SANITÀ

Seimila euro al mese, dopo i medici arrivano gli infermieri a gettone

La cifra record pagata in Veneto allarma i sindacati (e le casse della Regione). Cresce il ricorso alle cooperative con costi altissimi. Delli Carri (Nursing Up): "Presto una situazione analoga anche in Piemonte". Coppolella (Nursind): "Servono provvedimenti urgenti"

Seimila euro al mese. Tanto costa al sistema sanitario del Veneto un infermiere fornito da un’agenzia di lavoro interinale cui si è rivolta l’azienda sanitaria della provincia di Venezia. Un caso limite? Forse. Certamente, se non si troveranno in fretta soluzioni efficaci, questa è la prospettiva che si annuncia anche per altre regioni, come il Piemonte dove già da tempo si pagano medici gettonisti un migliaio di euro per 12 ore di turno, contro uno stipendio medio di un professionista ospedaliero che non arriva a 5mila euro. Dunque dopo i medici a gettone stanno per arrivare anche gli infermieri gestiti da imprese che ormai nascono come i funghi, spesso mascherate da coop, e (mutuando il titolo del celebre film di Francesco Rosi) stanno mettendo le mani sulla sanità. E nelle casse sempre più sguarnite delle regioni. 

“Mentre un infermiere della sanità pubblica prende 1.780 euro netti, ci sono aziende sanitarie che pagano quasi 6mila euro lordi mensili operatori sanitari esterni, provenienti da fuori regione, per coprire il proprio fabbisogno”, denuncia Antonio De Palma, segretario nazionale di Nursing Up, una delle sigle di rappresentanza delle professioni infermieristiche. Il suo omologo piemontese, Claudio Delli Carri, avverte: “Attenzione all’effetto emulativo: arrivare a casi come quello del Veneto, ci vuole nulla. Per le Asl è più semplice rivolgersi, come stanno già facendo per i medici, alle cooperative che non faranno fatica, con quegli stipendi, a trovare personale. Tagliamo pure a metà i 6mila euro lordi, ma significano sempre 3mila euro contro la metà o poco più che guadagna oggi un infermiere della sanità pubblica. Vorrei sbagliarmi, ma non ci vuole molto a prevedere che questo fenomeno si diffonderà velocemente a macchia d’olio”.

La carenza di personale, medico ma non di meno infermieristico, è ormai un’emergenza che si trascina da tempo e si acuisce giorno dopo giorno nel sistema sanitario piemontese. Non ce ne sarebbe bisogno, ma anche i più recenti allarmi che risuonano nelle chat dei sindacati dei camici bianchi confermano ulteriormente questa situazione che ha i suoi picchi più elevati e preoccupanti nei Pronto Soccorso.

“Senza un innalzamento dei tetti di spesa per il personale, sarà inevitabile trovarsi con l’esternalizzazione dei servizi a costi altissimi”, spiega Francesco Coppolella, segretario regionale di Nursind. “È alto il rischio che molti infermieri, che oggi lavorano in condizioni a dir poco difficili e con gli stipendi che sappiamo, decidano di lasciare il servizio pubblico per poi rientrarvi sotto un’altra veste, lavorando meno e guadagnando molto di più”. Un tema quello dei gettonisti evidenziato con allarme anche nella relazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, la cui presidente Lilia Cavallari intervenendo nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha, tra l’altro, evidenziato come “le remunerazioni non sono state adeguate nel tempo, mentre si diffondono forme contrattuali diverse dal lavoro dipendente, mediate da cooperative, con aumenti dei costi e un impatto sfavorevole sull’organizzazione dei servizi”. Insomma, più spese e meno qualità. Peggio di così…

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