Partiti alla canna del gas

In questa campagna elettorale il problema dell’energia è centrale e i partiti propongono varie ricette. Il problema è che alcuni programmi si fermano al problema del costo dell’energia e non si preoccupano del problema di fondo che è quella di averla, possibilmente in abbondanza. In alcuni programmi si parla di energia gratis o di prezzi calmierati, ma a parte il conseguente aumento della spesa pubblica e del debito pubblico, rimane il problema di come sopperire all’eventuale interruzione del gas russo. Se l’energia finisse, le bollette vanno automaticamente a zero e il problema del costo non si porrebbe proprio. Il costo è una parte del problema, l’altro è la disponibilità dell’energia. Forze politiche che sono contrarie a rigassificatori, a nuove trivellazioni, a termovalorizzatori e così via non possono che creare rischi sull’approvvigionamento di energia. Il movimento Cinque Stelle, nonostante l’esperienza di governo, continua con il no a tutto e in passato avrebbe voluto bloccare il Tap in Puglia che per fortuna è stato fatto e ci garantisce un flusso di gas non dipendente dalla Russia.

Per quanto a volte si è tentati di fare di ogni erba un fascio dei politici, i partiti non sono tutti uguali. Certo, le contraddizioni dei vari partiti rendono difficile una scelta. Per esempio, il centrodestra possiede un programma concreto che include perfino il nucleare, ma poi il sindaco di centrodestra di Piombino blocca il rigassificatore galleggiante. Se più di dieci anni fa, non si fosse bloccato il nucleare in questo momento la situazione potrebbe essere migliore. Nucleare che fu bloccato soprattutto per mettere in difficoltà il governo di centrodestra più per motivi ambientali.

L’Italia possiede ancora sette centrali a carbone che dovrebbero essere dismesse a breve o riconvertite e in questa situazione emergenziale il governo Draghi ha deciso che la loro vita produttiva venisse prolungata. Sarebbe interessante conoscere l’intenzione dei vari partiti su queste centrali, considerato che per come si sta configurando la situazione, l’emergenza durerà alcuni anni e sarebbe utile che le sette centrali continuino a funzionare ancora per un bel po’. In campagna elettorale è sicuramente difficile parlare di problemi concreti e dire cose spiacevoli e poco di “moda” come le centrali a carbone, però sarebbe un bagno di trasparenza.

In questa situazione emergenziale bisogna notare che la Germania non ha rigassificatori, al contrario dell’Italia che ne ha tre e purtroppo in passato la costruzione di altri è stata bloccata. La scelta della Germania di legarsi mani e piedi al gas russo è stata una scelta strategica per perseguire una politica egemonica sull’Europa e svincolarsi dalle scelte americane. Scelta che però la pone in uno stato di sudditanza rispetto alla Russia e questo fa capire tutte le titubanze su sanzioni e gas. Forse speravano che essendo un grande cliente potevano avere un certo potere contrattuale, ma l’indipendenza ha un valore ben maggiore.

Un’altra questione riguarda il tetto al prezzo del gas che non si capisce esattamente come possa concretizzarsi. Il primo problema sono i differenti interessi dei paesi europei. L’Olanda con la sua borsa del gas non ha molto interesse a far diminuire le quotazioni come la Norvegia che esporta gas. Si può anche decidere di non pagare il gas oltre un certo prezzo, ma i produttori accetteranno tale prezzo o cercheranno di venderlo ad altre nazioni? Da quanto si intravede, il tetto del prezzo lo si dovrebbe tentare di applicare solo alle importazioni di gas russo. L’intervento che sembra più concreto è il cosiddetto decoupling ovvero sganciare il prezzo dell’elettricità da quello del gas, così l’energia prodotta da altre fonti avrà prezzi più bassi. L’ancoraggio del prezzo dell’elettricità a quella prodotta tramite gas fu scelto per garantire gli investimenti alle società che producevano energia e per inseguire il processo di decarbonizzazione. Il decoupling sembra una soluzione ragionevole e fa capire quanto il mercato dell’energia sia condizionato da scelte politiche e non da meccanismi di mercato. Il liberismo selvaggio continua a non vedersi.

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