DIRITTI & ROVESCI

Scontro sull'aborto in Piemonte.
"La Regione non applica la 194"

Diffida di 27 associazioni aderenti alla rete delle libertà civili: "Ostacola l'interruzione di gravidanza con metodo farmacologico". Così facendo non rispetta la linee di indirizzo del ministero. La replica dell'assessore Marrone: "Ignoranza e ideologia"

Sono 27 le associazioni aderenti alla rete delle libertà civili che hanno presentato una diffida alla Regione Piemonte per la mancata applicazione della legge 194 e le linee di indirizzo sull’uso del mifepristone e prostaglandine per l’interruzione volontaria della gravidanza. Spiegano le associazioni presentatrici della diffida che “non solo la Regione non si è ancora adeguata alle nuove linee di indirizzo autorizzate dalle autorità sanitarie nazionali, ma ne ostacola, di fatto, l’applicazione e, in caso di interruzione di gravidanza con metodo farmacologico, continua a richiedere il ricovero sino a tre giorni”.  

Per questo la rete delle libertà civili chiede che a tutte le donne sia concessa la scelta del metodo di interruzione di gravidanza, che vengano individuati i consultori per garantire l'esecuzione delle interruzioni di gravidanza, che le operatrici e gli operatori dei consultori vengano adeguatamente formati sulle procedure e che sia garantito un servizio di mediazione culturale per una formazione corretta sul percorso di interruzione volontaria di gravidanza e sui metodi contraccettivi.  

“Le associazioni femministe hanno già fatto un buco nell’acqua al Tar contro l’ingresso del volontariato di tutela materno infantile negli ospedali e nei consultori e ripeteranno il flop con questa diffida: è proprio la legge 194 a chiarire che il consultorio è luogo di informazione e assistenza per rimuovere le possibili cause sociali della scelta di abortire e non sede dove eseguire le interruzioni di gravidanza, che vanno invece obbligatoriamente limitate a ospedali attrezzati, proprio per affrontare tempestivamente eventuali complicanze” replica l’assessore regionale Maurizio Marrone. “Inoltre – prosegue – a impedire il prolungamento del farmaco abortivo fino al 63° giorno di gravidanza è la revoca Aifa sul prostaglandine, che non è più a carico del Servizio sanitario nazionale dal marzo 2020, ma va comunque prescritto insieme al mifepristone oltre il 50° giorno”. Marrone parla di “ignoranza e ideologia” che nasconderebbero la volontà di “aumentare il numero di aborti e ostacolare le nascite”. Secondo l’assessore, infatti, neanche “il ministro Speranza ha osato replicare nulla alle argomentazioni giuridiche e tecniche con cui la Regione Piemonte ha motivato il rifiuto alle linee guida”.

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