La questione morale a sinistra

Ritorna la “questione morale”. Certo, era da tempo che non se ne parlava più. Anche perché quando se ne parla significa che ci troviamo sempre di fronte a qualche scandalo. Ma questa volta c’è una differenza in più rispetto ai momenti in cui la “questione morale” caratterizzava la politica italiana. La differenza, adesso, consiste che la presunta corruzione di cui si parla investe direttamente l’Europa. Cioè segmenti del Parlamento Europeo attraverso il coinvolgimento di alcuni suoi esponenti politici. Ma l’aspetto curioso è che adesso si parla di “questione morale” a sinistra. E questa è una notizia, eccome! Perché era da moltissimo tempo che non si parlava più di “questione morale” a sinistra. E questo per una semplice ragione: il “politicamente corretto” e la vulgata maggioritaria non prevedono che in Italia si parli di “questione morale” in quel campo politico e culturale e, soprattutto, perché si tratta di un tema incompatibile con chi storicamente rivendica la sua “superiorità morale” nei confronti degli avversari politici. Elementi, del resto, noti nella politica italiana e in buona parte del sistema dell’informazione nel nostro Paese.

Ora, però, al di là degli sviluppi della vicenda giudiziaria che ha coinvolto alcuni esponenti dell’area socialista ed ex comunista del nostro paese, è indubbio che si tratta di una situazione che mette in palese e clamorosa difficoltà un campo politico abituato a distribuire pagelle di moralità e di buone maniere a destra e a manca. Del resto, si tratta di una prassi consolidata nella storia democratica del nostro paese e che è iniziata sin dall’immediato secondo dopoguerra coinvolgendo per molti decenni la stessa esperienza politica e di governo della Democrazia Cristiana. Una prassi che poi, e a maggior ragione, è proseguita nella cosiddetta seconda repubblica e che dura tuttora. Però, al netto del profondo cambiamento delle fasi politiche e delle stesse stagioni storiche, è indubbio che la “questione morale” non può più essere – e non avrebbe mai dovuto essere – usata come una clava da parte di qualcuno nei confronti di qualcun altro. E questo per un motivo persin troppo semplice da richiamare: e cioè, la moralità e la rettitudine morale di chi si dedica alla politica –pro tempore o come professione – non sono riconducibili ad alcune culture politiche e, di conseguenza, ad alcuni e ben delimitati partiti. È una prassi, questa, dettata da antiche, e purtroppo radicate motivazioni, che hanno finito per diventare una moda indiscutibile ed infallibile. Una sorta di dogma laico che ha portato la sinistra ad essere ontologicamente immune da qualsiasi deviazione rispetto agli altri attori politici in campo. Ed è proprio sulla base di questo singolare assunto che nel corso degli anni si sono formati governi, stretto alleanze e addirittura costruito progetti politici attorno alla cosiddetta “questione morale” da sbandierare e da ergere come vessillo esclusivo nei confronti di alleati ed avversari.

Ecco perché, di fronte allo scandalo che sta emergendo giorno dopo giorno nelle sedi del potere europeo, cresce contemporaneamente l’imbarazzo della sinistra italiana post ed ex comunista a darne un giudizio compiuto e puntuale. E anche questo per la semplice ragione che quando si ha una concezione esclusivista su chi interpreta e detiene la moralità nell’agone politico è quasi impossibile affrontare poi il tema di una improvvisa “questione morale” nel proprio campo.

Ma, per ritornare alle vicende di queste settimane, credo sia anche giunto il momento – malgrado la difficoltà a rimuovere definitivamente un tabù ormai fortemente radicato nella cultura e nella prassi della sinistra italiana – di mettere laicamente in discussione quel primato. E questo perché la correttezza, la trasparenza, l’onestà e la coerenza tra ciò che si dice in pubblico e ciò che si fa concretamente nell’azione politica non è ascrivibile o riconducibile ad un solo filone ideale, ad una sola cultura, ad un solo partito o area sociale. Perché, alla fine, è sempre il comportamento delle singole persone – leader, amministratori locali, legislatori o militanti che siano non cambia – che fa la differenza. E, al riguardo, è quantomai necessario ricordare ciò che diceva un grande storico cattolico-democratico, Pietro Scoppola, quando ammoniva che un buon politico deve sempre saper conciliare “la cultura del comportamento con la cultura del progetto”. Senza deviazioni moralistiche ma con la consapevolezza che la moralità e la trasparenza dell’azione politica appartiene a tutti. Nessuno escluso.

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