LOTTA AL COVID

Sanitari no vax, negli ospedali delle Asl i primi provvedimenti

Procedura più rapida per i dipendenti residenti sul territorio. Il Piemonte in ritardo, a tre mesi dal decreto nessun medico o infermiere non vaccinato è stato trasferito o lasciato a casa. Defezioni dal sindacato "colpevole" di essere sì vax

I primi medici e infermieri (insieme ad altre figure della sanità) a essere colpiti dalle sanzioni previste per chi non si vaccina saranno i dipendenti degli ospedali, così come dei presìdi, che fanno capo all’Asl di cui sono dipendenti e nel cui territorio risiedono. Questo non per scelta, ma perché la procedura sarà più rapida.

Certo parlare di rapidità in Piemonte, dove al contrario di molte altre regioni, non è stato ancora alcun provvedimento stride parecchio. Prima i dubbi sulla privacy, poi i ricorsi al Tar, hanno allungato i tempi arrivando ad agosto senza che il decreto emanato il primo aprile e convertito in legge due mesi dopo abbia prodotto i suoi effetti neppure in un caso. In realtà un effetto indiretto, sia pure limitato, lo ha portato: una parte del personale che aveva deciso di non rispettare la legge, con l’avvicinarsi del momento in cui avrebbe dovuto essere adibito ad altre mansioni o (qualora lo spostamento non fosse possibile) rimanere a casa senza paga, ha rivisto la sua scelta che, evidentemente, non era così granitica o comunque non abbastanza da pesare di più dello stipendio.

C’è però ancora uno zoccolo duro e, purtroppo, in numeri ancora alti. L’ultimo aggiornamento del Dirmei attestava poco più di 4mila i dipendenti del sistema sanitario regionale non ancora immunizzati, cui si debbono aggiungere quelli del privato, delle strutture assistenziali, i liberi professionisti e allora la cifra sembra arrivare a più del triplo. 

È pur vero che più si avvicina il momento della decisione cui vengono posti dal datore di lavoro o, nel caso dei liberi professionisti, dall’Ordine professionale, più la cifra complessiva tende a calare, “ma di fronte a chi resta fermo nel non volersi vaccinare i provvedimenti vanno presi – spiega l’assessore Luigi Icardi –. Anche se l’intento non è punitivo, ma volto alla tutela della salute. Per questo laddove ci saranno le condizioni di procederà a impiegare questo personale in mansioni che preservino da possibili contagi”. Dunque per Icardi “la sospensione dal lavoro è l’estrema ratio, che tuttavia non si può affatto escludere”. La linea della Regione è chiara: “La legge va applicata in maniera rigorosa. Non possiamo permettere che chi non si vaccina e opera a contatto con persone fragili com’è chiunque vada in ospedale, possa essere veicolo di contagio”. C’è poi un aspetto legale, che riguarda in particolare i vertici delle aziende sanitarie e tutti i responsabili di strutture a rischio di essere chiamati a rispondere di eventuali inadempimenti nell’applicazione della norma. 

I tempi restano, comunque, il problema maggiore. Dei ritardi accumulati si è detto e di quelli futuri si ha ragione di preoccuparsi. Le procedure sono abbastanza farraginose e, come sempre accade, di questo c’è chi ne approfitta non rispondendo alle richieste di chiarimenti da parte dell’Asl, oppure adducendo motivazioni che debbono essere vagliate. A questo proposito, per accelerare la procedura ed evitare contenziosi che comunque ci saranno, molte aziende sanitarie hanno formato delle commissioni il cui compito è proprio quello di analizzare le ragioni addotte da chi rifiuta l’iniezione e stabilire se siano motivate oppure solo strumentali.

Prevedere una data in cui se non si sarà del tutto completato il percorso per rendere efficace la legge è impresa in cui nessuno, neppure in assessorato, si sente di cimentarsi. Dare almeno un segnale concreto è, però, non più procrastinabile. Come si diceva, le Asl hanno una procedura semplificata per i loro dipendenti che risiedono nel territorio di competenza. Non c’è la necessità di comunicare i nominativi ai datori di lavoro, giacché questo coincide proprio con l’azienda sanitaria. Per fare un esempio, l’Asl Città di Torino per il personale non vaccinato dei suoi ospedali, il San Giovanni Boscoil MartiniL’Oftalmico e l’Amedeo di Savoia, residente a Torino e provincia può agire in maniera assai più rapida rispetto a un’Azienda ospedaliera che, come in non pochi casi, attende ancora gli elenchi. Lo stesso vale per il resto del Piemonte, come nel caso dell’Asl di Alessandria che di presidi ospedalieri ne ha ben cinque. Molte lettere che dal momento del loro invio fanno scattare i 15 giorni di tempo per decidere da parte dell’operatore sanitario se vaccinarsi o no, sono partite proprio in questi giorni.

Lecito supporre e auspicare che ai primi di settembre ci siano i primi provvedimenti. Quanto questi peseranno, come temono e avvertono i sindacati degli infermieri, sugli organici già a dura prova da un anno e mezzo di emergenza, resta un’incognita, anche se l’assessore confida “in una riduzione importante, anche in questi giorni, dei medici e degli infermieri che fino ad ora hanno rifiutato l’immunizzazione. Credo che molti decideranno di vaccinarsi”.  Certamente non tutti. C’è addirittura chi a fronte della linea chiara e decisa di Anaao-Assomed, la principale sigla di rappresentanza dei medici ospedalieri, a favore dell’obbligo vaccinale ha revocato l’iscrizione al sindacato.

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