CALCIO & GIUSTIZIA

"Sapeva di commettere un illecito",
ecco perché la Juve è colpevole

Pubblicate le 37 pagine con le motivazioni della sentenza sulla penalizzazione inflitta al club bianconero. "Mole probatoria impressionante". "Intercettazioni inequivoche e interventi di manipolazione di fatture" - DOCUMENTO

«La Juventus ha commesso un illecito disciplinare sportivo, tenuto conto della gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione». Per la Corte d’Appello non vi sono dubbi: nuovi fatti hanno supportato la tesi della Procura a sostegno della riapertura del processo sulle plusvalenze. Ecco quanto si legge nelle motivazioni pubblicate poco fa: «È indiscutibile che il quadro fattuale determinato dalla documentazione trasmessa dalla Procura della Repubblica di Torino alla Procura federale, e da questa riversata a sostegno della revocazione, non era conosciuto dalla Corte federale al momento della decisione revocata e, ove conosciuto, avrebbe determinato per certo una diversa decisione. Esattamente secondo quanto previsto dall’art. 63, comma 1, lett. d), CGS. E si tratta di un quadro fattuale sostenuto da una impressionante mole di documentazione probatoria». La Corte di appello federale della Figc ha ammesso la richiesta della Procura di revocazione del processo plusvalenze per la Juventus, «di fronte ad un quadro dei fatti radicalmente diverso per l’impressionante mole di documenti giunti dalla Procura della Repubblica di Torino che ha evidenziato l’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori». Si giunge quindi a una conclusione categorica: “I bilanci della Fc Juventus S.p.A. (cui Consob si riferisce) semplicemente non sono attendibili”.

Ma perché la Corte d’Appello ha avuto mano così pesante, andando persino oltre le richieste della procura federale, passando dalla penalizzazione di 9 punti ai 15 decretati? «Tenuto allora conto dei precedenti – si spiega – che hanno riguardato alterazioni contabili protratte per più esercizi ovvero di rilevanti dimensioni ed intensità (che in passato hanno portato a penalizzazioni di valore oscillante ma, in taluni casi, anche significative), si ritiene necessario rideterminare la sanzione rispetto alle richieste della Procura federale». Nel merito è stato ritenuto che la società bianconera abbia commesso l’illecito «vista la documentazione proveniente dai dirigenti del club con valenza confessoria e dai relativi manoscritti, le intercettazioni inequivoche e le ulteriori evidenze relative a interventi di nascondimento di documentazione o addirittura manipolatori delle fatture».

Leggi qui le motivazioni

«Dal direttore sportivo di allora (Paratici) – si legge nel documento della Corte d’appello della Figc – all’allora dirigente suo immediato collaboratore (Cherubini). Dal presidente del consiglio di amministrazione (Agnelli) a tutto il consiglio stesso (citato come consapevole dal medesimo Agnelli). Sino ancora all’azionista di riferimento e all’amministratore delegato (Arrivabene) e ancora passando per tutti i principali dirigenti, inclusi quelli aventi competenza finanziaria e legale. In alcuni casi, con una consapevolezza a tutto tondo dell’artificiosità delle operazioni condotte. In altri casi, con una consapevolezza più superficiale o magari persino di buona fede (ci si riferisce anche all’allenatore della squadra), ma comunque in grado di far dire che tutti fossero direttamente o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo».

Le considerazioni dei giudici sportivi sono perentorie: «Ma oggi è esattamente un tale quadro fattuale ad essere radicalmente mutato. Il fatto nuovo che prima non era noto è proprio l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori. Il fatto nuovo – come è stato efficacemente sottolineato dalla Procura federale – è l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata».

Inoltre, «diventano rilevanti le operazioni di nascondimento operate da alcuni dirigenti della Juventus che si sono spinte sino ad intervenire correggendo “a penna” le fatture ricevute dalla controparte per non far emergere la natura permutativa dell’operazione compiuta (evidenze contenute nel file n. 733488 trasmesso alla Procura federale dalla Procura della Repubblica di Torino)». C’è poi un elenco delle circostanze più gravi secondo la Corte, in particolare il famoso “libro nero” di Fabio Paratici. «Costituisce un elemento oggettivo non equivocabile. Tanto più tenuto conto della circostanza (e vi si tornerà oltre più diffusamente) che scopo del processo sportivo non è, evidentemente, inferire la consumazione di eventuali fattispecie di illecito a carattere penalistico. Oggetto di giudizio è solo la violazione delle norme sportive: nello specifico, dell’art. 4, comma 1 e dell’art. 31, comma 1. Rilevantissime sono poi le intercettazioni telefoniche o ambientali (e le acquisizioni documentali) citate dalla Procura federale».

Quanto alle altre società assolte si afferma che «il sospetto che eventualmente può inferirsi con riguardo alle suddette società non è sufficiente a determinare una condanna». Anzi, «venendo al merito del giudizio rescissorio, appare inevitabile tenere distinte le posizioni riguardanti la Juventus rispetto alle altre squadre. La ragione della necessaria distinzione di merito riposa, ed è considerazione sin troppo ovvia, nella circostanza che la Juventus e i relativi amministratori e dirigenti sono stati oggetto di diffuse e ripetute evidenze dimostrative prodotte dalla Procura federale. Evidenze che connotano un canone di comportamento sistematico e non isolato».

La Juventus ha annunciato la presentazione del ricorso (ha 30 giorni da oggi per farlo) al Collegio di garanzia dello sport presso il Coni presieduto da Gabriella Palmieri Sandulli. Non si tratta di un vero e proprio terzo grado di giustizia fuori dalla sfera della Federcalcio, piuttosto un pronunciamento sulla legittimità e non sul merito. Cosa significa? Che il compito dei giudici di questa sorta di “Cassazione” sportiva sarà quello di verificare possibili violazioni dei diritti della difesa o vizi di forma o conclamate interpretazioni devianti del Codice di giustizia sportiva. Nel caso in questione, la battaglia legale verterà presumibilmente su una questione di tempo e di articoli, gli avvocati sosterranno nel ricorso una violazione nel tempo massimo (30 giorni) per la revocazione (il ricorso per riaprire il processo) e una sbagliata declinazione dell’articolo 4, quello della “slealtà”, in pratica la “mamma” della condanna e del meno 15. Procura e giudici lo hanno tirato in ballo in base alla contestazione dell’articolo 6 che prevede il coinvolgimento delle società in caso di responsabilità dei suoi dirigenti rappresentanti legali. Gli avvocati cercheranno di rilanciare sottolineando che l’articolo 4 non è stato però contestato direttamente al club e quindi la condanna su un profilo del Codice che non era stato contestato in sede di deferimento.

Insomma, la querelle è destinata a proseguire. E continua anche con l’altra istruttoria che la procura federale sta compiendo e su cui ha chiesto una proroga delle indagini di 40 giorni. In questo caso sono in ballo le due manovre stipendi della Juve e le partnership sospette della società bianconera con altri club evidenziate anche queste dalle carte inviate dalla procura della repubblica di Torino alla Federcalcio. Qui i tempi sono più lunghi e per i possibili deferimenti si dovrà aspettare il mese di aprile.