SANITÀ

Dottori in corsia? Sempre meno.
"Ora gli ospedali sono a rischio"

A picco le specializzazioni ospedaliere. Maglia nera all'emergenza: a Novara assegnati 6 posti su 19. De Iaco (Simeu): "Molti vanno verso la libera professione, altri preferiscono fare i gettonisti". L'indagine parlamentare - DOCUMENTO

“Stiamo andando drammaticamente verso la demolizione del sistema ospedaliero”. È una prognosi infausta quella che Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di medicina di emergenza e urgenza fa dal suo osservatorio nazionale, ma anche da quello di direttore del Pronto Soccorso  del Maria Vittoria di Torino, di fronte ai dati dei futuri specialisti. 

Numeri che, come già riportato nei giorni scorsi dallo Spiffero, non possono che allarmare. A fronte di un aumento di posti per le specializzazioni, molte di queste hanno registrato una mancata assegnazione che proprio per l’emergenza-urgenza, la più richiesta nella generale carenza di camici bianchi, arriva addirittura al 70 per cento. Restringendo lo sguardo nei confini regionali, su 19 posti disponibili all’Università del Piemonte Orientale ne sono stati assegnati soltanto 3 e segnali preoccupanti arrivano pure dall’Università di Torino dove dei 37 posti ne sono stati occupati 24. Cifre già molto basse che sono destinate a calare ancora, come prevede lo stesso De Iaco, spiegando che “nella seconda e terza tornata di riassegnazioni dei posti, in base alle preferenze indicate dai neolaureati, il numero definitivo degli specializzandi in questa disciplina calerà ancora”. 

Un quadro per il futuro, decisamente peggiore rispetto a quello già oggi fortemente critico per il sistema ospedaliero, quello che stamani De Iaco quale presidente di Simeu traccerà dinanzi alla XII commissione della Camera, presieduta dal forzista già governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, che ha appena avviato i lavori dell’Indagine conoscitiva sulla situazione della medicina di emergenza e urgenza e dei Pronto Soccorso. “Sempre più giovani mi dicono che l'emergenza è la medicina più bella ma che loro non la faranno mai – racconta De Iaco – e i dati confermano questo orientamento dettato da ragioni economiche e di qualità della vita”. Ma non è solo dalla prima linea ospedaliera, quella che ormai da molto tempo soffre la carenza di professionisti e mostra il fianco con le immagini delle barelle su cui si resta anche per giorni, a tenere lontani i neolaureati. Calano in maniera spaventosa i posti in specialità intimamente legate all’attività ospedaliera, con circa la metà dei posti non assegnati per chirurgia generale, anestesia e rianimazione e altre branche tipicamente ospedaliere.

Qualche esempio: a Brescia su 46 posti da anestesista ne sono rimasti liberi ben 33, nel Piemonte Orientale, stessa specializzazione, 35 banchi liberi su 48, alla Politecnica delle Marche addirittura 36 su 42, a Verona 49 su 70. Tra dieci o quindici anni l’anestesista sarà merce rarissima. Passiamo a chirurgia generale: all’Università  Vanvitelli di Napoli su 25 posti a disposizione solo 5 sono stati assegnati. A Padova la specializzazione in geriatria (contratto statale) vede 18 posti liberi su 24. Ma come detto è la medici d’urgenza quella che rischia di trasformarsi nella principale emergenza: a Verona solo 6 specializzandi su 55 messi a disposizione con contratto statale, appena 1 iscritto su 21 a Udine e 2 su 31 a Siena. Una situazione che rischia di diventare drammatica tra due o tre lustri.

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Più attrattive altre specialità che aprono la strada alla libera professione, tant’è che non si trovano posti liberi per oculistica, otorino e altri sbocchi professionali che non implichino la sola o prevalente attività in corsia. Ma c’è pure chi la specializzazione in qualche modo la snobba. “A fronte di uno stipendio di poco più di 1.500 euro al mese per gli anni di studio non sono pochi quelli che preferiscono andare a lavorare in una cooperativa o in una società privata dove quei soldi li guadagnano in meno di due turni come gettonisti”, ammette De Iaco. Pochi giorni fa il ministro della Salute Orazio Schillaci ha pronunciato l’ennesimo anatema contro i medici a gettone, “e io convengo che quella soluzione sia un male, ma oggi un male necessario senza il quale i Pronto Soccorso, così come altri reparti sarebbero costretti a chiudere. E anche dire che non mancano i medici, di fronte a ciò che tutti vediamo – aggiunge il presidente di Simeu – mi è parsa un’uscita infelice”. Ma è l’uscita a questo lungo tunnel in cui viaggia il sistema sanitario a non vedersi. 

“In un quadro nazionale drammatico, il Piemonte cerca di restare a galla grazie all’impegno dei medici di medicina e urgenza, ma a fronte del fatto che questa è una delle specializzazioni più ambite in molti Paesi occidentali, bisogna chiedersi perché non lo sia nel nostro”, scrive in una nota Marina Civita, presidente regionale di Simeu. “I giovani laureati sognano di andare a lavorare all’estero, guardano verso una professione più rapidamente remunerativa e con oggettive migliori condizioni i vita, quando invece i nostri Pronto Soccorso vivono una penuria di personale che rasenta il default sanitario”. Un grido di allarme, quello che parte dal Piemonte e riguarda tutto il Paese, cui si aggiunge la richiesta di “un intervento immediato”. Anche se già definire con chiarezza la soluzione non appare tanto più semplice di quanto non lo sia metterla in atto.