VARIANTE SANITARIA

"Isole Covid" in tutti i reparti.
Ecco il piano B del Piemonte

Isolare i positivi ricoverati per altre patologie senza tornare al sistema usato per due anni. Livigni (Dirmei):" Cure migliori e non si grava eccessivamente sul personale". Un modello diverso da quello indicato dal ministero. Virus e caldo, doppia emergenza per gli anziani

Aree di isolamento, da una a più camere, all’interno dei reparti specialistici dove sistemare pazienti positivi, ma che vengono ricoverati per altre patologie rispetto al Covid. È questa la strada su cui pare orientata a muoversi la sanità piemontese, rispondendo con una certa autonomia e differenza anche rispetto alle indicazioni arrivate ieri con la circolare firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza.

Nella comunicazione inviata a tutte le Regioni Rezza scrive che “alla luce dell’attuale andamento epidemico e in considerazione degli ulteriori impatti assistenziali sul livello ospedaliero potenzialmente correlati alla maggiore diffusione del virus Sars-Cov-2, si ritiene importante raccomandare alle Regioni l’attivazione delle misure organizzative atte a fronteggiare nelle prossime settimane un incremento della domanda di assistenza sanitaria legata all’infezione, sia a livello ospedaliero che territoriale, garantendo l’adeguato ampliamento dei posti letto di area medica e di terapia intensiva dedicati al Covid, da modulare – prosegue la circolare – in base alle necessità contingenti, e la corretta e tempestiva presa in carico dei pazienti affetti da malattia da Sars-Cov-2 in relazione alle specifiche necessità assistenziali, con particolare riferimento alle categorie più fragili”.

È il primo allarme del ministero dopo il lungo periodo trascorso dall’ultima ondata e in assoluto il primo in estate. Già, perché contrariamente ai due anni precedenti quando all’innalzamento della temperatura era corrisposto un fortissimo calo dei contagi, la variante attualmente in circolazione non subisce affatto l’effetto del caldo, come dimostra il costante e notevole aumento di casi, sia pure con effetti clinici decisamente meno gravi rispetto al passato. E questa concomitanza di fattori – la fortissima diffusività del virus e le temperature tropicali – aumentano i rischi per le persone fragili come gli anziani, ma non solo. 

Tanto che nei prossimi giorni è prevista una riunione del Dirmei, il dipartimento che di fatto ha assorbito le funzioni della disciolta unità di crisi, proprio su questa duplice emergenza. Prima ancora, il Dirmei sta affrontando la questione dell’impatto sulla rete ospedaliera, ma anche sul territorio della quantità sempre più alta di contagi, considerando anche che sta crescendo pure il numero di chi accertata la positività con un tampone fai da te, o di fronte a sintomi si guarda dal segnalare la sua condizione clinica. Si stima, infatti, che la cifra dei positivi sia circa il doppio rispetto a quella ufficiale.    

Nelle tabelle del ministero il Piemonte è in quella che comprende le regioni considerate a rischio moderato e non le otto per cui il rischio è definito alto e questo è un elemento che se non deve far dormire sugli allori chi deve prevedere le misure necessarie in vista dell’annunciato picco entro la fine di luglio, certo consente qualche margine di manovra in più. 

Ancora prima di ricevere l’alert dal ministero, al Dirmei si era incominciato a ragionare su come organizzare il sistema ospedaliero in maniera tale da garantire il più possibile lo svolgimento dell’attività ordinaria (con sempre il gravame del recupero delle liste d’attesa) e nel contempo far fronte all’aumento di ricoveri e a un suo non improbabile innalzamento. L’ultima riunione sul tema, è di ieri mattina. “Stiamo valutando strategie diverse” spiega Sergio Livigni, responsabile della rete ospedaliera in seno al dipartimento. “L’ipotesi è quella di attuare degli isolamenti all’interno dei reparti, riservando i reparti Covid solo ai pazienti più fragili, oppure con patologia correlata al virus”. La scelta che dovrà essere sottoposta ai vertici regionali per la necessari autorizzazione, ha dalla sua più di un aspetto potenzialmente positivo. “Intanto riteniamo che i pazienti siano seguiti e curati meglio nei reparti dedicati alla patologia per cui arrivano in ospedale, rispetto ai reparti Covid dove – osserva Livigni – gli specialisti operano solo in consulenza”. 

Al Dirmei non nascondono che ci si attendeva un’indicazione in tal senso dal ministero, che però non è arrivata neppure dalla circolare di ieri. “Come accaduto in passato con il virus H1N1, a un certo punto è giusto fare isolamenti, ma visto che dobbiamo convivere con questo virus non possiamo non curare adeguatamente i pazienti. Creare tutti reparti Covid, anche considerando le risorse di personale medico e infermieristico, non permette di dare la giusta risposta ai pazienti”, spiega ancora il dirigente del Dirmei. “Laddove le strutture lo consentano, credo che quella cui stiamo lavorando, sia la soluzione ottimale”. Un altro intervento dovrebbe riguardare la riattivazione delle Rsa-Covid, ovvero quello strutture in grado di ospitare e assistere anziani in cui la patologia prodotta dal virus non è così grave da richiedere il ricovero e che, invece, oggi nella gran parte dei casi finiscono proprio in ospedale. 

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