VERSO IL VOTO

Pd e M5s aspettano la Sardegna, dalle urne il destino del Piemonte

Altre due settimane di agonia che saranno mai dopo mesi impantanati a cercare l'intesa sul campo largo? E così mentre tra Nazareno e Campo di Marzio si continuano a punzecchiare, Cirio macina kilometri in regione indisturbato. Lunedì la direzione dem

Prima hanno atteso la firma dell’accordo, ora son lì che aspettano l’esito della competizione. Il destino del centrosinistra piemontese resta agganciato alle regionali in Sardegna, dove la grillina Alessandra Todde, sostenuta dal Pd, prova a strappare l’isola al centrodestra. Dalle urne del prossimo 25 febbraio dipende in gran parte il destino della trattativa tra Pd e Movimento 5 stelle sulle altre regioni. E non è una variante indipendente il risultato che il campo largo riuscirà a ottenere nell’isola, considerata la regione più contendibile tra quelle che vanno al voto nel 2024, tutte con presidenti uscenti del centrodestra e con la coalizione guidata da Fratelli d’Italia data avanti nei sondaggi.

“Ci toccherà aspettare ancora due settimane” alza le spalle Raffaele Gallo, capogruppo Pd a Palazzo Lascaris. È con un misto di sconcerto e rassegnazione che dirigenti e militanti dem stanno vivendo questi mesi di limbo e indeterminatezza. Certo, un successo dell'alleanza giallo-rossa potrebbe rilanciare il campo largo anche nel continente, ma la sensazione è che comunque andrà a finire il Piemonte ne uscirà con le ossa rotte. “Dovevamo battere Cirio sul tempo, iniziando con ampio anticipo la campagna elettorale e invece siamo qui a lambiccarci su tattiche e alleanze nel totale immobilismo” si sfoga un ex parlamentare. La sensazione è quella di un Piemonte sacrificato sull’altare di logiche nazionali da quel tortellino magico di Elly Schlein che sta mostrando tutti i suoi limiti nella gestione dei rapporti con l’altro principale azionista dell’opposizione a Giorgia Meloni. Il Piemonte è la regione più popolosa che andrà al voto quest’anno, un tempo crocevia fondamentale nelle mappe della sinistra nazionale, ma la sua marginalità geografica si sta sempre più sovrapponendo a una marginalità politica, complice anche la debolezza dei suoi parlamentari.

Per lunedì prossimo è stata convocata una direzione nazionale che dovrà affrontare l’attuale “situazione politica” come da ordine del giorno. Tradotto si parlerà di europee e regionali a una settimana dal voto sardo. La strategia di Schlein resta un rebus anche per le persone a lei più vicine: da un lato non intende lasciar cadere il guanto di sfida lanciatole da Meloni ed è pronta a candidarsi, dall’altro però non vorrebbe che una sua eventuale corsa penalizzasse le altre donne del suo partito e in particolare quelle a lei più vicine. Di qui l’ipotesi di correre, ma non da capolista, piuttosto nelle posizioni di rincalzo. L’ultima a rompere gli indugi, nel Nord-Est, è stata l’ex deputata modenese Giuditta Pini, rimasta esclusa dalle liste alle politiche del 2022. Per il resto la situazione è di stallo. Il tira e molla della segretaria tiene in stand-by una serie di altre candidature e nel Pd quello che all’inizio era qualche isolato mugugno sta diventando una sempre più rumorosa insofferenza.

In Piemonte non solo manca un candidato per le regionali (dallo scorso ottobre sono in campo Chiara Gribaudo e Daniele Valle) ma anche per le europee. Una iniziale disponibilità almeno a valutare una corsa per Bruxelles dell’assessora torinese Gianna Pentenero si sta anch’essa perdendo nell’attesa che il quadro si chiarisca mostrando le reali probabilità di elezione. Gli unici che già hanno iniziato la loro campagna elettorale sono i consiglieri regionali uscenti, tra i quali c’è chi come Alberto Avetta e lo stesso Valle, sono già usciti con i manifesti, mentre i potenziali altri candidati (leggi la capogruppo in Sala Rossa Nadia Conticelli o il sindaco della rossa Collegno, Francesco Casciano) restano coperti, consapevoli di non poter lanciare il proprio nome nella mischia, non sapendo come andrà a finire e avendo un ruolo istituzionale da salvaguardare.   

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