ECONOMIA DOMESTICA

Agricoltura a secco d'acqua e di soldi.
Rischia la chiusura un'azienda su tre

Costi di produzione e dell'energia alle stelle, siccità, danni da parte degli animali selvatici, speculazioni e due anni di pandemia. Un bollettino di crisi nera quello stilato oggi dalla Coldiretti al presidente della Regione Piemonte Cirio

Già a rischio chiusura un’impresa agricola piemontese su tre delle 90 mila a causa dei costi di produzione e dell’energia alle stelle, della siccità, dei danni da selvatici, delle speculazioni lungo le filiere e, non da ultimo, dei due anni di pandemia. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Piemonte che, nell’ambito del consiglio regionale della Federazione, ha incontrato oggi il governatore Alberto Cirio. Presenti, oltre al presidente regionale Roberto Moncalvo e al delegato confederale, Bruno Rivarossa con i direttori provinciali, i presidenti delle federazioni provinciali.

Fil rouge degli interventi che si sono susseguiti, oltre ai rincari, alle pratiche sleali declinate nelle varie filiere produttive dove si lavora sotto i costi di produzione, in particolare in quella frutticola, lattiero-casearia e zootecnica da carne, è stato il tema della siccità, i cui danni, visto il protrarsi della crisi idrica, stanno crescendo a dismisura e sono saliti ad oltre 1 miliardo e mezzo in Piemonte, poiché, trasversalmente, tocca tutti i comparti causando una diminuzione dei raccolti fino al 50% del mais, al 30% del grano, dal 30 al 100% del riso, in particolare nella zona di Novara dove la mancanza d’acqua è pressoché totale, e dei foraggi per il bestiame. Provoca, inoltre, un calo del 20-30% della produzione di latte, tipico durante l’estate ma non di questa entità.

Altro tema di confronto, la diffusione del coleottero giapponese, la Popilia Japonica, in grado di compiere danni immensi a tutte le specie vegetali, dai prati alle piante ornamentali, dagli alberi da frutto ai vigneti, alle colture orticole di pieno campo, per cui Coldiretti ha già chiesto alla Regione un impegno ancora più serrato per evitare di perdere i raccolti. I rischi maggiori li corrono il mais, il pesco, il melo, la vite, il nocciolo e la soia.

“Per la regione, dove l’allevamento, in particolare della  razza piemontese, riveste un ruolo economico di grande rilevanza, è urgente, oltre agli 80 milioni di euro stanziati dal Governo per le filiere zootecniche in crisi, integrare il fondo per consentire un concreto rilancio del comparto ed evitare la chiusura delle stalle, di un sistema, cioè, fatto di animali, di prati per il foraggio, di carne di grande qualità e di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento ed il degrado – hanno evidenziato Moncalvo e Rivarossa – così come è prioritario ristorare i danni provocati dalla siccità, ottenere lo stato di calamità per il Piemonte che consentirebbe almeno lo sgravio alle imprese dei contributi nell’immediato e accelerare sulla realizzazione di un piano per i bacini di accumulo dell’acqua, poiché solo in questo modo riusciremo a garantirci stabilmente in futuro le riserve idriche necessarie, senza dover agire sempre e solo in emergenza”.

Infine l’emergenza causata dalla peste suina per la quale l’organizzazione agricola ha chiesto di incrementare gli abbattimenti di cinghiali, ricordando che ad oggi “sono già stati persi circa 80 mila ettari che, se fossero tutti coltivati a frumento tenero, corrisponderebbero a 600 milioni di kg di pane non prodotto. In un momento – concludono gli esponenti di Coldiretti – così critico in cui la guerra ucraina sta facendo emergere la necessità di essere sempre più autosufficienti per la produzione di risorse alimentari, è prioritario generare contratti di filiera per poter garantire prezzi equi alle imprese, che non scendano mai sotto i costi di produzione tutelando sempre la biodiversità”.

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