Pace, sicurezza e lavoro

Un Primo Maggio all’insegna della Pace, ne abbiamo bisogno. Ma non può essere una pace equidistante: esiste un aggressore e un aggredito, come ci ricorda il Presidente Mattarella il cui pensiero alla notizia dell’invasione russa è subito andato a Bella Ciao. Una canzone che canteranno in molti al corteo e non è una canzone pacifista ma di lotta contro l’invasore e di tragedia per l’estremo sacrificio, anche della vita, da parte dei partigiani.

Però questo Primo Maggio non può “limitarsi” al tema della pace perché abbiamo una “guerra in casa” che ci costa ancora circa sei morti al giorno se calcoliamo i duecentoventi giorni medi di lavoro annuali. Sono i circa 1.200 morti sul lavoro all’anno, che sebbene siano ampiamente diminuiti dagli anni Ottanta dove eravamo sopra i duemila e negli anni Sessanta sopra i tremila, restano un numero impressionante.

Non basta aumentare gli ispettori dell’Inail ma occorre un cambiamento strutturale e culturale negli imprenditori perché si possono ridurre gli incidenti sul lavoro con la consapevolezza del rischio che si corre nell’usare un macchinario, salire su un’impalcatura o su un trattore piuttosto che reprimere.

Sovente si dice che serve più formazione ma siamo un Paese fatto di piccola e media industria, di partite iva e di aziende fatte da un solo dipendente/imprenditore e in questi casi la formazione è un problema di competitività (si perde tempo rispetto alla concorrenza), di costi (l’imprenditore/dipendente o la piccola impresa è sempre al limite tra costi e ricavi). Quindi spesso si corre il rischio di evitare le misure di sicurezza.

Spesso il reprimere la violazione delle misure di sicurezza avviene dopo che è successo un incidente; allora penso che occorra aiutare l’imprenditore a rispettare le regole e su questo il primo passo dovrebbero farlo le associazioni sindacali datoriali nonostante i loro limiti di rappresentanza.

Occorrerebbe anche associare due questioni come la sicurezza e le agevolazioni sulle assunzioni e sulla tipologia contrattuale integrandoli in un sistema premiale che vada a sostituire la situazione attuale. Sembrano due temi distanti e distinti ma se lo slogan diventasse “assumere in sicurezza” potrebbe diventare un sistema premiale e incentivante per le Pmi e gli imprenditori/dipendenti per cui il Ministero del Lavoro e l’Inail dovrebbero fornire assistenza tecnico-burocratica e formazione gratuita per un dato periodo all’azienda e al lavoratore che viene assunto. Magari sgravando le imprese dai costi dei Dpi ma anche rendendo recuperabile fiscalmente ogni investimento in tema di sicurezza collettiva e individuale.

Naturalmente bisogna fare uscire dalla logica del solo profitto l’impresa che ormai come una cantilena a ogni perdita chiede un bonus o un ristoro. Ma è il libero mercato capitalista che fine ha fatto?

Certo servirebbe anche uscire da un dibattito fuorviante che oggi si dedica molto allo smart working, alla riduzione d’orario quando invece abbiamo un problema salariale forte considerando anche i livelli d’inflazione raggiunti e non ci dedichiamo alla vera questione che è la precarietà dell’occupazione.

L’occupazione a febbraio aumenta dell’0,4% (81mila addetti) ma calano i dipendenti permanenti. Nel calcolo dell’aumento dell’occupazione si tiene conto persino di chi ha svolto anche una sola ora di lavoro nel periodo. Quindi in realtà non aumenta l’occupazione ma la precarietà e l’instabilità dell’occupazione. Il ministro Orlando, nei giorni scorsi a Torino, ha ribadito l’urgenza del problema rispetto alle varie tipologie contrattuali che generano più precarietà e su cui va messo mano riconfermando la priorità del contratto di apprendistato.

Faccio il sindacalista da quando avevo i calzoni corti e già allora si parlava dell’importanza dell’apprendistato: ho l’impressione che le imprese preferiscano ben altre forme contrattuali e soprattutto usino strumentalmente percorsi di inserimento al lavoro come tirocini e stage. Occorre che il ministro vincoli l’uso di alcune tipologie contrattuali a un percorso di inserimento definitivo al lavoro penalizzando fortemente e economicamente l’uso distorto delle forme contrattuali.

Su questo Primo Maggio certamente il tema della pace incombe, è attuale, prefigura scenari cupi e incerti, deprime e mette ansia nelle persone ma l’incertezza del futuro dei nostri figli (e dei padri e madri) sta nella stabilità dell’occupazione, in un lavoro sicuro sia dal punto di vista della sicurezza, sia della prospettiva di investire nel proprio futuro costruendo una famiglia. Ecco di fronte alle “nostre stragi quotidiane”, all’incertezza del lavoro e del futuro al tema della pace, in questo Primo Maggio ci metterei anche: sicurezza e lavoro.

print_icon