SANITÀ

Medici, il Piemonte guarda a Est: rinforzi da Croazia e Albania

Troppe e confuse le norme sui camici bianchi d'oltreconfine, indispensabili per tamponare le carenze negli ospedali. Le Regioni chiedono un intervento del Governo. Icardi: "In corso trattative con i due Paesi, possibile una soluzione positiva entro qualche mese"

La babele dei medici stranieri non è una questione di lingua, ma di norme. Da mesi, per fronteggiare o quantomeno tamponare la carenza di professionisti negli ospedali e nei servizi territoriali, un crescente numero di Regioni sta facendo ricorso a professionisti ingaggiati oltre i confini. Se il caso della Calabria resta il primo e quello più noto, altre iniziative hanno seguito quella del governatore Roberto Occhiuto, ma senza una linea univoca e, soprattutto, con un quadro normativo confuso e dove numerose sono le lacune. Una situazione cui le Regioni, attraverso la loro Conferenza presieduta da Massimiliano Fedriga, chiedono al Governo di mettere mano e, soprattutto, ordine.

Per gestire nel migliore dei modi un reclutamento all’estero di professionisti, facoltà concessa dal decreto Milleproroghe fino al 2025, gli assessori regionali alla Sanità hanno prodotto uno schema di intervento legislativo per disciplinare con chiarezza tutta una serie di circostanze, dal riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero ai requisiti minimo per poter esercitare nel servizio sanitario nazionale, che oggi sono tra i motivi che non di rado impediscono o rallentano l’ingaggio di medici stranieri da parte del servizio pubblico. 

Attualmente in Piemonte risultano, complessivamente tra medici, infermieri e operatori sanitari, circa 600 stranieri inseriti nell’elenco per l’esercizio temporaneo della professione. Nei piani della Regione si prospetta un reclutamento sul modello calabrese, ovvero con contatti diretti con gli Stati esteri e apposite convenzioni. Che negli uffici di corso Regina si stia lavorando soprattutto con l’Est, in particolare con l’Albania e la Croazia, è lo stesso assessore Luigi Icardi a confermarlo: “Si tratta di professionisti molto preparati, semmai il problema potrebbe essere quello della durata della loro permanenza nelle strutture piemontesi”. Già, perché una delle condizioni che sarebbero poste dai due Stati riguarda proprio il limite di sei mesi, oltre i quali non sarebbero disponibili a “cedere” i loro professionisti, con la giustificata e comprensibile preoccupazione che una volta in Italia decidano di restarvi, complice la scarsità di camici bianchi che non potrà essere risolta in tempi brevi. 

L’ipotesi cui sta lavorando è, dunque, quella di una turnazione semestrale, in modo da coprire sempre i posti, senza arrivare neppure lontanamente a quelle rotazioni spesso vorticose e quotidiane tipiche di molte cooperative di gettonisti. Senza tralasciare il fatto che, rispetto a questi ultimi, per i medici stranieri ingaggiati con un accordo si spenderebbe assai meno, equiparando il loro costo a quello dei dipendenti. La trattativa è in corso, di numeri ancora non se ne fanno, ma nelle intenzioni e negli auspici dell’assessore c’è la chiusura positiva “nel giro di qualche mese”. E anche nel caso del Piemonte, di fronte alla prospettiva di ricevere rinforzi dall’estero, importante se non cruciale risulterà l’atteso intervento del Governo per chiarire e semplificare quello che oggi è un complesso e confuso quadro normativo.

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