Centro, utile anche nel bipolarismo

Recentemente il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, ha sostenuto che in vista delle prossime elezioni politiche ritornerà a pieno regime il bipolarismo. Liquidando definitivamente il cosiddetto tripolarismo dopo il tonfo elettorale e politico del partito di Grillo e di Conte. E sin qui tutto è chiaro. Meno condivisibile, almeno dal mio punto di vista, è la tesi che il bipolarismo, come sostiene il segretario del Pd, sarà “estremo” perché ci si dovrà pronunciare senza remore e con chiarezza “se si starà di qua o di là”.

Ora, è del tutto evidente che un bipolarismo di questo genere trascina dietro di sé una inesorabile e permanete radicalizzazione della lotta politica con tutte le sue conseguenze negative. A cominciare dal peso determinante che avrebbero le rispettive posizioni politiche “estreme”. E poi con la delegittimazione morale e politica dell’avversario che diventa decisamente un nemico; con la sostanziale negazione della cultura della mediazione e con un permanente conflitto sociale. In altre parole, con un bipolarismo del genere si rinnegherebbe la migliore cultura di governo e democratica del nostro paese perché tutte le forze, i movimenti e i partiti intermedi - cioè quelli che non condividono questa radicalizzazione della lotta politica - sarebbero destinati ad essere spazzati via e travolti da una contrapposizione frontale dei due schieramenti principali. Non è difficile capire che si delineerebbe un quadro politico dove sarebbero vincenti le ricette della destra sovranista ed estrema da un lato e il massimalismo della sinistra accompagnato dal populismo grillino dall’altro. Un quadro, cioè, semplicemente devastante sotto il profilo della qualità della democrazia, della credibilità delle istituzioni, della cultura del buon governo e, infine, della ricerca della sintesi e della convergenza politica e programmatica.

Ed è proprio in un contesto del genere che inesorabilmente quasi si impone, per la credibilità dei due schieramenti, la presenza in entrambi di una forza/lista/movimento di “centro” che riduca o azzeri la contrapposizione frontale e che eviti, soprattutto, che prevalgano le ragioni politiche delle “estreme”. E cioè una presenza politica capace di declinare una “politica di centro” e che, al contempo, sappia introdurre quegli elementi che storicamente hanno contraddistinto la politica italiana. E non solo nella lunga esperienza politica e di governo della Democrazia Cristiana ma anche nella cosiddetta seconda repubblica dove, non a caso, si è riusciti a garantire stabilità e cultura di governo solo quando l’azione politica era gestita e dettata da uomini e donne riconducibili a partiti centristi o di formazione centrista.

Per queste semplici ragioni, il quadro politico in vista delle elezioni politiche è ancora destinato a cambiare. E profondamente. E questo non solo perché gli attuali schieramenti non sono sufficientemente omogenei per poter governare quanto perché, e soprattutto, senza le forze di centro capaci di declinare “politiche di centro” un’alleanza nel nostro paese difficilmente riesce a guidarlo per lungo tempo. Le esperienze del passato, al riguardo, sono sufficienti per ricordare, e ricordarci, queste elementari verità politiche e di governo.

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