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Regionali anticipate al 10 marzo. Troppo presto per il Piemonte

L'Abruzzo ha fissato le consultazioni, nella stessa data voterà la Sardegna. Anche la Basilicata starebbe per allinearsi. Palazzo Lascaris dovrebbe concludere la legislatura oltre due mesi prima. Calderoli accelera sul ritorno alle urne per le Province

L’election day, con l’accorpamento delle consultazioni regionali a quelle europee, rischia di svolgersi soltanto in Piemonte. L’accelerazione con cui ieri il governatore dell’AbruzzoMarco Marsilio ha fissato, insieme al presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri, per domenica 10 marzo parrebbe scombinare i piani cui sta lavorando Palazzo Chigi per portare tutte e quattro le regioni, oltre all’Abruzzo, la Sardegna, la Basilicata e il Piemonte, in un’unica data con notevole anticipo sulle europee. 

Notevole, ma non così tanto come stabilito dall’Abruzzo, sia pure in attesa della formalizzazione dinanzi alla Corte d’Appello dell’Aquila. Tenuto conto che il presidente della Sardegna Christian Solinas è dato prossimo a seguire il collega abruzzese decidendo anche per il voto nell’isola la stessa data, il nodo a sciogliere adesso resta quello del Piemonte, insieme alla Basilicata. Ma è davvero immaginabile che Marsilio, esponente di rilievo del partito di Giorgia Meloni abbia preso questa decisione senza consultare la premier e leader di partito? Insomma, non pare lontano dal verosimile che l’anticipo deciso in Abruzzo sia un segnale di ulteriore conferma delle intenzioni, non certo nascoste da FdI, di separare quanto più possibile il voto regionale da quello europeo e con quello strumento normativo di cui si parla da giorni negli ambienti della Presidenza del Consiglio concedere la possibilità ai governatori di abbreviare il termine della legislatura.

Un’operazione che se risulta, tutto sommato, più che agevole per Marsilio e Solinas altrettanto non può dirsi per Alberto Cirio. Il quinquennio, in Piemonte, scadrebbe il 27 maggio (ben dopo il mandato del lucano Vito Bardi che ha termine il 24 marzo) e più di due mesi di anticipo non sono pochi. La data che al quarantesimo piano del grattacielo si era pronti a segnare sull’agenda, senza dover mettere in conto troppi problemi pur considerando il forte ostracismo al voto anticipato da parte delle opposizioni, era quella del 24 marzo. Con qualche sforzo e non facendo caso alla cabala, pure il 17. Ma andare indietro ancora di una settimana pone una serie di problemi che, ad oggi, non possono affatto escludere l’ipotesi del voto accorpato a quello europeo. Molto dipenderà dal decreto con cui, almeno nelle intenzioni del vertice di FdI, si intende fornire lo strumento ai governatori per concludere anticipatamente il loro mandato, ma soprattutto la legislatura, con tutte le conseguenze e le reazioni dei consiglieri mandati a casa con due mesi in meno di stipendio, peraltro già palesatesi anche e soprattutto in una parte della maggioranza. 

Sulla scelta di Marsilio aleggia pure un giallo. Secondo quanti riferisce il quotidiano di Pescara Il Centro, il governatore sarebbe giunto alla decisione del 10 dopo che le altre date, il il 17 e il 24 marzo, non avevano raccolto il favore della maggioranza delle Regioni chiamate al voto il prossimo anno. Vero, non vero? 

Giovedì scorso il vertice del centrodestra a Montecitorio è stato dedicato soprattutto ai candidati presidenti, con lo scontato via libera a Cirio e una sospensione per quanto riguarda l’azzurro Bardi, visto anche che domenica il segretario di Forza Italia Antonio Tajani, il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, quello al Senato Maurizio Gasparri e il ministro Elisabetta Alberti Casellati, saranno in Basilicata per sondare il clima e trovare tutte le ragioni a sostegno della ricandidatura dell’ex generale cui non intendono rinunciare. Sul fronte sardo, Solinas, in quota Lega, è quello dato in maggiore difficoltà e non è esclusa la sorpresa di un’alternativa che sulla carta sia più forte.

Nella questione del voto regionale che Meloni non vuole né accorpato alle europee, né diluito in uno stillicidio di date successive col rischio di arrivare a giugno con qualche sconfitta pesante senza che sia possibile compensare con contestuali vittorie, si inserisce un elemento nient’affatto secondario dal punto di vista politico per quanto riguarda il centrodestra. 

Sempre di ieri l’annuncio del ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli della sua intenzione di arrivare in tempo per le europee non soltanto con la riforma dell’autonomia regionale rafforzata, cavallo di battaglia della Lega, ma addirittura con il nuovo sistema di voto per le Province, tanto da non escludere affatto l’election day in cui votare per Bruxelles, ma anche per i nuovi presidenti e consiglieri provinciale, restituendo la scelta ai cittadini. Una fiche quella messa dal ministro che non può incrociare, col rischio di scontro, la linea dell’anticipo del voto regionale tracciata dalla premier. 

E, anche in questo caso, il terreno su cui giocare una partita all’interno della coalizione tra i due partiti sempre più concorrenti, per una serie di circostanze più o meno fortuite potrebbe essere proprio il Piemonte. Nel caso in cui Calderoli riuscisse nel suo proposito, il voto a giugno arricchito da quello provinciale (sempre che tenga l’idea di azzerare gli organi degli enti indipendentemente dal loro attuale mandato) rafforzerebbe innanzitutto il partito di Matteo Salvini forte del risultato ottenuto dal suo ministro e, non di meno, aprirebbe spazi per candidati esclusi dalla partita per la Regione, accentuando la forza della campagna elettorale. E chissà che dietro la decisione del governatore meloniano dell’Abruzzo non ci sia anche una valutazione di questa sferzata leghista (corroborata dalla mancata sospensione dell’iter in concomitanza con la sessione di bilancio) da parte di Palazzo Chigi, con conseguente informale via libera a spostare ancora più indietro nel calendario il voto regionale.

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