Regionali e contenuti (che mancano)

Spiace rilevare un fatto che evidenzia, ancora una volta, la perdurante crisi della politica contemporanea e che, purtroppo, spiega anche l’altrettanto grave e persistente astensionismo elettorale. E cioè, da mesi si parla delle elezioni nelle varie Regioni italiane e si continua a blaterare esclusivamente di alleanze, organigrammi, personalismi, tatticismi, accuse reciproche, tradimenti e candidature. Ora, è appena sufficiente scorrere le cronache quotidiane di quasi tutti gli organi di informazione per arrivare alla conclusione che l’unico dato assente di questo singolare bailamme era e resta la politica. Ovvero, i contenuti progettuali che dovrebbero farla da padrone quando si parla di elezioni. Un panorama alquanto squallido e decadente che, purtroppo, caratterizza – questo sì – il dibattito e il confronto politico in tutte le Regioni. Piemonte compreso.

Certo, e per fermarsi al Piemonte, per il momento questo spettacolo è stato offerto dalla sinistra e dai 5 stelle ma non è escluso che si allarghi anche al centro e al centro destra. Tutto è possibile, purtroppo. Però non possiamo non soffermarci sul dato politico che emerge in tutta la sua gravità. E cioè, la radicale assenza di qualsiasi visione progettuale sul futuro dei rispettivi territori che si vogliono amministrare e guidare. Nessun approfondimento sui contenuti e, soprattutto, nessun contrasto reale sulle opposte o contrastanti visioni della società. Anche solo locali. Fuorché si pensi, come giustamente ha detto in una recente intervista il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che la collocazione di un ospedale a Torino è la ragione di fondo – di natura programmatica – che separa i destini politici tra il Pd della Schlein e i populisti dei 5 stelle. Quando, come sanno anche i sassi a Torino e in Piemonte, le ragioni della “non alleanza” tra i due partiti sono riconducibili a motivazioni esclusivamente di natura personale. Per non parlare della Basilicata dove, dopo il ritiro di un simpatico primario oculista, abbiamo assistito ad un balletto che oscilla tra la comicità e il ridicolo.

Ma anche sull’Abruzzo non si è scherzato per non parlare della Sardegna. Ma nell’isola, se non altro, è il centro destra che ha deciso di perdere facendo una scelta sul candidato a presidente radicalmente sbagliata e che si è rivelato un autentico autogol.

Ecco perché siamo di nuovo arrivati ad un bivio. E allora o si decide di invertire la rotta – cosa, in sé, possibile se c’è la concreta volontà dei partiti – per far ritornare protagonista la politica e, di conseguenza, i contenuti progettuali oppure, e al contrario, si consolida un processo di decadimento e di impoverimento progressivo della politica, dei suoi istituti e delle sue ricette programmatiche. Si tratta, dunque, di scegliere o l’una o l’altra strada. Certo, questo spettacolo adesso va interrotto. Anche perché, se dovesse continuare, non è affatto difficile prevedere l’epilogo. Un distacco crescente dell’elettorato dalla politica e dal voto e, soprattutto una minor considerazione degli stessi cittadini nei confronti dell’istituto regionale. E questo sarebbe semplicemente imperdonabile per i partiti e per tutti coloro che non hanno fermato questa deriva.

print_icon