POLEMICHE

Costa strapazza il Pd: "Tutela i sindaci come ha fatto Lo Russo?"

Nel giorno in cui i dem annunciano uno scudo penale per i primi cittadini, l'ex ministro mette il dito nella piaga ricordando l'esposto che il candidato di Torino ha presentato contro Appendino. E che le è costato una condanna. Fibrillazioni in Azione

In teoria sarebbero alleati, nei fatti tutti sanno che tra i due non è mai scoccata la scintilla. Il deputato Enrico Costa sarà pure un alto esponente di Azione, che a Torino s’è schierata ufficialmente con il centrosinistra, ma l’ex ministro di appoggiare Stefano Lo Russo non ne ha alcuna intenzione. E se qualcuno avesse ancora dei dubbi, Costa ha deciso di chiarire su twitter la sua posizione con un post al veleno che trae spunto dall’ultimo disegno di legge del Partito democratico: «Il Pd presenta in Senato un ddl a tutela dei Sindaci, scrivendo che “L’imputabilità dei sindaci è una ferita aperta che richiede un intervento serio”. Serio al punto che i loro consiglieri comunali, quando sono all’opposizione, continuano a presentare esposti in Procura». Ogni riferimento a Lo Russo è naturalmente voluto. È stato infatti il capogruppo dem in Sala Rossa, oggi candidato a sindaco, a portare per la prima volta Chiara Appendino davanti ai giudici con un esposto, appunto, legato al caso Ream e a quei 5 milioni non inseriti nel primo bilancio targato cinquestelle, che sono costati alla sindaca una condanna in primo grado a sei mesi per falso ideologico.

L’astio di Costa nei confronti del Pd è cosa nota e che ha origini – politiche e familiari – profonde. Radici ben piantate nella destra liberale che ha sempre combattuto gli antenati di quel partito nato con vent’anni di ritardo sulle ceneri del compromesso storico dopo la buriana Mani pulite. Il giustizialismo insito nel dna di buona parte dei militanti nel partito della “questione morale”, il rapporto talvolta incestuoso con la magistratura e soprattutto con alcune procure sono solo alcuni dei peccati originari per uno come lui che fa del garantismo la propria cifra politica. A Torino appoggerà Paolo Damilano, così come altri componenti di Azione come l’ormai ex responsabile degli Enti locali Alberto Nigra. Persino Carlo Calenda, in un incontro da remoto con la sua direzione nazionale, avrebbe ammesso, qualche giorno fa, che a Torino si è fatta una scelta di “basso profilo”, “dove ci hanno portato i nostri locali”. Poi l'ammissione: “Fosse per me voterei Damilano”. Parole che sembrano quasi puntare il dito contro il responsabile del partito piemontese, Claudio Lubatti, principale artefice della scomparsa del simbolo di Azione alle amministrative torinesi e del naufragio di una lista riformista con Italia Viva e Più Europa sulla scorta di quanto accaduto a Milano. Ma soprattutto parole che sembrano smentire l’intervista con cui lo stesso Calenda aveva annunciato il suo sostegno – evidentemente non troppo convinto – al candidato di centrosinistra.

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