AL VOTO

Tutti in campo (stretto)

Con la fine del governo Draghi va in soffitta anche l'alleanza tra Pd e Movimento 5 stelle. Da Torino, dove gli amorosi sensi non sono mai sbocciati, Lo Russo e Sganga ribadiscono le loro differenze, trovandosi d'accordo sulla separazione dei rispettivi destini elettorali

Nel giorno in cui Mario Draghi rassegna le dimissioni al Colle e s’avvia una campagna elettorale sui generis, i partiti già sono concentrati su strategie e alleanze. L'ultima volta che si votò in autunno fu 103 anni fa, nel 2019, non esattamente un buon presagio per il nostro paese. Uno dei primi effetti sul terreno politico della fine del governo Draghi è l’archiviazione definitiva del capo largo, l’alleanza tra Pd e Movimento 5 stelle. “Ora pensiamo a noi” ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta, dopo aver puntato il dito su quelle forze politiche responsabili della fine dell’esecutivo. Di fatto, a Palazzo Madama, ieri, si è ricostituita l’alleanza giallo-verde, pur tra mille rimpalli di responsabilità Lega e M5s (non) hanno votato allo stesso modo. Per dirla con l’ex capogruppo dem della stagione renziana Andrea Marcucci “il leader dei Cinquestelle ha preso un’altra strada, inconciliabile con la nostra”.

Da Torino, il primo cittadino Stefano Lo Russo, ispiratore assieme al collega fiorentino Dario Nardella dell’appello a Draghi che ha ottenuto il sostegno di duemila sindaci parla di “una pagina veramente nera della nostra Repubblica. Ieri la fiducia è stata negata all’Italia, non al presidente Draghi”. “Vergognoso – aggiunge – l’atteggiamento dei partiti che hanno tolto la fiducia al premier in un momento come questo e anche poco rispettoso del coraggio che in politica serve, perché se non si è d’accordo si vota contro, non si gioca facendo mancare il numero legale o astenendosi. La fiducia o c’è o non c’è e ieri lo spettacolo è stato davvero indegno”. Lo Russo, che si è sempre definito un “draghiano convinto”, per l’approccio pragmatico ai problemi dell’ex banchiere, è stato anche colui che per primo, lo scorso autunno, aveva rifiutato l’accordo con il M5s e oggi osserva con certa soddisfazione la fine del velleitario progetto di campo largo vaneggiato per oltre un anno dal responsabile Enti locali del Nazareno Francesco Boccia. Oggi più di ieri considera i Cinquestelle “compagni di strada totalmente inaffidabili”.

Una posizione che, ieri come oggi, lo unisce a Valentina Sganga, candidata sindaca per i pentastellati, finita ai margini della competizione elettorale dopo i cinque anni di Chiara Appendino. “Un campo stretto e coerente è decisamente preferibile a uno largo e inconcludente” afferma l’esponente grillina. “Oggi – prosegue, ricordando che un anno fa oggi si svolsero le primarie M5s per il candidato sindaco – il quadro politico nazionale pone al mio Movimento una scelta di percorso che noi, qui, maturammo già allora: quella, tardiva, di posizionarci, con i Verdi, alla sinistra di un Partito democratico che guarda alle istanze elitarie dei Renzi e dei Calenda più che ai milioni di italiani in povertà, quelli che a votare comprensibilmente non ci vanno più. E che, al tempo, qui a Torino fece la medesima scelta, accompagnarsi alle forze moderate e confermarsi nella rappresentanza della classe medio-alta”. Ora non resta che spiegare a Sganga che il suo Movimento, posizionato “alla sinistra del Pd”, stando alle sue parole, ieri ha negato la fiducia a Draghi, esattamente come Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.

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