PIAZZA CASTELLO

"Il rimpastino non ci riguarda",
la Lega percula Fratelli d'Italia

Molinari chiude a ogni ipotesi che preveda una diminuzione del peso dei salviniani in giunta. E all'alleato manda un messaggio sibillino: "Invece di chiedere più deleghe facciano attenzione a non perderne", ogni riferimento al filorusso Marrone è voluto

“Non è affar nostro”. Si volesse condensare in quattro parole l’aria che tira ai vertici della Lega piemontese sul rimpastino invocato senza diminutivo dai Fratelli d’Italia dalle colonne dello Spiffero e promesso, appunto, in versione mignon dal governatore Alberto Cirio, difficile trovare altra frase da quella che circola in quegli ambienti.

La traduzione esplicitata dal segretario regionale Riccardo Molinari in uno dei tanti colloqui con il presidente della Regione è altrettanto sintetica e chiara: per la Lega questa operazione deve essere a saldo invariato, insomma non deve perderci neppure una briciola. Non quel che si dice una strada in discesa per Cirio che dal partito di Giorgia Meloni, nei giorni scorsi, ha ricevuto una pungolata e la contestuale richiesta di accelerare sui tempi senza aspettare il tavolo del centrodestra apparecchiato verso fine marzo per le elezioni nelle principali città della regione. Occasione che il governatore aveva intenzione di cogliere per sbrogliare la matassa.  

La posizione della Lega assomiglia molto a quella di chi sta alla finestra, facendo attenzione che nessuno bussi alla sua porta. Al vertice piemontese del partito di Matteo Salvini si derubrica, non senza ragioni, il rimaneggiamento in giunta come “la montagna che partorirà un topolino, ma molto piccolo”. Lo stesso governatore, stretto tra le richieste pressanti dei Fratelli e l’ormai collaudata strategia dell’opossum, cercherà di attuare la seconda con la variabile autoctona, ovvero quella del marsupiale langhetto, “che tiene sempre aperto un occhietto”, come Cirio ama celiare, non nascondendo una verità.

L’indisponibilità della Lega a lasciare anche solo una delega, sia pure non di prima fascia, impone al presidente uno spazio di manovra ridotto per rispondere almeno in parte alle richieste dell’alleato meloniano. L’aumento delle competenze per Maurizio Marrone potrebbe dunque trovare soluzione in una lieve erosione delle materie in capo a Forza Italia, probabilmente di Marco Gabusi, l’assessore esterno e assai vicino al presidente, quindi nelle condizioni di poter togliere le castagne dal fuoco a Cirio. Se già era stato netto il no alla competenza sulla casa, chiesta da FdI, da parte della Lega oggi l’ulteriore chiusura dello stesso partito ad atti di generosità nei confronti dell’alleato-avversario, non facilita l’impresa. Certo, Cirio potrebbe trovare un alleato nella situazione che vede al centro proprio Marrone e il segretario regionale del suo partito Fabrizio Comba. Il primo, pur avendo preso posizione come tutto il partito contro l’invasione russa dell’Ucraina, è pur sempre il fautore delle iniziative di apertura verso il Donbass, premiato nel 2017 per la sua opera a favore dei separatisti filorussi. Sul secondo non può non pesare il ruolo di console onorario della Bielorussa, peraltro oggetto di polemiche ancor prima che Aleksandr Lukashenko aprisse i suoi confini ai carri armati di Vladimir Putin per invadere l’Ucraina.

Non che la Lega su Putin non abbia avuto fino all’altro giorno posizioni assai ondivaghe, come ammettono alcuni degli stessi dirigenti del partito non nascondendo un certo fastidio, ma la differenza con FdI è che il partito di Salvini sulla questione del rimpastino sta, appunto, alla finestra senza rivendicare nulla. E proprio la questione russa (e le posizioni di Marrone e di Comba) viene evocata al vertice della Lega per rimarcare come le pretese di maggior peso nel governo regionale non possono essere avanzate in maniera troppo perentoria. “Più che chiederne di nuove facciano attenzione a non perderne di deleghe”, dice sibillinamente Molinari ai suoi e il riferimento a quella “Cooperazione internazionale” attualmente in capo a Marrone è assolutamente intenzionale.

Stare alla finestra e considerare “non affar nostro” il rimaneggiamento delle deleghe in giunta, spiegano ai vertici della Lega, non significa aprire la porta a qualunque soluzione. E comunque la porta della Lega resta chiusa a ogni ipotesi che preveda la diminuzione di peso nel governo piemontese.