SANITÀ

Mancano 400 medici di base e il bando corsi ancora non c'è

In Piemonte i "dottori della mutua" sono 2880 rispetto ai 3300 di cinque anni fa. Approvato il fabbisogno nazionale ma l'avvio del triennio di formazione è in enorme ritardo. Barillà (Smi): "Aumentare le borse di studio". Icardi contesta i dati Agenas

Mancano migliaia di medici di famiglia in tutto il Paese, solo in Piemonte si stima che ne servano non meno di 400 in più rispetto agli attuali 2880, che cinque anni fa erano 3.300. Eppure, a fronte di questa pesante carenza i cui effetti si sono manifestati in tutta la loro gravità negli oltre due anni di pandemia, il bando per la formazione triennale dei futuri medici di medicina generale previsto per lo scorso febbraio si aspetta ancora.

Appena dell’altro ieri l’approvazione in commissione Salute della Conferenza delle Regioni del fabbisogno di medici di famiglia da formare nei prossimi tre anni, a partire da quello in corso. Ma questo è solo un primo, pur importante, passo lungo una strada imboccata in ritardo a dispetto di una vera e propria emergenza destinata ad acuirsi con il turn over, con sempre più professionisti che decidono di lasciare il loro lavoro sul territorio e con alle viste le case e gli ospedali di comunità previsti dal Pnrr che richiederanno ulteriori medici di medicina generale.

L’iter è ancora lungo: approvato il fabbisogno, tocca al ministero della Salute formulare la proposta di riparto della disponibilità finanziaria per la copertura complessiva delle spese tra le Regioni, che verrà a sua volta adottata dalla Conferenza Stato Regioni. Solo a quel punto, le Regioni potranno bandire i singoli concorsi per l'ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale. Finito? No, perché una volta pubblicati tutti i bandi regionali, la palla tornerà al ministero per la pubblicazione dell’avviso nazionale con la data del concorso.

Al netto della trafila all’insegna della più incomprensibile e inossidabile burocrazia, al ritardo si somma la pressante necessità di rafforzare la medicina del territorio, passando dalla più volte ripetuta enunciazione ai fatti. Per questa ragione dai sindacati dei camici bianchi non solo si preme per velocizzare l’indizione dei bandi, ma si pone l’accento sulla necessità di aumentare il numero dei neolaureati da avviare a quella che formalmente non è una specializzazione, ma una formazione e per questo affidata a un percorso che, al contrario di quanto avviene per tutte le altre specialità, non è assegnata alle Università, ma a un percorso che contempla affiancamenti, pratica in ospedale e altre attività in capo alle Regioni e agli Ordini dei medici.

“In Piemonte c’è una quota di circa 150 medici formati ogni anno, che a fronte delle necessità che ormai sono note da tempo, risulta decisamente insufficiente”, osserva Antonio Barillà, segretario regionale del sindacato Smi, “bisognerebbe formare almeno 400 medici ogni anno per i prossimi quattro anni. Una soluzione per avvicinarsi a questa quota o perlomeno aumentare un po’ i parametri fissati a livello nazionale potrebbe essere quella, già adottata dal Piemonte per alcune specialità, di finanziare le borse di studio con fondi propri”. 

Nell’attesa di conoscere quanti saranno i posti per formare i futuri medici di famiglia, ma senza farsi troppe illusioni, la Regione non chiude affatto la porta all’ipotesi di integrare il numero, “come abbiamo già fatto per una seri di specialità portando le borse di studio da 350 circa a oltre mille”, ricorda l’assessore alla Sanità Luigi Icardi il quale, però, sottolinea come “l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali sostiene, a mio avviso erroneamente alla luce di una situazione eclatante, che in base al nuovo contratto l’attuale numero di medici di famiglia è sufficiente. Io so e vedo che mancano”. Insomma, c’è anche questo aspetto, una valutazione come quella di Agenas basata più sulla prospettiva che sulla realtà, a rendere ancora più impervia la strada verso l’annunciato potenziamento della medicina territoriale. 

“Abbiamo già avuto contatti e assicurazioni di attenzione anche dal ministro Roberto Speranza così da consentire l’accesso alla formazione specifica in medicina generale di quasi circa 2.800 nuovi colleghi”, ha riferito Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimg, l’altro sindacato di categoria. Ma da Speranza il Piemonte, così come le altre Regioni, aspetta ancora altro su questo tema: “Il ministro si era impegnato a fare un provvedimento ponte per permettere ai medici in formazione di svolgere già l’attività sul territorio – ricorda Icardi – e colmare almeno in parte la richiesta di nuovi professionisti”. Che poi sarebbe un po’ un ritorno al passato quando il medico di famiglia diventava tale sul campo, senza passare per i tre anni di formazione che a detta di Barillà, uno formatosi alla vecchia scuola, “per quello che oggi danno in termini di esperienza lavorativa e preparazione all’attività professionale non servono a nulla. A questo punto meglio formarsi, come una volta, in trincea”. 

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