MALASANITA'

Ventilatori "patacca" di Arcuri inutilizzabili nelle terapie intensive

Una relazione indica tutti i difetti delle apparecchiature inviate in Piemonte dall'ex commissario. Il documento nelle mani del generale Figliuolo. Livigni (Dirmei): "Adesso aspettiamo i fondi per sostituirli"

Che cosa sarebbe accaduto se un malato di Covid (ma anche di altre patologie) fosse stato intubato e collegato a uno dei ventilatori polmonari forniti dall’allora commissario Domenico Arcuri? “Per fortuna e non solo per fortuna, ma per rigide procedure di collaudo e prove che si fanno sempre al primo utilizzo, non è successo”, assicura Gilberto Fiore, presidente per il Piemonte e la Valle d’Aosta dell’Aaroi-Emac, l’associazione degli anestesisti e rianimatori.

“I ventilatori Siare presentano caratteristiche hardware e software che ne rendono improponibile l’utilizzo in pazienti con insufficienza respiratoria”. Questo è solo un passo della lettera inviata dal direttore del Dirmei Emilpaolo Manno (anch’egli rianimatore) e Sergio Livigni, coordinatore dell’area sanitaria del dipartimento al colonnello Gabriele Picchioni, responsabile del settore elettromedicali della struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Poche righe, in una lunga e dettagliata relazione con allegato il risultato di uno studio comparativo tra diverse tipologie di ventilatori, che ribadiscono quel che già si sapeva da mesi, ma aggiungono dati e accentuano la gravità di scelte e decisioni assunte dal predecessore di Figliuolo, rapidamente accompagnato alla porta da Mario Draghi appena arrivato a Palazzo Chigi.

Apparecchiature salvavita che hanno rischiato di produrre l’effetto opposto, macchinari pagati la metà del costo medio di mercato, i cui primi esemplari arrivano in Piemonte quando nei reparti di rianimazione si fa di tutto per evitare il codice blu, ovvero scegliere chi curare e chi no.

Sono in tutto 484 gli apparecchi “non utilizzabili per la sicurezza del paziente per l’eccessivo ritardo della valvola inspiratoria”, come si legge del documento riservato già nei dossier del generale Figliuolo. “I pazienti ricoverati nelle terapie intensive con grave insufficienza respiratoria necessitano di un’attenzione clinica e assistenziale rilevante e la probabilità di un esito favorevole – scrivono Manno e Livigni – dipende anche dalla tecnologia utilizzata”. Anche chi non è medico comprende la gravità delle conseguenze di un eventuale utilizzo di queste apparecchiature leggendo il documento. “Sono strumenti inadeguati”, ribadisce Livigni in un colloquio con lo Spiffero. Il dirigente del Dirmei non esclude che qualcuno dei ventilatori sia stato utilizzato: “Forse qualche azienda sanitaria qualcosa ha usato”, tuttavia, “Da dicembre dello scorso anno abbiamo dichiarato la non utilizzabilità di questi ventilatori”.

Quando Figliuolo viene nominato al posto di Arcuri, il generale eredita questa grana e decide subito di vederci chiaro. “Gli avevamo promesso una relazione più dettagliata – spiega Livigni – ed è quello he abbiamo fatto adesso. Per quanto riguarda le Asl, tutte erano a conoscenza di questa situazione, anche se nel dettaglio non so come si siano comportate”. Un dubbio di non poco conto che meriterebbe di essere fugato con certezza. 

Livigni non nega che “quando non si ha altro a disposizione – riferendosi alle situazioni di emergenza – si usa quel che si ha”, ma usare anche uno solo di questi apparecchi potrebbe avere conseguenze molto gravi.  Non meno grave è l’impiego cui, dopo l’emergenza, erano destinati i ventilatori di Arcuri: attrezzare i nuovi posti di rianimazione strutturali previsti dal cosiddetto “Piano Arcuri” per il potenziamento delle terapie intensive. Un piano su cui molte Asl segnano il passo con ritardi pesanti e qualche eccezione. Ma con che ventilatori saranno attrezzati i nuovi letti quando le strutture saranno pronte se quelli di Arcuri non sono utilizzabili? “Una parte della dotazione sarà coperta dagli apparecchi, circa 180 di alta fascia, acquistati dalla Regione con i fondi delle donazioni. Per gli altri ci aspettiamo che la struttura commissariale fornisca i fondi per acquistare i ventilatori che mancano ancora, circa 120”. 

Si profilerebbe l’ipotesi di una possibile revisione di alcuni degli apparecchi non idonei per un loro utilizzo alternativo, anche se tutto ciò non può che destare più di una perplessità. Decisamente più probabile una definitiva rottamazione, con tanti saluti a quasi mezzo milione di euro, soldi di tutti, buttato. Resta una storia incredibile di superficialità (se non peggio) nelle gestione di un’operazione cruciale nei tempi in cui la pandemia mieteva decine, centinaia di vittime ogni giorno.

E i rischi ulteriori che l’impiego di quei ventilatori avrebbero comportato. “Siamo riusciti a lavorare con altri ventilatori e altre attrezzature. – ricorda il rianimatore Fiore – In molti casi sono stati utilizzati i respiratori delle sale operatorie”. Meglio non pensare a cosa sarebbe potuto succedere se quei ventilatori di Arcuri fossero stati indispensabili. “Nessuno ricorda tutti i ventilatori polmonari forniti dalla gestione commissariale Arcuri che abbiamo dovuto eliminare”, aveva detto pochi giorni fa l’assessore alla Sanità Luigi Icardi rispondendo alle accuse delle opposizioni sulla gestione dell’emergenza. Il generale Figliuolo di quei ventilatori, invece, si ricordava bene. Tanto da aver chiesto al Piemonte un’ulteriore relazione che non lascia spazio a dubbi su quel che è successo e quel che si è rischiato. 

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