ECONOMIA DOMESTICA

Calano le imprese agricole, pochi giovani nei campi

Qualità, redditività e sostenibilità: sono questi gli assi su cui dovrà puntare il Piemonte. Il feticcio del biologico e la necessità di attrarre più giovani. L'analisi del direttore di Confagricoltura Zuccaro

È il fiore all’occhiello di un Piemonte che tenta il rimbalzo economico dopo la crisi Covid, un settore in espansione e con ampi margini di crescita soprattutto grazie all’export, ma qual è lo stato di salute dell’agricoltura in una delle regioni a più forte vocazione industriale d’Italia? E soprattutto su cosa deve puntare per crescere sul mercato globale? Il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro non ha dubbi: “Produzione di qualità, redditività e sostenibilità: sono questi i tre grandi vettori su cui dovremo concentrarci nei prossimi anni”.

Partiamo dal primo, la qualità, “perché con il volume delle produzioni realizzate non è pensabile di competere a livello internazionale nel settore delle commodities” spiega Zuccaro. Il valore complessivo della produzione agricola piemontese è di 3,82 miliardi; il valore aggiunto di tutto l’agroalimentare, comprese le produzioni dell’industria di trasformazione, sale a 5,33 miliardi, poco più del 4,5% del pil regionale. Per questo occorrerà puntare sempre più sulla produzione di specialità: i cereali, per esempio, dovranno essere destinati sempre più a preparazioni alimentari di elevate caratteristiche e utilizzati nell’ambito di filiere zootecniche controllate; il latte dovrà essere valorizzato per produrre formaggi a denominazione d’origine protetta, e così via. Ci sono poi le altre produzioni, quali quelle ortofrutticole e vitivinicole, che sono già valorizzate, ma si dovrà fare meglio: lo sforzo dovrà essere indirizzato verso la ricerca di nuovi consumatori, in Italia e nel mondo, per far crescere la cifra dei 6 miliardi di export agroalimentare che ha già raggiunto la nostra regione.

L’altro obiettivo imprescindibile è il miglioramento della redditività. Oggi in Piemonte abbiamo poche imprese agricole rispetto al passato: attualmente sono 42.635, erano 62.696 nel 2010 (-32%). Sono pochi i giovani: sulla base delle elaborazioni di Confagricoltura Piemonte su dati della Regione le imprese agricole condotte da under 41 sono 5.811 (il 13,6%) su un totale di 42.652; gli ultra sessantacinquenni sono 13.741, pari al 32,2% del totale. “I giovani torneranno all’agricoltura, al di là dei casi che fanno tanto parlare ma che numericamente non significano nulla, solo se le prospettive di reddito miglioreranno” spiega Zuccaro. Per questo “è necessario favorire un patto che agevoli il ricambio tra vecchie e nuove generazioni di imprenditori agricoli. Non è facile partire da zero e inventarsi agricoltori”.

Il terzo obiettivo è la sostenibilità, che guida lo sviluppo non solo dell’agricoltura, ma di tutte le attività produttive. Il settore primario, con le imprese multifunzionali (aziende didattiche, agriturismo, fattorie sociali, attività ludico-educative-ricreative declinate in chiave ambientale, imprese specializzate nella cura e manutenzione delle foreste e nella produzione di energie rinnovabili) potrà dare un contributo fondamentale allo sviluppo dell’economia circolare e al contrasto al cambiamento climatico.

“Tutto questo sforzo, però, dovrà essere sostenuto e valorizzato con risorse pubbliche, che in parte potranno venire anche dal Pnrr, ma non solo, perché l’impegno dovrà essere mantenuto e sviluppato in futuro” chiarisce il direttore di Confagricoltura. In questo contesto s’inserisce il discorso del biologico, di cui si parla molto, spesso anche a sproposito. “Se l’obiettivo è alimentare il pianeta, con una popolazione mondiale in continua crescita e, a livello locale, con produzioni indirizzate alla qualità, il biologico da solo non potrà essere la risposta al futuro dell’agricoltura”.

In Piemonte ci sono circa 50mila ettari di superfici biologiche su un totale di 900mila ettari (il 5,6% del totale), coltivate da circa 2mila  imprese (il 4,7% del totale). Gli obiettivi del Green Deal europeo, sui quali si stanno sviluppando accese discussioni, vogliono far salire la percentuale di terreni coltivati a biologico al 25% entro il 2030, ma gli agricoltori non la pensano così. L’ultimo bando del Piano di Sviluppo Rurale del Piemonte che concedeva aiuti per la conversione di aziende convenzionali al biologico, chiuso un paio di mesi fa, ha fatto registrare soltanto 156 richieste (lo 0,36% del totale delle imprese piemontesi), per un volume di finanziamenti di circa 3,7 milioni su 9,33 disponibili. Il biologico dunque “frena”, fondamentalmente perché non rende.

Più che sul biologico bisognerà perciò concentrarsi sul rispetto dell’ambiente, impegnarsi per ridurre gli input chimici e utilizzare le risorse in modo saggio. L’agricoltura integrata sarà il vero obiettivo, sfruttando al meglio tutte le opportunità che offrono le biotecnologie, senza preclusioni ideologiche, puntando con convinzione su ricerca, sperimentazione e innovazione. L’impiego di nuove tecnologie e lo sviluppo dell'intelligenza artificiale potranno fornire un supporto fondamentale per la riduzione dei  lavori che potranno essere svolti anche con le macchine, con l'obiettivo di eliminare rischi e fatica.

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