Uno sguardo di umanità

È passata la mezzanotte da circa un’ora e un’autovettura transita in via Maria Vittoria, Torino, fermandosi improvvisamente all’altezza di piazza San Carlo. Il conducente ha notato qualcosa di anomalo, messa la retromarcia torna indietro di pochi metri e vede un uomo steso a terra. La scena lo fa rabbrividire: vicino al corpo esanime c’è una carrozzella per invalidi, e sul porfido, sotto la sua testa, si è formata una piccola pozza di sangue.

L’automobilista chiama immediatamente i Vigili, che arrivano dopo pochi minuti. I civich parlano con l’uomo riverso a terra, che geme, e decidono di ricorrere a un’ambulanza.

Il centro della città dopo il tramonto si anima di accampamenti improvvisati, e alcuni di questi non vengono rimossi neppure di giorno. Il mendicante su carrozzella si è creato un giaciglio approfittando di un angolo riparato dei portici. Di giorno dorme e chiede l’elemosina, intercettando soprattutto i giovani, mentre di notte la sua esistenza diventa più difficile.

Poco più avanti sulla piazza, un adulto ha sistemato la sua postazione fissa, completa di materasso, scope, ripiano per i suoi poveri oggetti e ombrelli aperti a protezione del caldo o della pioggia. Da molti anni chiede soldi ai passanti, rimarcando che è laureato e che improvvisamente ha perso lavoro e casa. Regolarmente, quando le cose che accumula raddoppiano, viene fatto allontanare (specie in prossimità dei grandi eventi ospitati in piazza San Carlo) ma trascorsa qualche settimana torna, comparendo dal nulla.

Via Roma, invece, ospita ogni sera intere comunità di cittadini provenienti dai Paesi dell’Est. Cenano, si organizzano per la notte e si scambiano i loro cani di piccola taglia, sotto gli occhi vigili del capo famiglia. Le zone di via Viotti, dell’ex palazzo Rai, di via Cernaia e di corso Vittorio sembrano invece destinate a chi è meno pratico ad organizzarsi e forse a coloro a cui si può adattare meglio la definizione di “senza tetto”.

Tra tanti truffatori dell’elemosina, ossia gruppi organizzati che della carità fanno il loro settore d’affari, vi sono i clochard “veri”: coloro che si sono ritrovati di colpo senza un luogo in cui vivere, oppure chi ha perso un affetto e non è riuscito più a riprendersi. Considerevole è anche il numero delle persone che vivono un disagio psichico e sono abbandonate in strada a se stesse.

Viene in mente l’esempio di P.M. (omettiamo il suo nome per garantirne almeno la privacy) che senza mai perdere la sua essenziale eleganza, e neppure la sua dignità di persona colta, cammina con lo sguardo verso terra e le mani dietro la schiena, dando l’impressione di scrutare ogni tratto di pavé delle strade della vecchia Torino. Un ragazzo vittima di un lutto, che lo ha messo nelle mani della depressione prima, e della disperazione poi.

Passeggiare per il centro porta alla mente i personaggi descritti nel romanzo “I Miserabili” da Victor Hugò. Le rare volte in cui sotto la giunta Appendino venivano tolti alcuni giacigli diurni, i media locali descrivano tali scelte come atti di crudeltà pura. Invece, quando le rimozioni sono state fatte a beneficio della vetrina dell’evento internazionale Eurovision, e con un altro esecutivo in Sala Rossa, nessuno ha proferito verbo: la dimostrazione di come anche l’indigenza possa essere al centro delle campagne elettorali, raramente di grandi riforme sociali.

Torino purtroppo offre un’immagine di sé molto triste, poiché mette in mostra senza vergogna l’abbandono, la solitudine, l’assenza delle istituzioni. Quello che osservano i cittadini, e i turisti, è un insieme di situazioni che narrano di una società non attenta verso i più deboli, insensibile verso chi vive il disagio più grave. Da una parte la piccola, ma redditizia, truffa organizzata da chi al mattino viene fatto scendere dai pulmini con lo scopo di chiedere soldi, dall’altra molte situazioni desolanti, penose, tra cui quella di una persona apparentemente non autosufficiente che viene abbandonata sotto i portici, lasciata a languire mentre si inventa il modo di procacciarsi un po’ di moneta.

Gli stessi accampamenti raffigurano la resa del welfare, il quale non è più in grado di dare accoglienza, se non in dormitori del tipo ottocentesco, e neppure dignità a chi davvero ha perso tutto. Infine, materassi e postazioni stabili, sempre tendenti ad allargarsi, dimostrano anche una concezione istituzionale pilatesca su quanto accade su piazze e vie della città.

Insomma, chi ha in mente il modello statunitense di società dovrebbe essere felice di averlo quasi raggiunto: possidenti in collina, e nelle metropoli cittadini che guardano in cagnesco la miseria, che non fermano il proprio cammino quando incrociano chi magari non pretende soldi, e neppure vuole truffarli, ma chiede solamente uno sguardo di umana comprensione.

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