VERSO IL 2024

Regionali anticipate, decide Meloni (mercoledì tavolo del centrodestra)

Il governatore piemontese Cirio ostenta indifferenza per smorzare le polemiche delle opposizioni e le resistenze di chi nella maggioranza non vuole rinunciare a tre mesi di stipendio. La questione domani al secondo vertice nazionale della coalizione

Anche stavolta ad Alberto Cirio è stata sufficiente una rapida annusata all’aria per capire che, di fronte alle reazioni suscitate nelle opposizioni (ma non solo) dalla prospettiva di un voto regionale anticipato a marzo, conviene abbassare i toni ed evitare inutili barricate. l’ostentato disinteresse sulla data delle elezioni da parte del ricandidato governatore non deve, tuttavia, trarre in inganno. Come quello di un lagotto da trifole, il fiuto del navigato politico langhetto ha già puntato laddove c’è del buono e cui difficilmente sarebbe disposto a rinunciare.

Semmai ci fosse stato bisogno di una conferma del vantaggio che anticipare di quasi tre mesi le consultazioni regionali offre al centrodestra e, non di meno, allo stesso Cirio, ci ha pensato il Pd a sciogliere ogni dubbio. Anziché bluffare, dicendosi senza se e senza ma, pronti alla contesa anticipata, giusto per dissimulare l’affanno,i dem hanno reagito in maniera a dir poco istintivo. Non cercando neppure di nascondere le reali preoccupazioni di fronte a un taglio pesante dei tempi per scegliere il candidato e preparare la campagna elettorale, senza dimenticare la questione cruciale dell’alleanza con i Cinquestelle.

Un fronte compatto, quello delle minoranze che supportano la contrarietà al voto anticipato anche con un argomento concreto come quello dei maggiori costi in capo alla Regione evitabili con l’election day insieme alle europee, che potrebbe allargarsi anche ad alcune frange della stessa maggioranza. Al presidente non sfugge come più di uno tra gli attuali consiglieri sia allarmato all’ipotesi di una sua uscita anticipata dall’assemblea di Palazzo Lascaris che significherebbe rinunciare a tre mesi di stipendio. Argomento eticamente debole, ma concretamente forte, tanto da indurre il governatore a gettare acqua sul fuoco. “Votare a marzo o a giugno non cambia nulla”, una frase gettata lì, come per caso, ma opportuna ad evitare l’allargamento del fronte del no dalle minoranze, appunto, a pezzi del centrodestra sia pure a livello locale.

Già, perché i vertici nazionali della coalizione paiono, invece, assai orientati a formalizzare l’anticipo, come è emerso nell’ultimo tavolo del centrodestra, con la proposta avanzata da due pretoriani di Giorgia Meloni, come il ministro-cognato Francesco Lollobrigida e il responsabile dell’organizzazione di FdIGiovanni Donzelli. Lo stesso tavolo che, nuovamente apparecchiato per domani, potrebbe accelerare sulle elezioni anticipate per quattro Regioni, SardegnaAbruzzoBasilicata e, appunto, Piemonte. Da Forza Italia, dopo le verifiche affidate a Maurizio Gasparri, ci sarebbe il via libera, così come dalla Lega, rappresentata da Roberto Calderoli e Stefano Locatelli, magari superando alcune frizioni all’interno della maggioranza su alcuni casi, come quello della ricandidatura di Christian Solinas in Sardegna.

Non sfugge che, anche guardando chi ha portato al vertice la proposta, il voto anticipato non dispiaccia affatto, per usare un eufemismo, alla premier che infatti tutti indicano come la vera ispiratrice di questa mossa e, dunque, aumentano le già alte probabilità di una decisione, cui si atterrebbero i governatori delle Regioni coinvolte, tutti di centrodestra. Decisione che non può dispiacere affatto a Cirio, in campagna elettorale permanente fin dal giorno della sua elezione quasi cinque anni fa e, quindi, tutt’altro che preoccupato dai tempi più stretti. Ma proprio il poter affrontare la prova del voto senza grandi patemi d’animo pone il governatore nella agevole posizione di poter abbassare i toni, evitando di prestare il fianco agli attacchi delle opposizioni, magari con qualche appoggio interessato di elementi della maggioranza.