PALAZZI ROMANI

Governo, crisi con "fiducia". Ora si va ai supplementari  

Dopo il mancato voto al Senato dei grillini si fa strada l’ipotesi di una verifica di maggioranza in cui il M5s confermerebbe il suo appoggio a Draghi. A confermarlo è la capogruppo Castellone. Insomma, siamo alla farsa di Peppiniello Appulo e dei suoi scappati di casa

Il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia al Dl Aiuti con 172 sì e 39 no. Immediatamente dopo il voto, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha lasciato Palazzo Chigi diretto al Quirinale, dove ha incontrato Mattarella per circa un’ora (poi è rientrato a Palazzo Chigi). Il Consiglio dei Ministri originariamente previsto alle 15,30 è stato annullato. Ma cosa può succedere ora? Per dirla col ministro leghista Giancarlo Giorgetti “ci sono ancora i supplementari”, tesi che sembra in parte correggere la rotta di Matteo Salvini, che almeno a parole ieri aveva parlato di un ritorno alle urne se i Cinquestelle non avessero votato la fiducia a Palazzo Madama.

A ufficializzare (e spiegare) la decisione dei pentastellati di uscire dall’aula durante la votazione sul Dl Aiuti è stata la capogruppo M5s al Senato Mariolina Castellone: “Non partecipiamo al voto su questo provvedimento. Non ne condividiamo né parte del merito né il metodo”. Durante il suo discorso, Castellone ha rivendicato gli obiettivi raggiunti grazie al Movimento 5 Stelle e lamentato che i provvedimenti pentastellati sono stati sottoposti a un processo di smantellamento. L’intervento della senatrice è stato seguito da urla e applausi.

I 61 senatori del Movimento 5 stelle, pur perdendo un altro pezzo, la senatrice Cinzia Leone che passa con Di Maio, si presentano compatti e senza defezioni all'appuntamento e, come preannunciato, non partecipano al voto (15 risultano in missione o in congedo, tra cui il ministro Stefano Patuanelli che riesce nell’impresa di non votare la fiducia “a se stesso”, e 46 gli assenti ingiustificati).

Giuseppe Conte, uscendo dalla sua abitazione dopo la votazione, ha dichiarato: “Se si crea una forzatura e un ricatto per cui norme contro la transizione ecologica entrano in un dl che non c’entra nulla, noi per nessuna ragione al mondo daremo i voti. Se qualcuno ha operato una forzatura si assuma la responsabilità”. Ancora Conte: “Non chiediamo posti, nomine, nulla, ma chiediamo ovviamente di rispettare un programma definito all’inizio: transizione ecologica e urgenza della questione sociale che ora è esplosa. O ci sono risposte vere, strutturali e importanti opporre nessuno può avere i nostri voti”.

Tecnicamente il gesto dei senatori del Movimento 5 Stelle non significa una bocciatura del provvedimento. Il Dl Aiuti, infatti, è passato ugualmente. Rimane, però, lo “strappo” politico. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, non a caso, si è diretto al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Secondo indiscrezioni sarebbero, almeno per il momento, scongiurate le dimissioni del premier. Nel colloquio infatti non sarebbe stata presa alcuna decisione.

A questo punto tutto può accadere anche se a indicare una via d’uscita è proprio la Castellone che, riposta nello zainetto la pira veste i panni del pompiere: “C’è tutta la nostra disponibilità a dare la fiducia al governo” in una eventuale verifica “a meno che Draghi non dica che vuole smantellare il reddito cittadinanza o demolire pezzo per pezzo ogni nostra singola misura, dal decreto dignità al cashback”. “Noi abbiamo sempre avuto un atteggiamento costruttivo ma non permettiamo che si smantellino nostre misure”. E la tragedia volge in farsa.

Intanto, secondo quanto riportato da Repubblica, che ha citato una fonte autorevole del M5s rimasta anonima, Massimo D’Alema avrebbe sondato il terreno con M5s e Lega per verificare il loro eventuale sostegno a un nuovo governo guidato da Giuliano Amato, in veste di “traghettatore” fino alle elezioni. La sempiterna “opzione Amato” che spunta ogni volta che il Paese finisce nel pantano. D’Alema, tuttavia, ha smentito questo retroscena.

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