SANITÀ

Sanità, stretta sui bilanci Asl. Semaforo rosso ai preventivi

I primi conti dopo l'emergenza Covid fanno emergere una situazione allarmante in Piemonte. Si rischia un buco di 800 milioni (e il commissariamento). La Regione chiede ai direttori di rivedere le previsioni di spesa. Nuova convocazione subito dopo Pasqua

Sollevata e riposta la coperta dell’emergenza Covid i bilanci delle aziende sanitarie si scoprono nella loro prevedibile criticità. Con l’ormai cornico ritardo sul termine di fine anno, i conti previsionali per il 2023 del sistema sanitario piemontese sono tutt’ora oggetto di rivisitazione. Ovviamente al ribasso.

Non erano servite doti di preveggenza all’assessore alla Sanità Luigi Icardi per dire, giusto un mese fa, “mi preparo a rispedirne indietro più di uno”. E così è stato. Altro che più di uno, praticamente tutti i bilanci arrivati agli uffici di corso Regina, dopo un primo vaglio, sono tornati in quelli delle rispettive aziende per l’indispensabile limatura. C’è chi deve ridurre di più, chi meno, ma l’indicazione arrivata è stata tanto chiara, quanto prevedibile. “Non si tratta di tagliare servizi importanti, sia ben chiaro. Però i conti dovranno tenere conto della cassa che certo non è gonfia di soldi e, soprattutto – aveva spiegato Icardi – del fatto che le spese sono aumentate e aumenteranno, talvolta in maniera spaventosa, per alcune voci dei bilanci”.

C’è l’Asl che, fatti conti, va sotto di una sessantina di milioni, un’altra meno, un’altra ancora di più e poi ci sono le situazioni più complesse che, come sempre e non senza motivo, riguardano Torino e la sua provincia, i suoi grandi ospedali partendo proprio dalle Molinette. Non è un caso se proprio alle aziende del capoluogo è stato concesso un po’ più di tempo per rivedere i conti, mentre per tutte le altre l’appuntamento per l’ulteriore verifica è fissato appena dopo Pasqua. 

Difficile, forse impossibile, oggi definire con certezza quale potrebbe essere il disavanzo complessivo a fronte delle previsioni ancora oggetto di revisione, ma voci ricorrenti e stime piuttosto attendibili ipotizzano una cifra che potrebbe avvicinarsi agli 800 milioni. Il che potrebbe significare un altro avvicinamento, estremamente pericoloso, quello al piano di rientro, misura che scatta quando il disavanzo supera il 5% del finanziamento ordinario più le maggiori entrate proprie sanitarie della Regione.  

L’ipotesi di commissariamento aleggia su non poche regioni che, chi più chi meno, come il Piemonte affrontano il dopo-Covid con pesanti strascichi finanziari lasciati dall’emergenza (e da mancati rimborsi). Proprio questa situazione drammatica e diffusa, ripetutamente denunciata dalla Conferenza delle Regioni e le rassicurazioni del ministro della Sanità Orazio Schillaci, parrebbero aprire la porta a un intervento da parte del Governa nella nota di aggiornamento al Mef e un allontanamento dell’ipotesi del piano di rientro, che per il Piemonte riporterebbe il calendario indietro di una decina d’anni.

L’indicazione di stringere i cordoni vale per tutti, anche se le criticità e gli ambiti di intervento cambiano a seconda che si tratti di Asl o di Aso. Nel primo caso l’impatto della medicina territoriale nelle sue varia articolazioni pesa assai di più, in termini di costi, rispetto a quanto non accada per le aziende ospedaliere che pure devono fare i conti con il completamento delle terapie intensive del Piano Arcuri, poi passato nel Pnrr, così come con un diffuso aggiornamento delle tecnologie. Se però queste ultime basano i loro introiti sulle prestazioni che sono in aumento dopo la quasi paralisi dovuta al Covid, le aziende sanitarie vivono grazie alla quota capitaria (un tanto per ogni abitante) e il loro possibile margine di incremento è dato dalla mobilità attiva. Tasto dolente, questo, in Piemonte e non da oggi. Il saldo tra il denaro incamerato per prestazioni erogate in Piemonte e pagate dalle regioni di residenza dei pazienti e quello speso per cure ricevute dai piemontesi oltre i confini regionali resta ancora pesantemente negativo, aggirandosi attorno ai cento milioni. 

Ci sono, tuttavia, delle risorse che potrebbero attenuare la situazione critica dei bilanci. Ma sono soldi che non sono ancora arrivati e forse non arriveranno mai, come gli oltre 300 milioni promessi dall’allora ministro Roberto Speranza come rimborso parziale per le spese sostenute dal Piemonte nel corso della lunga emergenza. E poi c’è l’ancora aperta questione del payback sui dispositivi medici, ovvero la richiesta alle ditte fornitrici di rimborsare il 50% del superamento degli scostamenti del tetto di spesa regionale. Solo per il Piemonte, considerati gli arretrati, questa partita vale oltre 200 milioni. Soldi che non si sa se e quando arriveranno, quindi l’indicazione ai vertici delle aziende sanitarie e ospedaliere resta quella preannunciata un mesa fa dall’assessore e ribadita nel concreto nelle prime riunioni, conti alla mano, negli uffici di corso Regina. Dove i direttori generali torneranno presto.

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