FINANZA & POTERI

Cirio, Lo Russo e Gallina si fanno buona Compagnia

Nella partita sul rinnovo della fondazione San Paolo la concordia istituzionale tra governatore e sindaco fa asse con il presidente della Camera di Commercio. Patto per scongiurare cordate ostili e unità d'intenti con Messina. Primo screening dei papabili

“Non fare come per la Crt”. La vicenda che ha accompagnato l’elezione di Fabrizio Palenzona al vertice della Fondazione subalpina è un monito per chi quella partita l’ha giocata col piede sbagliato e della vicenda pare intenzionato a far tesoro in vista dell’altra importante scadenza: il rinnovo dei vertici della Compagnia di San Paolo. Il non aver toccato palla, sulla cassaforte di via XX Settembre, e aver sbagliato più d’una mossa ha accomunato le massime istituzioni pubbliche, anche se il solo ad avere astutamente recuperato in zona Cesarini mettendo il cappello sulla candidatura del Camionista è stato Alberto Cirio, mentre neppure quello è riuscito al sindaco di Torino Stefano Lo Russo, peggio ha fatto il presidente della Camera di Commercio Dario Gallina schierato fino allo schianto finale con Giovanni Quaglia. Non è dunque un caso (anche se le ragioni vanno oltre alla non felice esperienza recente) che proprio i tre abbiano stretto una sorta di patto di sindacato cui attenersi, proteggendosi vicendevolmente da insidie e trappole, nel complicato e insidioso percorso verso la scelta del successore di Francesco Profumo.

Un gioco di squadra che, ovviamente, basandosi sulla concordia istituzionale (e d’amorosi sensi tra sindaco e governatore), ha come regola principale quella di non partecipare singolarmente a eventuali cordate ostili in combutta con altri enti. Prima di qualsiasi decisione o mossa l’accordo prevede di discuterne e stabilire concordemente il da farsi. Evitare, insomma, di prestare il fianco a manovre che puntino a dividere il fronte mettendo a repentaglio la golden share attualmente in capo a Palazzo civico, quella che assegna al suo inquilino l’indicazione del presidente di corso Vittorio Emanuele. Una consuetudine che, per quanto consolidata, non è affatto un dogma. Da qui, la necessità di “blindare” l’azione del terzetto, allargato anche all’attuale presidente della Camera di Commercio e uomo forte di Confindustria di Cuneo, Mauro Gola, in procinto di succedere a Ezio Raviola alla guida della Fondazione CrC.

Concordia istituzionale, necessità di garantire una nomina legata al territorio, scongiurare scalate esterne, c’è questo, ma anche altro alla base del patto. Ci sono indubitabilmente anche elementi di debolezza, da fronteggiare e ridurre con la forza dell’unità, di cui nessuno dei tre è esente. Cirio è tanto popolare nell’opinione pubblica quanto macilento sul piano politico: espressione di un partito, Forza Italia, marginale e declinante, ha trascorso la legislatura sotto la tutela di un azionista di maggioranza particolarmente invadente, la Lega, e si appresta, nel caso di una ricandidatura, a passare sotto le grinfie di Fratelli d’Italia, non meno prepotente. Inoltre, nonostante si sia affrancato da quello stigma torinese dovuto alla sua provenienza dalla provincia, sia pure Granda, resta un rapporto ancora non del tutto compiuto con l’establishment della Mole. Lo Russo è il sindaco che ha avuto una legittimazione faticosa (incominciando dai travagli interni al suo partito per la candidatura, passando al forte astensionismo ai seggi), trasmette l’immagine di un primo cittadino un po’ solitario, chiuso nel bunker di via Milano, che certo non dà sensazione di forza, cui si accompagna uno scarso peso nel contesto nazionale. Non si respira aria migliore in via Carlo Alberto dove Gallina sconta una fiacchezza del sistema camerale, assai mutato rispetto agli anni ruggenti quando la Camera di Commercio aveva ben altro peso. Ma per l’ex capo dell’Unione Industriale c’è pure una leadership non propriamente brillante, tanto da aprire spazi di contesa (citofonare all’Ascom e chiedere di Maria Luisa Coppa), così come uno spostamento dell’asse di potere interno a Unioncamere regionale, dal capoluogo verso altri luoghi, in primis Novara e Cuneo.

Insomma, quella del patto sembra una strada obbligata, anche se imboccata di buon grado e persino con una punta di ardore. Tutti e tre sanno bene come questa sia una partita in cui si misureranno le loro carature e che, dunque, non si può perdere, tantomeno affrontare con passi falsi e inciampi di recente memoria. Sanno altrettanto bene come al tavolo per il rinnovo della presidenza della Compagnia vi sia un convitato di pietra, il cui ruolo per quanto anomalo ha voce grossa in capitolo: il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, la banca di cui la fondazione di corso Vittorio Emanuele è tra i principali azionista. Figura di altissimo livello della finanza italiana ed europea, uomo di peso e di potere, ma non invincibile come dimostra la vicenda Cariplo che ha visto uscire sconfitto il suo candidato. Messina sicuramente dirà la sua e questo, insieme alla consapevolezza che la sua eventuale linea (se non gradita) possa essere contrastata, è un’ulteriore ragione dell’accordo fra i tre. Pronti a sostenere, concordandola, l’indicazione in capo al sindaco.

I nomi? Come sempre non mancano quelli che, pur con ampio anticipo, circolano. Un po’ perché li fanno circolare coloro che ambiscono, un po’ per bruciarli e un po’ per tenere nascosti quelli “buoni” da mettere sul tavolo al momento opportuno.

L’EX MINISTRO – Da tempo tra i papabili c’è Domenico Siniscalco, 69 anni tra pochi giorni, che tuttavia sarebbe già fuori gara per una serie di motivi, tra cui quello anagrafico (per un pelo sfuggirebbe alla mannaia dei 70 anni come limite imposto dal nuovo statuto) non sarebbe neppure il principale. A far crollare il borsino c’è la problematicità (che rasenta l’impossibilità) per il piddino Lo Russo di designare un ex ministro di Berlusconi. Ma ci sarebbe pure un velato, ma determinato, ostracismo da parte di Messina che si troverebbe tra capo e collo un presidente potenzialmente interventista sulle questioni della banca e, per intenderci, lontano dal modello “taglia nastri” di Gian Maria Gros-Pietro. Poi, aspetto assai materiale ma non secondario, lasciare la vicepresidenza di Morgan Stanley per la Compagnia significherebbe rinunciare a una barcata di soldi.

IL PROFESSORE – L’altro nome, non certo inedito, è quello di Pietro Garibaldi, 55 anni ad agosto, ordinario all’Università di Torino, master e phd alla London School of Economics, è stato consigliere di sorveglianza e membro del comitato di controllo di Intesa Sanpaolo ai tempi della governance duale. Da mesi ha dato avvio a una vera e propria campagna di accreditamento, bussando a tutte le porte. Da editorialista della Stampa, vanta il sostegno del gruppo Gedi (soprattutto dopo l’uscita dell’ex direttore Mario Calabresi), tuttavia il suo essere molto identificato con l’ambiente accademico subalpino, più ancora con la storica cricca del Collegio Carlo Alberto (dominus la famiglia Elsa Fornero-Mario Deaglio) lo rende parecchio indigesto.

IL RETTORE – Lascerà tra pochi mesi la guida del Politecnico e per l’allora ex rettore Guido Saracco, 58 anni, la Compagnia potrebbe essere un più che decoroso approdo. Figura di standing elevato, ma con uno scarso feeling con il sindaco dovuto anche alle malcelate ambizioni politiche, anche se recentemente i due hanno instaurato una consuetudine di rapporti, con incontri periodici. Il profilo di Saracco pare piacere a Messina, ma non altrettanto a Profumo, che lo vedrebbe come un ex discepolo dal quale si sarebbe sentito tradito nella corsa alla successione di corso Duca degli Abruzzi.

LA CARTA ROSA – Cambiando genere, l’unica candidatura femminile oggi sulla carta è quella di Anna Maria Poggi, 64 anni, professore di Diritto costituzionale. È già stata nel board della Compagnia e dicono che Profumo la ricordi non proprio benevolmente per aver visto sorci verdi a causa delle sue intemperanze (e quelle dell’allora vicepresidente Licia Mattioli). Politicamente piuttosto trasversale (si schierò a favore del referendum di Matteo Renzi), per i detrattori “una banderuola che si schiera per convenienza” ma ritenuta troppo ciellina in una città dove il peso del movimento fondato da don Luigi Giussani è assai scarso. Amabile ma tignosa – la chiamano benevolmente “lo squalo” – determinata e ambiziosa è in procinto di diventare presidente del dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo e, secondo alcuni, potrebbe “accontentarsi” di rientrare in corso Vittorio anche da semplice consigliera.

Altri nomi, sicuramente, spunteranno nei mesi venturi. Tornando ai protagonisti del patto, se l’identità del candidato forse ancora non c’è, è chiaro invece il profilo: una figura che sia punto di riferimento per il territorio, con solide e ampie relazioni di livello nazionale e, possibilmente, con esperienza nel mondo delle fondazioni. Si starebbe ragionando su qualche illustre professionista torinese. Mezze bocche cucite.

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