Auto e rifiuti, così Torino diventa "forza motrice"

Torino forza motrice. Se mettiamo insieme la prospettiva di Torino con la ricerca di nuovi combustibili non fossili, l’economia circolare del recupero/riciclo del rifiuto, la ricerca e sviluppo di motori endotermici a idrogeno o biogas, la mobilità elettrica questo può diventare lo slogan della Torino futura. Purtroppo possiamo anche abbinare, Torino forza motrice, agli eventi negativi come la crisi energetica, alimentare, la trasformazione dell’automotive con i limiti troppo stretti del 2035 per passare all’elettrico. Ma se frulliamo le negatività con la prospettiva ecco che si possono prospettare idee e spazi nuovi su cui lavorare e piste da seguire.

La precarietà del lavoro, i lavori poco qualificati e gli imprenditori che offrono contratti pirata (con il favore di sindacati autonomi che firmano contratti nazionali al ribasso) si possono battere adeguando l’esistente e inventando il futuro. La “forza motrice” Torino può trovarla nello sviluppare i nuovi combustibili per autotrazione automobilistica, industriale e agricola. Partiamo da chi studia e progetta nuovi motori da Punch a Stellantis, da Iveco a Cnhi. Li abbiamo a Torino e occorre uno sforzo collettivo per radicarli e ampliare la loro presenza anche se è “solo” in alcuni casi limitata alla ricerca, sviluppo e progettazione. Ma questo significa avere testa e cuore nel nostro territorio e anche lavoro qualificato che va supportato dal sistema scolastico e da imprenditori che la smettano di lamentarsi che manca la formazione. La formazione devono farla le imprese, la scuola ti dà un indirizzo generale ma non potrà mai essere lo specifico che ricerca un’azienda.

La “forza motrice” si realizza con il Chilometro Blu di Collegno, un progetto che vuole mettere insieme la ricerca e lo sviluppo di progetti per la trasformazione e il recupero dell’immondizia, nelle sue varie scomposizioni date già dalla raccolta differenziata. Il “rifiuto” è la risorsa del futuro, dargli una nuova vita vuol dire lavorare per salvare il pianeta: dall’utilizzo nel campo del riscaldamento abitativo, alla realizzazione di nuovi materiali fino al riciclo, sono tantissimi i modi per ridurre i cumuli di rifiuti e dar loro nuova vita, creando posti di lavoro.

Forse un po’ meno l’area metropolitana ma il Piemonte è un grande produttore di scarti di lavorazione animale e produttore di deiezioni animali; tutto materiale che si abbina alla filiera della ricerca e creazione di combustibili a biogas e biomassa utilizzabili sia sui mezzi agricoli come carburante sia per alimentare impianti industriali e abitativi.

Bisogna fare filiera, occorre unire i progetti non facendoli camminare da soli ma ricercando i punti di integrazione, perché sicuramente occorrono anche grandi capitali oltre alle idee. Altro che il giocattolino del Manufacturing Center o la ristrutturazione di un edificio in corso Marche chiamato Polo Aerospaziale. Bisogna andare oltre gli attuali soggetti pensatori (?) che si baloccano di qualche finanziamento a cerchio ristretto e puntare invece a idee nuove e anche a pensatoi nuovi. Innovare il sistema dirigente è il primo passo e esempi di idee e progetti nascono più nelle periferie metropolitane che nel centro cittadino.

Così come bisogna evitare di cadere nelle illusioni fanciullesche di alcune idee sindacali basate sul recupero delle auto elettriche. Facciamo due conti: ma se la gigafactory di Termoli parte nel 2024 e va a regime nel 2030; se all’elettrico si passerà dal 2035 e speriamo che il governo italiano insieme a molti altri posticipi tale data, quando sarà operativa una fabbrica di smantellamento e recupero dei materiali delle auto elettriche a Mirafiori? Calcolando una vita media di un’auto elettrica di otto anni quando sarà operativa questa parte industriale di Mirafiori? Quanti occupati potrà reimpiegare di Mirafiori? Sapendo che a Termoli la gigafactory avrà a regime, nel 2030, duemila occupati. E quanta cassa integrazione dovranno fare i lavoratori di Mirafiori prima di smantellare un’auto elettrica? Tanta, molta ma molta di più di quella che hanno fatto sinora e di cui venivamo accusati noi sindacalisti firmatari dell’accordo di Mirafiori del 2011.

Consideriamo anche che puntare tutto sull’elettrico è una “follia industriale” che pagheremo e mi auguro che davvero il Governo italiano si batta nel Consiglio europeo per allontanare la data del 2035 e lavori a tutto campo sulle varie forme di alimentazione senza dimenticare l’idrogeno.

Perché se andiamo dietro alle illusorie prospettive di costruire una grande fabbrica dequalificata in cui si smontano e recuperano pezzi di auto o se ci affidiamo a chi vuole progetti con finanziamenti “ai soliti” Torino rimarrà con le luci abbassate e la forza motrice spenta.

In questo scenario il sindaco di Torino non deve solo occuparsi dei problemi sociali delle periferie urbane ma deve investire e portare Torino dentro quel movimento di idee e progetti che nascono dalle periferie industriali e cittadine che passano da Chilometro Blu a Collegno alla Città delle Scienze e dell’Ambiente di Grugliasco.

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