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"Il Piemonte non va, serve cambiare", l'Udc rompe l'intesa sul bis di Cirio

Cesa si imbuca a Torino e spara a palle incatenate: "I dati non sono ottimistici, bisogna fare una riflessione nel centrodestra". Nel 2019 nonostante il flop elettorale reclamò un posto. Negato. Dietro si agita Bonsignore. Ma il socio di cordata Lupi prende le distanze

Una pugnalata alle spalle dopo un litigio. Il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa boccia l’azione di Alberto Cirio in questi quattro anni di governo e in vista delle regionali del prossimo anno invoca “una profonda riflessione nel centrodestra”. Certo non se l’aspettava il governatore questo trattamento proprio nel giorno in cui alla Camera di Commercio di Torino si presentavano gli Stati generali dell’export, comparto nel quale il Piemonte ha iniziato a spingere sull’acceleratore (15,8 miliardi il valore delle vendite oltreconfine nel primo trimestre dell’anno con una crescita del 16,8% rispetto allo stesso periodo del 2022). Dati positivi che, come affermato dallo stesso Cirio, “hanno visto il Piemonte superare la media nazionale”. Eppure nella coalizione c’è chi rumoreggia. Cesa, presente all’incontro seppur romano di Arcinazzo e parlamentare eletto in Molise, è a pieno titolo un azionista del centrodestra, dalle scorse politiche nel rassemblement di Noi Moderati, e le sue dichiarazioni aprono una faglia nella coalizione.

Non si tratta di una voce dal sen fuggita, ma parrebbe un attacco premeditato e piuttosto articolato: “I dati economici di questa regione non sono ottimistici, l’occupazione non va e non va neppure l’attività produttiva. C’è bisogno di mettere appunto un programma di cose da fare che portino questa città e la Regione a crescere come è stato sempre. Se serve potrebbe essere utile anche un cambiamento nella squadra del centrodestra” ha aggiunto il numero uno dello scudocrociato prima dell’ultima stilettata: “Il tempo delle chiacchiere e delle promesse è finito. Occorre gente capace e responsabile che risolva i problemi della gente. Tutto il resto non serve a nulla”. Una mossa che serve anzitutto ad assicurare visibilità a un partito piuttosto marginale, peraltro insidiato dal probabile avvicinarsi di altre formazioni centriste (dalla lista civica di Paolo Damilano ai Moderati di Giacomo Portas) nella futura alleanza a sostegno di Cirio.

Parole accolte con sconcerto dallo stesso Cirio. Dall’entourage del presidente si parla di “vecchie ruggini” risalenti al 2019 quando all’indomani delle elezioni l’Udc si aspettava una gratificazione che non è arrivata. Forse un posto in giunta per una lista che aveva contribuito al successo elettorale del centrodestra con i suoi 22mila voti (1,1%) pur senza raggiungere il quorum. Tra i candidati sotto le insegne dei post democristiani il sindaco di Pianezza Antonio Castello e l’ex consigliere comunale di Torino Paolo Greco Lucchina, ma a muovere i fili, almeno in Piemonte, pare sia ancora Vito Bonsignore da Bronte, classe 1943, ex luogotenente andreottiano a Torino. Un altro che, storicamente, non è un grande estimatore di Cirio.

Dalle dichiarazioni di Cesa prende subito le distanze Maurizio Lupi, leader di Noi con l’Italia: “I dati dimostrano che il Piemonte ha potuto contare su una buona guida in anni estremamente difficili. Il presidente Cirio e la sua squadra hanno fatto bene e una squadra che vince non si cambia Il centrodestra unito continuerà a lavorare in questi mesi a fianco del governatore per chiedere ai piemontesi di riconfermarci la loro fiducia”.

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