SALUTE & POLITICA

Divieto di fumo all'aperto, medici scettici: "Più efficaci le campagne di prevenzione"

Il giro di vite imposto dal Comune di Torino è "una misura difficile da far rispettare" a meno che non si vogliano scatenare controlli a tappeto all'inseguimento di fumatori disobbedienti. "Servono iniziative di informazione dirette soprattutto ai più giovani"

Nel mondo si registrano in totale 1,245 miliardi di fumatori: secondo l’ultimo report dell’Oms a fumare è un adulto su 5, il 20,9% della popolazione, un dato in calo rispetto al 2000, quando i fumatori erano 1,362 miliardi, circa un adulto su 3, il 32,7% della popolazione globale. In Italia, sempre secondo l’organizzazione mondiale della sanità, gli adulti fumatori rappresentano il 22,4% della popolazione. Lo ricordano i medici della Società Italiana di Medicina Ambientale, dopo i nuovi divieti in tema di fumo approvati dal Comune di Torino.

“Sia in Italia che a livello globale si registra un positivo decremento del numero di fumatori”, spiega la Sima, una tendenza al ribasso che accomuna 150 Paesi nel mondo. Solo 6 nazioni registrano ancora un aumento del consumo di tabacco: si tratta di Congo, Egitto, Indonesia, Giordania, Oman e Repubblica di Moldavia. Attualmente la regione che ha la più alta percentuale di popolazione che usa tabacco, pari al 26,5% dei residenti, è quella del Sud-Est asiatico; l’Europa registra il 25,3% di fumatori. In Italia, secondo le stime dell’Oms, i consumatori di tabacco sono il 22,4% tra le persone con più di 15 anni (il 20,5% secondo l’Iss): il 25,7% tra gli uomini e il 19,1% tra le donne.

Per quanto riguarda i Paesi che hanno adottato le norme più severe in tema di lotta al fumo spicca il Bhutan: qui è in vigore dal 2010 il rigido “Tabacco Control Act”. Tra gli Stati che hanno una normativa estremamente rigida contro il tabacco troviamo anche la Nuova Zelanda, dove in pratica non si può fumare in nessun luogo pubblico, Mauritius, Australia, Quebec, Messico, Brasile, e alcuni Stati degli Usa. “Stabilire per i fumatori una distanza minima dalle altre persone come a Torino – afferma il presidente Sima, Alessandro Miani – è una misura difficile da far rispettare, perché presume la presenza di controlli a tappeto in strada da parte di agenti delle forze dell'ordine dotati di appositi misuratori per accertare le distanze tra cittadini e sanzionare i trasgressori. Per questo chiediamo di estendere gli interventi di contrasto al fumo attraverso campagne di informazione dirette soprattutto ai più giovani”.

Ai dubbi dei medici si aggiungono quelli dei commercianti torinesi, visto che la norma riguarda anche i dehors dei ristoranti e dei locali”. “La norma lascia interdette le categorie commerciali interessate", ha commentato Vincenzo Nasi, presidente dell’associazione torinese dei pubblici esercizi Epat Ascom, "dal momento che non esplicita come avverrà l’applicazione nei luoghi di ristoro all’aperto e quali sono i doveri e le responsabilità degli operatori”. Il fatto che si possa fumare su richiesta, oltre ad aggiungere un ulteriore onere al titolare, può creare nuovi problemi: “La pratica dell'obbligo di consenso tra i clienti, inoltre, rischia di generare tensioni e conflitti tra i clienti da dirimere, che si aggiungono alle molteplici sfide già presenti nella gestione giornaliera”. “Un confronto preventivo con gli operatori avrebbe fatto affiorare fin da subito le difficoltà di questa norma”, conclude Nasi augurandosi che il Comune voglia consultarsi con loro per “riconsiderare il testo”.

print_icon