FINANZA & POTERI

Palenzona si fa gli affari suoi, Fondazione Crt allo sbando

Le istituzioni non lo volevano e gli sono ostili, nel Consiglio di indirizzo non riesce a piazzare chi vuole, la maggioranza del cda non è con lui. A presidiare l'ente ha messo il suo cane da guardia Mercuri. A questo punto potrebbe pure lasciare

Tutte le volpi prima o poi finiscono in pellicceria. E Furbizio, cui non difettano scaltrezza e arguzia, il monito della buonanima dovrebbe averlo bene impresso, lui che col Divo Giulio ha condiviso militanza democristiana, seppur su opposte correnti, e spregiudicatezza. E se molti in passato hanno tentato di fare la pelle a Fabrizio Palenzona – avversari politici, rivali nel mondo della finanza, giudici – oggi il nemico è interno, talmente intimo da avere le fattezze di un omone dall’imponente stazza di 150 chili. È la sua atavica e bulimica fame di potere ad averlo portato a pensare di potersi pappare la Fondazione Crt, lasciando le briciole agli abituali commensali, peraltro senza neppure essere stato invitato.

La storia è nota. Dopo aver vinto il braccio di ferro per detronizzare dalla presidenza Giovanni Quaglia, sfidando l’ostilità di Comune, Regione e sistema camerale, ha ritenuto che bastasse mettere un paio di tirapiedi a presidiare la cassaforte per proseguire in quello che sa fare meglio: tessere trame e collezionare poltrone. Ha fatto male i suoi calcoli e si è trovato in mezzo a due fuochi. Quello esterno a via XX Settembre, appiccato dalle istituzioni e da gran parte dei principali stakeholder della città che non solo non lo volevano ma che gli rinfacciano di trascurare gli interessi del territorio e di usare l’ente per i propri disegni di potere. E il doppio fronte interno: un consiglio di indirizzo nei fatti svuotato, poco incline a ratificare le sue volontà e men che meno a recepire diktat, e un cda mortificato da una gestione “personalistica”, estromesso da decisioni su investimenti e partecipazioni, che si vede ricevere ordini, in modo spesso arrogante, dagli uomini di fiducia del presidente, peraltro estranei alla struttura della fondazione. I recenti casi che hanno riguardato Banca d’Asti e Banca del Fucino o, ancor più evidente, quello della cantina dell’Alessandrino (20 milioni di euro per Enosis) sono solo la punta di un iceberg tanto sommerso quanto vasto di disagio.

La pesca nelle terne dei consiglieri di indirizzo e la vicenda del presunto “patto occulto” hanno fatto precipitare la situazione. Palenzona ha preso impegni sopra le loro teste e il risultato si è visto: praticamente nessuno dei futuri membri del parlamentino può dirsi “palenzoniano”. Spiccano fra tutte le bocciature di Enzo Ghigo, ex governatore del Piemonte sostenuto dal presidente della Regione Alberto Cirio e quella di Annalisa Genta (Fratelli d’Italia). Non è entrato neppure Gianfranco Morgando, tra i fondatori del Pd e padrino politico sindaco Stefano Lo Russo. In rappresentanza della Regione è stato eletto Giampiero Leo, ex assessore della giunta Ghigo, in barba a tutti. E che dire di quell’oscuro piano architettato da Corrado Bonadeo per pilotare le scelte e le cooptazioni, finito sul tavolo del Mef e che lo stesso ministero ha ieri rimandato al mittente? Si parla di “tradimento” da parte di uno che fino a ieri era considerato uno dei fedelissimi di Big Fabrizio, tra gli artefici del colpo di palazzo che ha portato alla defenestrazione di Quaglia. È credibile? No, infatti non lo è. Come non regge lo scaricabarile su Andrea Varese, il segretario generale sfiduciato dal cda per non aver seguito la procedura, visto che la segnalazione è firmata da Palenzona in persona.

Un quadro che restituisce l’immagine di un Palenzona isolato, messo nell’angolo, che subisce l’onta di vedere bocciati i suoi candidati, concordati con una parte della politica nell’estremo tentativo di sedare il malcontento (anche se per alcuni di loro ha dato rassicurazioni contrastanti), trovandosi in minoranza nello stesso cda. L’asse tra Caterina Bima, Anna Di Mascio, Antonello Monti e Davide Canavesio è certamente alimentato dalle ambizioni di chi vuole cogliere l’ultimo treno di nomine per assicurarsi uno strapuntino a pochi mesi dal termine del mandato: Bima punta a un posto nel board di Cdp, Canavesio alla presidenza delle Ogr. Ma lo stesso si può dire per i due rimasti “fedeli” a Palenzona: Maurizio Irrera vorrebbe la poltrona su cui è ancora seduto Quaglia in Ream, Marco Giovannini potrebbe trovare soddisfazione in Equiter. Una leva, quella delle poltrone esterne, che potrebbe essere usata da Palenzona per pacificare gli animi. Nulla di cui stupirsi. Piuttosto va constatato con preoccupazione che una fondazione importante come Crt – che gestisce più di 3 miliardi di investimenti, eroga circa 70 milioni e ha nel portafoglio importanti partecipazioni (a partire da Unicredit e Mundys) – sia praticamente allo sbando.

Nel mirino c’è ovviamente Palenzona, per la sua perdurante assenza da via XX Settembre dove ha piazzato come cane da guardia il suo storico famiglio: Roberto Mercuri. Figura controversa, discussa e discutibile, una vita trascorsa all’ombra delle banche, della politica, dei finanziamenti miliardari, appalti e grandi opere. Un uomo dai più definito sbrigativamente un “faccendiere” con un percorso imprenditoriale accidentato, coinvolto in alcune inchieste giudiziarie per i suoi rapporti con soggetti dalle “relazioni pericolose”. Intimo di Palenzona che lo presenta come “nipote”, avendo Mercuri sposato la nipote della sua seconda moglie, Alla, non ha un incarico formale nella gerarchia della Fondazione ma è lui che comanda. Lo sanno tutti e molti lo temono. È probabile che la sua testa possa essere chiesta dalla fronda interna, forse già alla ripresa della seduta del cda, assieme a una completa revisione della catena di comando interna. A partire dal segretario generale, funzione che temporaneamente potrebbe essere rivestita da Marco Casale, attuale Cfo, professionista stimato e apprezzato dalla struttura, magari in attesa dell’arrivo di un manager selezionato con il supporto di un head hunter.

A questo punto non resta che attendere la reazione di Palenzona. Riuscirà a ricucire gli strappi e rompere il vero e proprio assedio, almeno trovando un modus vivendi accettabile con gli organi della fondazione? Difficile, conoscendo il personaggio, che getti la spugna e lasci quello che è stato e per certi versi rimane una delle pietre portanti del suo impero personale. Anche se, forse per la prima volta, neppure nel suo entourage, lo escludono a priori. Dopo lo smacco ricevuto in Acri anche la permanenza in via XX Settembre potrebbe diventare scomoda. Per i suoi affari.

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