POLITICA & SANITA'

Liste d'attesa, ci sono i soldi mancano medici e infermieri

La Regione alle Asl: recuperare cure e interventi bloccati dal Covid. L'assessore Icardi: "Le assunzioni restano aperte". Rivetti (Anaao): "Non usare gli ospedalieri per vaccinare". Intoppo nella trattativa con i privati. E la guardia di finanza indaga su alcuni appalti alle cooperative

“La stringente necessità di incrementare l’offerta di salute ai pazienti con patologie diverse dal Covid” non è certo di questi giorni, ma è solo in questi giorni, quando i numeri dei letti occupati da pazienti colpiti dal virus ormai è sceso (e continua a farlo) a livelli ormai molto lontani da quello di guardia, che è possibile avviare il ritorno all’attività normale di quegli ospedali per oltre un anno dedicati esclusivamente al Covid. 

Il richiamo al bisogno impellente di recuperare quelle cure e quegli interventi bloccati i ridotti in maniera pesantissima dalla pandemia è messo chiaramente nero su bianco sulle lettere appena partite dal Dirmei, su indicazione dell’assessore alla Sanità, verso le direzioni delle Asl, in cui si chiede di riaprire con le misure di sicurezza adeguate gli ospedali Covid, togliendo di fatto quella definizione che chiudeva le porte a tutti gli altri malati. Succede per Tortona, come per CevaSaluzzo e per quei reparti di altri ospedali che vanno svuotandosi giorno dopo giorno. L’ultimo a tornare alla normalità sarà il Martini, a Torino, il cui percorso è complicato da una serie di interventi strutturali.

Il Piemonte, finalmente, arriva ad essere zona bianca, ma vede l’allarme rosso per le liste d’attesa e per quelle centinaia di migliaia, milioni, di prestazioni che dovranno essere recuperate e per le quali non basterà certo la riapertura degli ospedali rimasti Covid per un anno e mezzo. “Dobbiamo intervenire con prestazioni aggiuntive del personale sanitario e pensiamo anche di estendere gli orari per le visite”, spiega Luigi Icardi. Dalla plancia di corso Regina mette sul tavolo i 500 milioni per le liste d’attesa a livello nazionale che grazie a un emendamento sono stati spostati dal bilancio dello scorso anno a quello in corso e che per il Piemonte equivalgono a circa una quarantina. “Oltre alle risorse economiche servono, quelle professionali”, ricorda l’assessore mettendo, come si dice, il dito nella piaga. 

“La difficoltà nell’abbattere le liste d’attesa è anche legata alla carenza di organico”, conferma Chiara Rivetti, segretario regionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed. “È necessario che le Asl invece di chiedere ai medici ospedalieri di vaccinare, destinino tutte le professionalità all’erogazione delle prestazioni ambulatoriali e agli interventi ordinari. Inoltre – aggiunge Rivetti – potrebbe essere utile coinvolgere gli specializzandi del quarto e quinto anno per le prestazioni meno complesse, così come è necessario lavorare sull’appropriatezza delle prescrizioni”.

Come già accadde fin dai primi mesi dell’emergenza Covid quando il personale non era sufficiente ad affrontare le ondate di ricoveri, anche adesso dalla Regione si ribadisce alle aziende sanitarie la necessità di assumere medici, infermieri e altre figure sanitarie in ogni caso occorra, senza porre problemi di spesa. “Le assunzioni sono sempre aperte”, ripete Icardi agli appena nominati direttori delle Asl e delle Aso che tra gli obiettivi primari da raggiungere, oltre a quello della campagna vaccinale, hanno proprio il recupero delle prestazioni bloccate e ridotte dalla pandemia e la riduzione delle liste d’attesa. 

Obiettivo per raggiungere il quale, così successo come per affrontare la necessità di letti nelle tre ondate della pandemia, risulta indispensabile l’apporto della sanità privata. “Ci rivolgiamo anche a loro”, conferma l’assessore e questo è confermato da incontri che si stanno svolgendo negli uffici di corso Regina, dove però in questo ultimi giorni qualcosa si è inceppato e la prevista sottoscrizione dell’accordo sul contratto 2021 con le associazioni di rappresentanza del privato, Aiop e Aris, non c’è stata. Il nodo che potrebbe essere sciolto a breve è, naturalmente, economico. 

“Nello scorso anno e quello in corso il settore privato ha ridotto a causa del Covid la propria capacità produttiva di circa il 20% rispetto al 2019. A fronte di una così forte contrazione media, che per le strutture riconvertite Covid ha raggiunto il 30% di minori entrate – spiega Giancarlo Perla presidente regionale di Aiop – viene ora proposto un incremento del 7% equivalente all’1% della spesa complessiva per la sanità privata”. Per il rappresentante della sanità privata “laica” (ma anche i religiosi per ora non firmano il contratto) “siamo di fronte all’ennesima discriminazione delle strutture private che hanno lavorato per rendere meno drammatica la diffusione della pandemia e che anche ora sono impegnate a somministrare quotidianamente migliaia di vaccini. Riteniamo di esserci conquistati un ruolo paritario alla sanità pubblica e rifiutiamo di essere marginalizzati”.

Un intoppo, quello con i privati, che si aggiunge ai problemi di cui è costellata la strada per il recupero delle liste d’attesa tra i quali il principale è proprio quello del personale sanitario. Basti pensare che già prima del Covid in non pochi ospedali alcuni reparti, addirittura il Pronto Soccorso, sono affidati a cooperative di sanitari per sopperire alla mancanza di figure professionali interne. Contratti da milioni, il costo medio orario per un medico è di 90 euro, sui quali in alcune Asl sta indagando la Guardia di Finanza.

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