VERSO IL VOTO

A Conte l'alleanza non conviene, in Piemonte porta a spasso il Pd

I dem continuano a blandire i 5 Stelle. Non hanno ancora capito che all'avvocato appulo non frega un fico secco di una partita che considera persa. Soprattutto mentre vuole fare le scarpe a Schlein. La lezione spiegata facile dal politologo Natale

Se la politologia dovesse studiare la sindrome dell’innamorato che non si rassegna ad essere respinto, quello del Piemonte sarebbe il caso perfetto. Un Pd ostinatamente proteso verso l’ormai immaginifico campo largo e i Cinquestelle che negano, sempre più apertamente, questa ipotesi anche (o proprio) laddove il voto regionale con le indispensabili alleanze incrocia quello europeo, che nel suo essere proporzionale puro vede ogni partito andare per conto suo.

Nell’attesa che la sindrome piemontese venga analizzata a posteriori dalla politologia, è proprio uno studioso della politica come Paolo Natale a togliere con le pinze della scienza il pesante velo di ipocrisia che copre trattative e ragionamenti il cui esito, per quanto riguarda il voto piemontese, del prossimo giugno appare ormai scontato. L’intesa giallorossa non ci sarà e il campo largo resterà una chimera. Ma scontato appare innanzitutto l’esito delle regionali.

Professor Natale, proprio da qui, dalla consapevolezza di combattere una battaglia persa, può dipendere l’atteggiamento del partito i Giuseppe Conte nel rifiutare l’alleanza col Pd? 
“Intanto sappiamo benissimo che in Piemonte per la sinistra, anche con i Cinquestelle, non c’è possibilità di vittoria e questo considerata la concomitanza delle europee è ovvio che Conte e Chiara Appendino non abbiano alcuni interesse a unirsi al Pd nella sconfitta”.

Elly Schlein continua a ripetere che il suo avversario è Giorgia Meloni e non Conte. Non le sembra sempre più una grande bugia, la negazione di una verità indicibile per la segretaria dem e i suoi?
“È chiaro che la competizione all’interno delle forze di opposizione è tra Cinquestelle e Pd. Quindi che interesse ne avrebbe il partito di Conte a correre insieme all’avversario, sapendo che la meta è una sconfitta, con la vittoria del centrodestra e di Alberto Cirio? E poi la sconfitta finirebbe col dare ragione a chi vede male l’alleanza, creando un precedente inutile sotto il profilo del voto, ma dannoso per il futuro. Se anche un’alleanza è o fosse nei piani, non conviene farla sapendo con certezza di perdere”. 

Se è chiara la linea di Conte e la convenienza ad andare da soli, meno comprensibile non risulta la pervicacia del Pd nell’inseguire i Cinquestelle, finendo che apparire quelli che si fanno portare da loro a spasso?
“Da un certo punto di vista c’è l’idea di volere costruire il famoso campo largo e da un altro c’è comunque una tendenza che dovrebbe essere intrapresa, anche se non in una situazione del genere per le ragioni appena detto. Il Pd pare voler mettere fieno in cascina in vista delle politiche, ma ripeto la circostanza delle regionali in Piemonte appare quella meno adatta”.

Non c’è un segno di debolezza o di poca certezza nella linea della stessa Schlein? Oltretutto rinunciando a quella parte di elettorato riformista e moderato, lasciandolo alla parte centrista del centrodestra.
“Un fatto è certo e in questo scenario è ciò che non vedo. Ovvero, prima di fanno le proposte politiche e poi si cercano alleanze. Non viceversa”.

Ma il rischio i non trovare i temi comuni, o di dividersi su alcune questioni appare sempre più evidente. Dagli aiuti militari all’Ucraina fino ad arrivare alla Tav, le diverse visioni non mancano di certo. Basta il mantra del salario minimo che la segretaria dem ripete in ogni occasione, tacendo del fatto che anche questo tema lo ha posto per primo Conte?
“Se l’idea di fondo è quella di costruire un campo progressista, questo deve essere incarnato in una proposta politica che fino a oggi non si vede. Il problema è questo. Il Pd oltre che volersi mostrare agli elettori ben disposto a costruire un’alleanza vasta contro l’attuale maggioranza di governo, avrebbe dovuto o dovrebbe produrre una proposta politica che invece manca. Penso a una settimana di confronto su temi chiari, una sorta di piccola Bolognina dove discutere con tutti i potenziali alleati. Non è detto che non succeda dopo le europee, anche se sarebbe ancora più necessario prima, anche per sciogliere nodi come quello del Piemonte”.

Invece si resta fermi allo stesso punto, con i Cinquestelle che nei fatti dicono no e il Pd che non si rassegna ad essere respinto, almeno per il momento. Una situazione…
“Che fa un po’ ridere. Oltretutto di fronte a una prospettiva, come quella delle regionali piemontesi, dove appare pressoché certa la sconfitta”.

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