Sempre la solita Fiom

Ci risiamo, è tornata la Fiom dei no e delle fughe in avanti. Ultimamente sembrava che avesse messo un po’ di senno ma poi le scorribande landiniane nel calpestare il rapporto unitario e forse qualche nervosismo a sinistra su altre vicende, vedi ddl Zan, hanno rilanciato l’azione antiunitaria della Fiom e della Cgil.

La Fiom continua a essere prigioniera di sé stessa e non fa un buon servizio ai lavoratori negando la firma sul trasferimento di Agap a Mirafiori. Infatti, accusa l’azienda di non dare visibilità al futuro di Torino ma non firmando l’accordo dimostra di non prendersi responsabilità come organizzazione sindacale nel garantire un futuro ai lavoratori attraverso l’arroccamento produttivo su Mirafiori. E la decisione di ieri, martedì, di ritirare le bandiere Fiom, dai cancelli di Agap non solo sono un segno di resa sindacale ma confermano una confusione strategica sul futuro torinese dell’automotive; oltreché una dimostrazione di fanciullismo sindacale.

In questa mancanza strategica che si limita a chiedere ma mai a “firmare” impegni, viene puntualmente sostenuta, salvo poi fare il contrario, da molti personaggi pubblici di spicco, basti pensare alle dichiarazioni del Magnifico Rettore del Politecnico sul trasferimento da Grugliasco a Mirafiori che mi sembrano un “pelino” in contrasto con le posizioni Fiom. Peccato, per qualcuno, che non abbiamo tutti la memoria corta. È anche una storia vecchia di privilegiare la Fiom, in quanto organizzazione sindacale, anteponendola al bene dei lavoratori. Non ce lo dice un episodio singolo, ma la storia che parte con il famoso “finalmente soli”, del 2001, di Sabatini a Roma. Ma è soprattutto una storia della Fiom torinese e della sua “vecchia guardia” che con un atteggiamento mai pragmatico ma ideologico ha condizionato il vertice nazionale ma ha, soprattutto, estremizzato posizioni sindacali, e anche politiche, che proprio sul territorio torinese hanno contribuito a radicalizzare anche i lavoratori. Peccato che si siano radicalizzati nel defunto grillismo oppure a destra. E anche i tentativi di costruire il “Partito del Lavoro”, sempre con proposta torinese, poi cavalcato da Landini a livello nazionale, è finita nel nulla creando ulteriori disillusioni.

Tutto ciò è un danno, da sinistra, al movimento sindacale e ai lavoratori, oltreché una grande ipocrisia. Infatti, mentre si invoca Fiom l’unità sindacale, immancabilmente la Fiom segue una presa di posizione antiunitaria iniziative solitarie. E a Torino abbiamo un lungo elenco di esempi.

In questi giorni è riuscita persino a superarsi mettendo assieme la mancata firma alla gestione del trasferimento Agap a Mirafiori, la firma per l’uscita concordata di oltre duecento lavoratori e il lancio in completa solitudine di uno sciopero di 8 ore dei metalmeccanici. Ovviamente con la formula di rito da concordare con Fiom e Uilm. Questa si chiama egemonia sindacale e non unità sindacale. Per fortuna la goffa strategia sindacale della Fiom è risuscita nell’autogol clamoroso di fermare la corsa, anche qui solitaria (altroché unitaria!) del segretario generale della Cgil che ormai pronto a lanciare lo sciopero generale sulla Legge di Bilancio ha dovuto fare marcia indietro e accontentarsi di iniziative a livello locale.

Siamo quindi al dubbio successivo: considerato che in questa Finanziaria si apprezzano alcuni passi avanti sulla non autosufficienza sugli ammortizzatori sociali anche se per arrivare a obiettivi di vera universalità bisogna aumentare ulteriormente le risorse. Così come è positivo il finanziamento per rinnovare i contratti pubblici e i due miliardi aggiuntivi sul fondo sanitario. Occorre, allora, anche ricordare che il Governo nel proporre quota 102 per il 2022 si è dato disponibile nel corso del prossimo anno a un confronto con il sindacato confederale per provare a dare una riforma compiuta alle pensioni. Occorre ulteriormente ricordare che il sistema di quote fu inventato da Pierpaolo Baretta, a suo tempo segretario generale aggiunto della Cisl.

Quindi le fughe in avanti della Fiom e della Cgil, che si sono annullate a vicenda, si scontrano con quella che è la realtà dei fatti data da una parte nella gestione di un trasferimento di cui tutti erano a conoscenza da tempo e da una Legge di Bilancio ancora con molte ombre ma non tali da giustificare subito uno sciopero generale. Ancora una volta c’è chi usa i lavoratori per altri fini che non è la loro tutela, ma diventano strumenti da parte di organizzazioni sindacali. Cosa mi ricorda tutto ciò? Sì, mi ricorda qualcosa che si è già visto nella storia sindacale e della sinistra… Provate a immaginare…

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