SANITÀ

La guardia medica "tracciata"
divide i dottori (e sindacati)

Il numero unico gestito dalle centrali operative (che registrano le chiamate) criticato da una parte dei sanitari. Esodo di medici verso altri servizi. Venesia (Fimmg): "Sistema troppo rigido". Barillà (Smi): "Modernizzazione indispensabile e più tutela per i cittadini"

Cosa c’è dietro il muro che una parte di camici bianchi sta opponendo al nuovo sistema di gestione del servizio di guardia medica? Perché un modello, almeno sulla carta e nelle intenzioni, più efficiente e al passo con i criteri europei, in Piemonte divide i sindacati dei medici? 

Quel che si sta succedendo e, peggio, rischia di accadere in seguito all’entrata in funzione del numero unico 116117 con cui in ogni luogo ci si trovi si può chiedere, negli orari in cui il medico di famiglia non è disponibile, quindi di notte e nei giorni festivi e prefestivi, l’aiuto della guarda medica è qualcosa di cui non si sentiva affatto il bisogno. E che forse sarebbe opportuno scongiurare, specie in un momento in cui di sanità efficiente c’è assai più necessità che non di rivendicazioni corporative. 

Premessa necessaria prima di raccontare di schermaglie e piccature, critiche ed esortazioni all’interno della stessa categoria: spiegare cosa cambia per il cittadino che si rivolge alla guardia medica. Fino a poco tempo fa, in caso di necessità quando il medico di famiglia non è in servizio e la situazione non è tale da doversi rivolgere al 118 o correre in Pronto Soccorso, la strada era quella di comporre un numero – diverso per ogni Asl, addirittura per ogni distretto, tanto che in Piemonte se ne contano più di ottanta – e chiedere l’intervento o, in alcuni casi, le indicazioni terapeutiche alla guardia medica. Con il numero unico non è necessario a chi, per esempio è di Biella e si trova a Cuneo, conoscere il numero di quella città. E questo è un primo vantaggio evidente. 

A rispondere ad ogni chiamata sono gli operatori di centrali operative di quadrante che coprono diverse province ciascuna. Non sono sanitari, si tratta di personale addestrato cui non spetta il triage, ovvero valutare il caso, ma che deve registrare i dati il motivo della richiesta e girare immediatamente la chiamata al medico di guardia competente per il territorio. Ogni passaggio, da quando il cittadino chiama, viene annotato, tutte le comunicazioni in voce compreso il dialogo tra paziente e guardia medica vengono registrate, così come avviene per le chiamate al 118 o alle forze di polizia. Anche questo è, o dovrebbe essere, una garanzia sia per chi si rivolge al medico, sia per quest’ultimo. Ma il condizionale, forse, è d’obbligo.

Questa procedura non a tutti piace, così come non piace un altro aspetto del sistema, ovvero l’apertura di una scheda informatica in cui vengono registrati tutti i dati, i tempi di risposta, di intervento, le prescrizioni e quant’altro viene eseguito fino al termine dell’intervento, sia questo una visita a domicilio oppure anche solo l’indicazione di farmaci da assumere. Nel caso, poi, il medico sia impegnato, dalla centrale viene girata la chiamata alla guardia medica più vicina disponibile.

Insomma, un sistema che al netto dell’intoppo accaduto pochi giorni fa a Torino a causa di un guasto alla centrale della Telecom, da alcuni mesi funziona nelle province (dove i vecchi numeri sono stati lasciati attivi anche se le chiamate vengono girate automaticamente alla centrale operativa) e il completamento della rete regionale arriva proprio con l’area metropolitana torinese.

Un sistema che, però, non piace a una parte dei medici di cui si fa portavoce il sindacato Fimmg che mette in relazione le non poche dimissioni di professionisti impiegati nel servizio proprio con l’attivazione del numero unico. “Un progetto che sta dimostrando limiti e criticità importanti e gravi”, scrive in una nota il segretario regionale del comparto di continuità assistenziale del sindacato, Alessandro Dabbene. “Un sistema troppo rigido e intralciante di cui non se ne sentiva affatto il bisogno”, per il segretario regionale della Fimmg Roberto Venesia. “Qui viene ridotta l’autonomia organizzativa del medico. Non sono contrario in linea di principio – spiega Venesia – ma mi pare che quello che doveva essere lo spirito della normativa non prevedeva una regolamentazione così rigida sugli interventi medici. L’impressione e che, invece, venga usato in questo modo e là dove il servizio funzionava bene non si sentiva l’esigenza di questa innovazione e dove c’erano criticità non vengono risolte”. 

Di avviso diametralmente opposto l’altro sindacato dei medici di medicina generale: “devono essere chiare le responsabilità di chi vuole contribuire a modernizzare il servizio di continuità assistenziale e chi invece vuole continuare a difendere un modello che risale al 1979”, sostiene Antonio Barillà, segretario regionale dello Smi. “La Regione deve proseguire con la modernizzazione e la messa in opera di un servizio innovativo ha una serie di vantaggi per il cittadini, dalla rapidità della risposta al monitoraggio del servizio fornito con la registrazione delle comunicazioni, utile in caso di contestazioni e non di meno per verificare l’efficienza del servizio stesso. E non dimentichiamo – aggiunge Barillà – che la centrale operativa è un importante supporto per i medici in tema di sicurezza con una procedura di allerta immediata delle forze dell’ordine in caso di necessità”.

Il tema dell’abbandono da parte di molti medici, nonostante in Piemonte da quasi vent’anni alla paga oraria di circa 23 euro lordi l’ora si aggiunge un incremento di 7 euro deciso nel 2002 dalla Regione e sempre mantenuto, resta un problema grave. Quanto pesa su queste decisioni e sulle proteste di una parte dei camici bianchi il nuovo sistema e la sua caratteristica di seguire passo passo ogni fase della procedura, dalla chiamata del cittadino alla conclusione dell’intervento, tenendone traccia?

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