SANITÀ MALATA

Anziani scaricati dai medici di base,
la metà nega la vaccinazione Covid

Tanti i camici bianchi che non aderiscono alla campagna vaccinale. Per gli over 60 e i fragili non resta che rivolgersi ai centri delle Asl. L'occasione mancata di abbinare Coronavirus e antinfluenzale. L'appello del ministro alle Regioni

Per la vaccinazione dei soggetti fragili contro il Covid, il Piemonte può contare solo su meno della metà dei medici di famiglia. Una risposta alla partecipazione volontaria alla campagna vaccinale che non solo mostra un lato assai poco edificante per la categoria, sempre pronta a pur legittime rivendicazioni, ma che giustifica anche il forte richiamo del ministro della Salute Orazio Schillaci alle Regioni “a fronte – come si legge nella circolare – delle segnalazioni che giornalmente arrivano dai cittadini in merito alle difficoltà di accesso alle vaccinazioni”. 

Nell’esortazione alle Regioni, il ministro sottolinea “ancora un ridotto numero di vaccinazioni” e “raccomanda di implementare le più opportune misure organizzative, con particolare riferimento alla collaborazione operativa dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e delle farmacie, atte a garantire una maggiore offerta attiva della vaccinazione alle persone a rischio di sviluppare forme gravi della malattia”. Un appello destinato a cadere nel vuoto. Difficile immaginare che basti una moral suasion del governatore Alberto Cirio, così come dell’assessore Luigi Icardi a convincere quella maggioranza dei medici di famiglia a rivedere la loro posizione. E altro la Regione non può fare, dopo aver messo sul tavolo dei professionisti 9 euro per ogni vaccino somministrato e tutta “una serie di facilitazioni da noi richieste e che hanno trovato risposta positiva”, come sottolinea Roberto Venesia, il segretario regionale della Fimmg, il maggior sindacato dei medici di famiglia.

Le dosi vengono consegnate direttamente negli ambulatori, le Asl mettono a disposizioni locali per quei medici che potrebbero avere problemi logistici, inoltre gli stessi sanitari possono contare sull’eventuale aiuto dei colleghi della continuità territoriale che in Piemonte si sono già dati disponibili in oltre cento. Niente da fare, più di un medico su due preferisce dare indicazioni ai suoi assistiti, nella stragrande maggioranza dei casi anziani e persone fragili a causa di patologie, di rivolgersi ai centri vaccinali delle Asl.

Una situazione a macchia di leopardo, con sullo stesso territorio persone che possono contare sul proprio dottore, spesso anche con la vaccinazione a domicilio, e altre che devono andare nei distretti sanitari o comunque nei posti in cui a somministrare il vaccino sono i medici dell’azienda sanitaria. A rendere, se possibile, ancora più incomprensibile e difficilmente accettabile l’atteggiamento di rifiuto da gran parte dei professionisti è la contestualità della campagna vaccinale contro il Covid, con quella antinfluenzale. Due farmaci che, come noto, possono essere inoculati nella stessa seduta.

Ma se per l’antinfluenzale l’accordo prevede l’obbligo per i medici di medicina generale, riconoscendo 6,16 euro a iniezione, per il Covid la prestazione è su base volontaria. Non ci vuol molto a comprendere come sarebbe meno disagevole, soprattutto per gli anziani, ricevere contemporaneamente i due vaccini, cosa che avverrà solo in quei casi in cui il professionista abbia detto sì all’invito della Regione, i cui dati aggiornati ad oggi dicono che sono oltre 5mila le preadesioni dei cittadini alla vaccinazione contro il Covid. "Con l'avvicinarsi della stagione invernale mettiamo in campo tutti gli strumenti in modo da rendere l'adesione alla campagna vaccinale più capillare e semplice possibile”, hanno detto pochi giorni fa Cirio e Icardi, ricordando come “il Piemonte è la regione che ha fatto il più alto numero di terze, quarte e quinte dosi e oggi vogliamo dedicare la stessa attenzione alle categorie più esposte per le quali è indicata la vaccinazione in questa fase”.

Buoni propositi che, tuttavia, si scontrano e rischiano di essere in parte disattesi proprio per quell’alto numero di medici di famiglia non disposti a vaccinare contro il Covid gli ultrasessantenni e i fragili. “Altre regioni hanno fatto accordi migliori e in non pochi casi la remunerazione è il doppio rispetto a quella fissata in Piemonte”, osserva Antonio Barillà, segretario regionale del sindacato Smi. “Ma c’è anche un aspetto organizzativo, alla base della scarsa adesione. Vaccinare in ambulatorio – sostiene il sindacalista – è più complesso anche tenendo conto che i flaconi sono da sei dosi e ognuno va usata nell’arco di 12 ore”. Di fronte all’eventualità di buttare via qualche dose, ma somministrando le altre, si profila al contrario il rischio ancor peggiore di vedere tanti anziani rinunciare a proteggersi.

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