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Il presidente dà le dimissioni ma non molla la poltrona. E la Fondazione rimane senza testa

Succede a Novara, nell'ente che gestisce il parco tecnologico e scientifico della città. Una rogna tutta in casa di Fratelli d'Italia cui viene imputata la colpa dell'impasse. Intanto il cda si gode i gettoni. Partita una segnalazione all'Anticorruzione

La Fondazione Novara Sviluppo, nata nel 2000 per gestire il parco scientifico-tecnologico della città nel quartiere Sant’Agabio, è senza presidente da oltre due anni. Quello che c’era, Michele Ragno, medico cardiologo, si è dimesso per incompatibilità dopo essere stato eletto in Consiglio comunale con Fratelli d’Italia di cui è pure diventato capogruppo. Basterebbe sostituirlo? Certo, ma non è così facile.

Innanzitutto perché Ragno, che si è dimesso da presidente, è rimasto incollato alla poltrona nel consiglio di amministrazione con un’operazione sicuramente legale ma di forte sgrammaticatura istituzionale. Fatto sta che in tal modo il cda risulta completo, il partito di Giorgia Meloni, cui per logiche spartitorie spetta l’indicazione del presidente, non ha all’interno del board un nome su cui puntare e così l’impasse continua mentre l’ente, acefalo, langue nel disbrigo dell’ordinaria amministrazione. Al suo interno ospita alcuni corsi del Università del Piemonte Orientale, una quindicina di aziende e una ventina di start-up. Ogni giorno lavorano gravitano nei suoi spazi oltre duecento persone, in gran parte ricercatori. Potrebbe essere un gioiello di sviluppo e innovazione, invece “la Fondazione si è ridotta all’amministrazione del condominio, nulla di più” raccontano dall’esterno, mentre i componenti del cda restano in panciolle al loro posto forti di uno statuto bislacco che concede loro ben sette anni di mandato, manco fossero al Quirinale.

E dire che Ragno era stato nominato dal presidente della Provincia Federico Binatti (anche lui di FdI) proprio con il compito di rivedere lo Statuto, riducendo gli anni di mandato da sette a quattro e togliendo quella norma bizantina secondo cui in ogni nuovo cda debbano essere cooptati due componenti di quello precedente; al punto che per alcuni di loro questa fondazione rischia di essere come un diamante, “per tutta la vita” o per un buon pezzetto. Pare anche che al momento della nomina a presidente, Ragno – che già meditava di candidarsi – avesse ottenuto rassicurazioni sull’insussistenza di ogni rischio d’incompatibilità e invece all’indomani della sua elezione a Palazzo Cabrino subito si è posto il problema. Al  punto che la convalida della sua elezione è rimasta qualche giorno in sospeso. Così ha escogitato questo curioso escamotage delle dimissioni da presidente restando nel cda. Un modo, se non altro, per continuare a ricevere il gettone di presenza. Una situazione kafkiana che avrebbe portato anche a un esposto all'Autorità Anricorruzione.

Ma chi sono i componenti di questo cda? C’è Giovanni Rizzo, ex presidente, indicato nel 2013 da Forza Italia poi avvicinatosi a FdI ma ora di nuovo a bagnomaria. Il secondo è Antonio Piciaccia, terzo mandato, anche lui Forza Italia, poi il notaio Roberto Franzo, area Pd, e Simona Pruno che sostanzialmente è una indipendente. Tolto Ragno ognuno di loro potrebbe fare il presidente, ma i vertici di FdI, a partire dal federale di Giorgia Meloni sotto la cupola di San Gaudenzio Gaetano Nastri, hanno in mente un altro nome che però non può essere nominato senza entrare nel cda e non può entrare nel cda finché uno degli attuali cinque non si dimette. Nessuno dei cinque vuole lasciare l’incarico e relativo gettone che non deve essere così magro se dall’ultimo bilancio di previsione 2023 i costi per gli organi sociali sono quasi raddoppiati (da 45mila a 77mila) e il solo cda grava sui conti per 50mila euro (10mila per ogni consigliere?). Secondo voci bene informate sarebbe l’ex sindaco di Oleggio Castello Renzo Norbiato l’uomo sul quale Nastri punterebbe per il vertice della Fondazione. Prima, però, deve trovare qualcuno che gli conceda la sua poltrona nel board.

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