Cittadini in bolletta

Un lavoratore su tre percepisce un salario minore del reddito di cittadinanza, e il 30% dei dipendenti non raggiunge il compenso lordo di 9 euro all’ora. Qualche milione di cittadini, invece, vive con un’entrata che è appena il minimo sufficiente per non ritrovarsi al di sotto della soglia di sopravvivenza.

Non vanno meglio le sorti dei pensionati, poiché il 40% ha diritto ad un assegno mensile inferiore ai 1.000 euro. Cifre davvero ridicole, che diventano penose se rapportate con il caro vita attuale, reso ancor più gravoso dal balzo in avanti dell’inflazione e dall’aumento insostenibile delle bollette.

Per tanti lavoratori si pone quotidianamente il dilemma in merito alle priorità di spesa nel bilancio familiare: pagare la luce o acquistare i libri scolastici per i propri figli; saldare il debito maturato per il riscaldamento condominiale oppure fare la spesa.

La terapia iperliberista, a cui è sottoposta da tempo l’Italia, sta elargendo i suoi terribili frutti alla società, in modo particolare ai settori maggiormente fragili, ma nonostante questo la Politica si dimostra determinata nel perseguire il percorso di privatizzazione dello Stato, nel permettere l’esistenza di salari da fame, ma soprattutto nel consolidare il disumano modello neoliberista avviato negli anni ’80 (avverso alla tutela dello stato sociale).

Con grande soddisfazione, possiamo finalmente mettere il nostro Paese al pari di nazioni come il Regno Unito o gli Usa. Sono stati necessari circa trent’anni di preparazione, ma grazie a Draghi ci siamo allineati con le politiche della Thatcher e di Reagan. La stretta esercitata sull’economia social-liberale ha lasciato infine campo aperto allo sfruttamento senza limiti di risorse naturali e di persone.

La scelta di abbracciare acriticamente il modello economico della Scuola di Chicago, imperniato sul principio del laissez-faire, ha comportato ricadute devastanti sui cittadini, eppure nessun partito pare volerla mettere in dubbio. Ad esempio, la devastazione della scuola, compiuta nel nome della lotta alla disoccupazione, non ha minimamente inciso sul mercato del lavoro e tantomeno sulla qualità del primo impiego post laurea o diploma. In compenso il sistema educativo è stato fatto a pezzi, insieme a quello culturale. I privati, che grazie alla miope riforma Ruberti investono nelle università con la massima autonomia, non riconoscono utilità alcuna alle materie umanistiche, privilegiando quelle tecniche dove non c’è spazio per la Filosofia e neppure per la Storia.

Nello stesso modo ha funzionato la collocazione sul mercato delle fonti energetiche. Il paradosso conseguente è quasi comico di fronte a un’Europa che si straccia le vesti per i possibili tagli di fornitura del gas russo, ma lascia che il prezzo di quella materia prima venga determinato esclusivamente dai giochi di borsa.

I leader del Vecchio Continente, convinti che si potesse insultare pesantemente un governo estero e fornire armi ai suoi nemici senza che nessuno dall’altra parte battesse ciglio, non interverranno con misure coercitive di calmieramento del costo delle bollette, ma permetteranno a ricchi e non tassati speculatori di mettere in mora tante famiglie.

Identico discorso per l’energia elettrica, che grazie ai giochi di borsa ha raggiunto ormai il costo di 26 centesimi al kwh, contro i 6 centesimi di poco tempo fa. La sua distribuzione in case e aziende è gestita da una miriade di società, le quali a loro volta esternalizzano i servizi destinati alla clientela.

Il Pubblico sovente ha ceduto propri settori essenziali a persone senza alcuno scrupolo. Una famiglia torinese, una delle tante, qualche mese fa ha riscontrato un errore di conteggio del consumo a favore del fornitore di elettricità. Il titolare del contratto ha deciso quindi di presentare un documentato reclamo, da cui sono derivate due bollette: una contenente un addebito oramai prescritto, e la seconda basata su voci incomprensibili a chiunque. Sono seguiti quindi altri due reclami da parte del cliente, a cui non è stata data risposta ad esclusione della lettera raccomandata di messa in mora e sospensione del servizio. L’ottantenne, reo di aver voluto regolarizzare il suo conto economico, si è quindi affidato, con altre lettere e telefonate, ai numeri verdi aziendali. Malgrado l’impegno il suo problema non è stato preso in carico dall’azienda. In compenso, ha scoperto che il settore crediti non comunica con quello reclami e ambedue non si coordinano con il servizio clienti. La storia finisce con la famiglia al buio, pur essendo da sempre in regola con i pagamenti.

Le nuove privatizzazioni che si affacciano all’orizzonte segneranno la fine assoluta del ruolo del Pubblico, e l’avvio di un nuovo grande potere: quello di chi controllerà la sanità privata e l’erogazione dei servizi essenziali. Non rimane che goderci lo stato attuale delle cose, compresi gli stabilimenti balneari “esclusivi” aperti su spiagge demaniali (quindi di tutti), prendendo atto di come la politica abbia spesso giocato con la nostra dabbenaggine per riempire i portafogli di pochi.

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