che quel nome non è più in discussione. Eppure, di fronte al continuamente rinviato tavolo nazionale del centrodestra, lo stesso atout giocato da Damilano scendendo in campo in fretta e di fretta correndo verso il voto di ottobre, potrebbe non essere, appunto, come sembra. 

Il braccio di ferro ingaggiato dalla Meloni sulla presidenza del Copasir che Matteo Salvini non vuole cedere, poggia i gomiti proprio sul tavolo delle amministrative d’autunno nelle città più importanti. L’impasse su Roma e su Milano, racconta questo in maniera chiara. E se non lo fosse abbastanza, Salvini esplicita spiegando che “a Roma e Milano avevamo i candidati giusti: Guido Bertolaso e Gabriele Albertini, ma altri hanno detto no per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienza”. Gli altri sono loro, i Fratelli d’Italia che il Capitano patisce, non senza ragione, anche per la continua crescita nei sondaggi e il continuo rosicchiare potenziali voti condito da una strategia di logoramento messa in atto in maniera scientifica e capillare anche laddove, come in Piemonte, si governa insieme la Regione.

Damilano, il non politico che spiazza la politica, un po’ per caso un po’ per entusiasmo e forse un po’ per calcolo, buttandosi nell’agone elettorale prima di tutti, soprattutto prima che le forze a suo sostegno lo abbiamo ufficialmente investito della missione, è il punto fermo in una situazione dove tutto attorno – da Milano a Roma – si muove e non si sa quando e come si fermerà? 

Un fatto è certo, tanto quanto arcinoto: l’ufficializzazione della sua candidatura deve ancora passare per il già citato tavolo nazionale di cui il clima teso tra Salvini e Meloni non sembra accelerare la convocazione. Una mera formalità, per Torino? “Nessun atteggiamento ostativo nei suoi confronti – chiarisce Comba, parlando di Damilano – ma resta un passaggio da fare”, quello della designazione che visto il quadro attuale tra la forza politica della Meloni e quella che ha battezzato il candidato ancora formalmente orfano dei partiti, non è detto sia del tutto formale considerando che sarà pur vero, come precisano i protagonisti, che non si ragiona col Cencelli alla mano, ma i pesi e i contrappesi son tutti lì, pronti a finire sul tavolo.

“Bisogna fare dei ragionamenti, il che non vuol dire assolutamente semaforo rosso per Paolo”. Ragionamenti “oltre su chi e dove, anche su contenuti” e su atteggiamenti della Lega che ai Fratelli non sono piaciuti granché e che raccontano di quella strategia meloniana estesa alle Regioni e della reazione nervosa dell’alleato. Quando il partito di Salvini ha dovuto rinunciare, in Piemonte, alla sua legge sul gioco d’azzardo che FdI aveva annunciato di non votare, la tensione si era palesata come mai prima. “Fratelli d’Italia deve chiarirsi le idee sul fatto di continuare o meno a far parte della maggioranza”, aveva detto pochi giorni prima della debacle sul testo, in un’intervista allo Spiffero il segretario regionale Riccardo Molinari, tirando in ballo proprio gli input della Meloni per “fare opposizione alle Regioni dove il suo partito governa”. Parole non digerite da FdI: “Dire che il nostro atteggiamento in aula è pretestuoso per accrescere quel che invece ci arriva per la nostra coerenza, appare pretestuoso al contrario da parte degli amici della Lega”, osserva il coordinare regionale. I contenuti, poi, andranno discussi anche e soprattutto con il candidato sindaco, pur civico ma pur sempre nella necessità di avere un sostegno compatto del centrodestra.

Ad oggi non risulta che Damilano, a fronte di più di uno con Salvini, abbia avuto anche solo un incontro con la leader di Fdi, neppure con Guido Crosetto. Ha visto, invece, nella sua sede elettorale alcuni giorni fa il coordinatore regionale di Forza Italia Paolo Zangrillo. Casualità? Oppure dettagli non proprio trascurabili per spiegare ulteriormente come il dossier Torino non possa essere considerato completamente chiuso quando Meloni, Salvini e Antonio Tajani si siederanno al tavolo. Solo un kamikaze potrebbe immaginare di far saltare, a questo punto, il banco e il candidato sotto la Mole. Ma questo per FdI non vuol dire evitare di spogliare Damilano della maglia di civico mettendogli, almeno al momento della spartingaia, quella della Lega. E tenere, fino a quel giorno, la carta con il nome dell’imprenditore nel mazzo per giocare la partita.

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