EMERGENZA COVID

Picco delle assistenze domiciliari. Indagini dei Nas sugli Adi-Covid

Numeri altissimi delle procedure aperte dai medici di famiglia (pagate 70 euro l'una). Sospetti su possibili segnalazioni di positivi, ma asintomatici. Accertamenti in corso da parte dei carabinieri. Asl in allarme per la spesa milionaria. Sindacati dei camici bianchi divisi

C’è una cifra che sta aumentando in maniera tale da mettere in allarme molte Asl, ma anche i carabinieri del Nas che starebbero monitorando con attenzione il fenomeno e compiendo accertamenti. I numeri sono quelli della spesa per l’Adi-Covid, ovvero l’assistenza domiciliare alle persone colpite dal virus affidata ai medici di famiglia con una delibera regionale del 13 novembre 2020 prorogata ulteriormente fino alla fine dello scorso anno e legata (per ora) allo scadere dell’emergenza sanitaria, quindi al 31 marzo.

Per ogni apertura di procedura Adi-Covid il medico di medicina generale riceve circa 70 euro lordi, ma requisiti indispensabili per poter avviare la procedura stessa sono, tra gli altri, il tampone positivo dell’assistito e la presenza di sintomi. Proprio su questo si starebbero concentrando le verifiche, a fronte del picco di richieste arrivate soprattutto negli ultimi mesi da parte dei dottori di famiglia. Il dubbio e il sospetto che nel novero dei segnalati sia finito un gran numero di positivi, ma senza sintomi o comunque con una situazione clinica tale da non richiedere l’intervento del medico, potrà essere sciolto solo con le verifiche che sarebbero in corso a vari livelli.

Dall’assessorato alla Sanità arriva la conferma sulla necessità di accertamenti, per garantire la correttezza delle spesa di denaro pubblico, mentre da molte aziende sanitarie si segnala come l’aumento dell’utilizzo dell’Adi-Covid abbia avuto un’impennata proprio negli ultimi tempi. La coincidenza con l’ondata della variante Omicron, assai più contagiosa pur meno virulenta, potrebbe essere una spiegazione, ma nel contempo supportare anche i dubbi sulla corretta applicazione della procedura. Negli ultimi mesi i casi positivi, come noto, hanno raggiunto picchi elevatissimi, ma una buona percentuale di questi era ed è asintomatica. Da qui la necessità di verificare se alla segnalazione da parte del medico di caso positivo, pur senza sintomi, sia stata fatta scattare anche la richiesta di Adi-Covid, con il conseguente esborso da parte della Regione, attraverso le Asl, dei 70 euro.

“Un’eventualità impossibile”, sostiene Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, uno dei sindacati dei medici di famiglia. “Per attivare l’Adi-Covid occorre la presenza di tampone positivo e sintomi, inoltre la richieste è vagliata dai distretti delle Asl”. Di parere decisamente diverso Antonio Barillà, segretario regionale dello Smi, l’altra organizzazione dei medici di medicina generale: “L’istituto dell’assistenza domiciliare integrata è importante e non può essere banalizzato in questo modo. Inoltre abbiamo sempre chiesto alla Regione di fare controlli sulla sua corretta applicazione”.

L’acronimo e, in particolare la specificazione “domiciliare”, merita un po’ di chiarezza: la procedura, infatti, non prevede che il medico vada a casa del paziente. Lo può fare a sua discrezione valutando il caso, altrimenti l’assistenza avviene, come nella stragrande maggioranza dei casi, al telefono o con messaggi, per monitorare le condizioni cliniche e le loro evoluzioni. Nel caso di visita a domicilio per il professionista scattano ulteriori 25 euro.

Tutto questo, però, è perfettamente legittimo e normato. Quello su cui, invece, si stanno effettuando accertamenti è il rigoroso rispetto dei criteri fissati dalla delibera, in particolare la presenza (dichiarata dal medico) dei sintomi previsti oltre la positività al virus che da sola non basta per attivare l’Adi-Covid. “Molti medici, nonostante sia attiva dal novembre del 2020, non hanno fruito di questa possibilità per parecchio tempo – sostiene Venesia –. Come sindacato li abbiamo sollecitati, anche per contabilizzare gli interventi”, senza dimenticare il non trascurabile aspetto economico.

Medici che segnalano centinaia di casi in un mese e aprono altrettante procedure per l’assistenza domiciliare portano a cifre a dir poco considerevoli, se poi si moltiplicano questi casi per gli oltre 3mila professionisti che operano sul territorio regionale e si considerano i numeri dei positivi che ogni giorno, nelle ultime settimane, emergevano quotidianamente si comprende come in ballo ci siano milioni di euro. Correttamente spesi fino all’ultimo euro? Le verifiche di Asl e Regione, non di meno le indagini dei Nas devono proprio appurare questo.

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