RETROSCENA

Corte serrata di destra e sinistra, Saracco tra Regione e Compagnia

Dopo essere stato a un passo dalla candidatura a sindaco di Torino ora il nome del rettore del Politecnico torna a circolare in vista delle regionali. Mentre Pd e alleati cincischiano il più lesto a "opzionarlo" è stato Cirio. Ma la vera partita è la fondazione San Paolo

Il suo nome era rimasto un bel po’ sul proscenio della politica torinese quando di lui si parlò – e non furono affatto discorsi teorici, ma ragionamenti a pochi passi dal concretizzarsi – come del candidato a sindaco in una poi mai realizzata alleanza giallorossa. Adesso, con il profilarsi di un altro appuntamento elettorale, quello delle regionali del prossimo anno, il nome di Guido Saracco, rettore del Politecnico, torna a circolare nei conciliaboli informali e si riaffaccia sulle pagine dei giornali, stavolta per la poltrona da poco traslocata da piazza Castello al quarantesimo piano del Lingotto. A dar retta ad alcuni frettolosi (e incauti) osservatori, il Magnifico è la carta civica che una parte del centrosinistra sarebbe pronta a calare sul tavolo della coalizione Pd-M5s. Ma la partita è destinata a riservare sorprese, anche clamorose.

“Se non mi ripresento io, tu saresti il mio successore ideale”. Definire le parole rivolte da Alberto Cirio a Saracco, in un recente incontro, come una mossa del cavallo risulta addirittura sminuente rispetto alla portata e ai probabili risvolti. Il governatore uscente, sulla cui ricandidatura sono ancora aperti tutti i giochi, in un sol colpo spiazza l’avversario dem ancora cincischiante e lambiccante tra ipotesi di primarie e assi da costruire con il partito di Giuseppe Conte e, non di meno, congela il rettore nella sua possibile ancorché non si sa quanto probabile investitura da parte del fronte che intende provare a scalzare il centrodestra dal governo del Piemonte. Cirio, insomma, smessa momentaneamente la pelliccia dell’opossum veste quella, in verità mai abbandonata, della volpe.

Si dirà: il presidente fa i conti senza l’oste, ovvero Fratelli d’Italia e pure la Lega verosimilmente non entusiasti, per usare un eufemismo, alla prospettiva di dover sostenere un (ipotetico) candidato su cui poco più di un anno fa piddini e grillini erano pronti a investire per Palazzo civico. Vero. Ma è altrettanto verosimile che la mossa di Cirio abbia piuttosto l’intento di scompaginare gli schemi sul fronte avversario e giocare d’anticipo, pur senza che il suo endorsement sia poi effettivamente tramutabile in concreto. Insomma, per procurare più di un mal di pancia sul fronte avverso, basta la parola (di Cirio).

Saracco, 57 anni, prossimo a lasciare la guida dell’ateneo non ha certo il profilo del priore che torna a fare il monaco e gli esempi dei suoi omologhi lombardi protagonisti della partita per la presidenza di Cariplo confermano come quella di un ritorno al ruolo, pur prestigioso, di professore non sia la prospettiva per lui, così come non lo è stato per i suoi predecessori. Uno, Francesco Profumo, dopo aver fatto il ministro e il presidente di Iren, guida la Compagnia di San Paolo e Marco Gilli è a Washington, addetto scientifico all’ambasciata d’Italia negli Usa. Questo non significa però, che un personaggio della caratura e dell’esperienza del rettore, visto il precedente per la candidatura a sindaco, non valuti con attenzione estrema le lusinghe di Cirio. Fare la fine della “bella Maria” è un attimo e, inoltre, sebbene non difetti di cinismo politico (indispensabile per governare una cittadella di 36mila studenti, 2mila dipendenti, un ingente patrimonio immobiliare e un piano di investimenti di oltre 500milioni), chi se lo vede Saracco a fare campagna elettorale?

Certo è vero che con il centrodestra, almeno sulla carta, il risultato sembra a portata di mano senza troppa fatica (“Al rettore piace vincere facile”, maramaldeggiano i detrattori), ma fare il governatore non è in cima ai pensieri di Saracco. Nelle segrete stanze dove la politica incontra la finanza, più d’uno, infatti, è pronto a scommettere che tra qualche settimana il nome del rettore verrà speso per la successione al suo indiretto predecessore al Politecnico nella guida della cassaforte di corso Vittorio Emanuele.

Per un passaggio di testimone con Profumo, Saracco ha certamente lo standing di chi sa disegnare scenari, di intellettuale atipico con il chiodo fisso di fondere saperi scientifici e umanistici, come testimonia il saggio sulla “tecnoumanità” scritto a quattro mani con il filosofo Maurizio Ferraris. C’è il profilo e ci sono le solide e molteplici nonché trasversali relazioni: dal centrosinistra di Piero Fassino, kingmaker di Profumo in Compagnia e prima ancora in Iren (e dal quale forse il sindaco Stefano Lo Russo dovrebbe prendere qualche lezione non solo di arroganza), al centrodestra di Antonio Tajani, alla Lega di Giancarlo Giorgetti, passando per il centro di Carlo Calenda con cui, quand’era al Mise, lavorò per il Competence Center. In più, Saracco potrebbe non dispiacere al ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, che proprio su un ex collega del Polimi punta per Cariplo. Difficile, praticamente impossibile, annoverare tra gli sponsor del rettore il sindaco, professore del Poli (“ma è un geologo”, sottolineano con una punta di malizia accademica in corso Duca degli Abruzzi), cui per prassi spetta la proposta sul presidente della Compagnia e che al solo pensiero di indicare Saracco viene colto da spasmi e convulsioni. Ma il sindaco è persona intelligente e uomo di mondo.

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